La qualità dei servizi vaccinali
Silvano
Piffer – Direttore osservatorio epidemiologico, Provincia autonoma di
Trento
Il concetto
di qualità è un aspetto che ormai permea molti settori del sistema
sanitario nazionale e dovrà interessare sempre più anche i servizi
vaccinali, ancora ai margini di questo approccio, ai sensi di quanto tra
l’altro riportato nel Piano nazionale vaccini. L’avvio di processi
condivisi di analisi e miglioramento della qualità consente nello
specifico di preparare i servizi alla possibile dismissione del regime
dell’obbligo, a migliorare l’interfaccia con la popolazione target e a
facilitare il raggiungimento degli obiettivi di salute previsti per le
malattie infettive prevenibili con vaccino. L’ultimo esempio in ordine
cronologico è rappresentato dal Piano nazionale di eliminazione del
morbillo e della rosolia congenita.
Il
ragionamento in termini di qualità rappresenta inoltre la strada maestra
per raggiungere un accreditamento dei servizi vaccinali e più in
generale di tutti i servizi che fanno riferimento ai Dipartimenti di
prevenzione, necessità oggi inderogabile ai sensi dell’implementazione
delle pratiche Ebp (evidence based prevention).
Ma quali
dimensioni si possono prefigurare oggi per la qualità nei servizi
vaccinali? Distinguiamo al riguardo una dimensione relazionale (rapporto
con l’utenza), una dimensione organizzativa (processi di lavoro) e una
dimensione tecnico-professionale che per i servizi vaccinali può ben
coniugarsi con l’impatto dell’attività sulle patologie target (ricaduta
dell’attività sulla distribuzione delle patologie target nella
popolazione). Ciascuna dimensione della qualità può essere oggetto di
misurazione, utilizzando per esempio un set di indicatori che ben
esprimono il processo programmatorio, e cioè indicatori di struttura
(aspetti qualitativi inerenti le strutture, il personale, le risorse a
disposizione ecc), indicatori di processo (la qualità delle procedure di
invito, reinvito, registrazione, attività ecc), indicatori di outcome
(l’impatto dell’attività sull’occorrenza degli eventi – morbosità –
ospedalizzazione - mortalità delle malattie infettive target,
sull’occorrenza di reazioni avverse e sul gradimento dell’utenza).
L’avvio di
processi di analisi e miglioramento della qualità nei servizi vaccinali
può certamente essere indirizzato secondo un’ottica top-down (quanto
contenuto nel Piano nazionale vaccini può in questo senso servire da
indirizzo), ma può riuscire concretamente solo se il servizio nel
complesso o meglio se l’intero Dipartimento di prevenzione ritiene che
la qualità sia un aspetto prioritario nel migliorare il rendimento del
servizio anche attraverso un miglioramento delle performance operative
dei singoli operatori. Per l’avvio di processi di qualità nei servizi
vaccinali è certamente richiesto che gli operatori si mettano in gioco e
mettano in gioco le loro procedure di lavoro. Questo però non è
sufficiente e per evitare che il tutto poggi sullo “spontaneismo” di
qualche operatore più sensibilizzato si forniscono delle indicazioni su
interventi di tipo strutturale che dovrebbero agevolare l’avvio o il
consolidamento di processi di analisi e miglioramento della qualità:
-
la formazione degli operatori dei servizi alla valutazione e all’analisi della qualità come pratica “di base” dell’attività, incardinata nella routine operativa;
-
l’introduzione delle anagrafi vaccinali computerizzate che consentono di valutare in modo oggettivo le procedure di invito/reinvito, i ritardi, i rifiuti, gli esoneri vaccinali, le coperture vaccino-specifiche a età determinate e per coorte di nascita;
-
l’adozione di un sistema informativo integrato, anche attraverso la collaborazione con altri servizi/unità operative che gestiscono i vari “pezzi” del sistema informativo non già direttamente gestiti dai servizi di igiene pubblica (servizi sistemi informativi e osservatori epidemiologici in primis). L’obiettivo è valutare concretamente l’impatto dell’attività dei servizi sulla copertura vaccinale e l’impatto delle vaccinazioni sulle malattie infettive prevenibili con vaccino. Il percorso può non essere facile in quanto può risentire a livello locale di vari fattori limitanti (adeguatezza di risorse materiali/finanziarie o organizzative).
Le indicazioni della letteratura o di organismi qualificati come è il caso degli Standards For Pediatric Immunization Practices raccomandati dal National Vaccine Advisory Committe del 1992 e approvati dall’US Public Health Services e dall’American Academy of Pediatrics (Cdc, Standards for Pediatric Immunization Practices. Cdc-Atlanta. 1993 US Dept. Health and Uman Services. Red book) possono costituire un buon punto di riferimento. Il Piano nazionale di eliminazione del morbillo e della rosolia congenita e il Piano di prevenzione 2005-2007 (coordinato dal Ccm) possono rappresentare la cornice di riferimento per dar modo alle Regioni di implementare sul campo un percorso virtuoso e sostenibile della qualità in campo vaccinale.