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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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L’impatto della pressione arteriosa sulla salute

A cura di Serena Vannucchi, Luigi Palmieri, Chiara Donfrancesco e Simona Giampaoli - reparto di Epidemiologia delle malattie cerebro e cardiovascolari, Cnesps-Iss

Barbara De Mei - Unità di comunicazione e formazione, Cnesps-Iss

 

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4 aprile 2013 - “Controlla la tua pressione sanguigna” è lo slogan dell’edizione 2013 della Giornata mondiale della salute (7 aprile). Infatti, quest’anno il World Health Day è incentrato sulla pressione arteriosa e sui problemi che derivano dai suoi valori elevati (ipertensione arteriosa). Questa condizione interessa, nel mondo, un adulto su tre ed è generalmente asintomatica sino al manifestarsi delle complicanze cliniche.

 

L’ipertensione è uno dei principali fattori di rischio delle malattie cardiovascolari (le malattie ischemiche del cuore sono la prima causa di morte al mondo secondo il Global burden of Disease Study 2010) e, secondo i dati forniti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), è all’origine di oltre 9 milioni di decessi l’anno. L’Oms afferma che nel 2008 il 40% degli adulti con più di 25 anni d’età aveva la pressione alta e che 17,3 milioni di persone sono decedute a causa di una malattia cardiovascolare.

 

In Italia, il quadro della pressione arteriosa e dell’ipertensione è descritto dai dati raccolti da Il Progetto Cuore (Cnesps-Iss) nell’ambito di due indagini dell’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare/Health Examination Survey (Oec/Hes). Secondo l’Oec/Hes, attualmente, nel nostro Paese, il 56% degli uomini e il 43% delle donne di età 35-79 anni sono ipertesi. I valori medi della pressione arteriosa sono più elevati negli uomini rispetto alle donne e sono più elevati al Nord e al Sud rispetto al Centro. Anche per quanto riguarda il trattamento antipertensivo il quadro appare migliore per le donne, sia nel complesso sia per area geografica. Leggi gli approfondimenti:

La pressione arteriosa, come la colesterolemia, è un fattore di rischio epidemiogeno, cioè un fattore che per importanza, diffusione e rilevanza a livello di intere popolazioni e universalità predittiva, è determinante affinché si realizzi una condizione epidemica della malattia. Sia la pressione arteriosa che la colesterolemia elevate derivano largamente dallo stile di vita e sono in grado di spiegare le differenze di incidenza tra popolazioni diverse. Il 90-95% dei casi d’ipertensione arteriosa (ipertensione essenziale) dipende infatti da una cattiva alimentazione, da sovrappeso e obesità, da scarsa attività fisica. L’abitudine al fumo può aggravare la condizione. Solo il 5-10% dei casi di ipertensione è secondaria a una malattia del sistema endocrino o dei reni o dovuta all’assunzione di farmaci. Inoltre, l’ipertensione può comparire durante la gravidanza e complicarla (preeclampsia, eclampsia).

 

È opinione comune che la pressione arteriosa aumenti con l’avanzare dell’età. In realtà, studi ecologici hanno dimostrato che in alcune popolazioni questo incremento è molto limitato e dipende largamente dal consumo di sale nell’alimentazione (Studio Intersalt).

 

La pressione arteriosa è il fattore di rischio più importante per l’ictus, per l’infarto del miocardio, le arteriopatie periferiche, l’insufficienza renale cronica, la retinopatia. I livelli di pressione predicono inoltre la mortalità totale, la speranza di vita e contribuiscono a predire anche cause di morte non cardiovascolari. 10 mmHg in meno di pressione arteriosa sistolica o 5 mmHg in meno di pressione arteriosa diastolica spiegano la riduzione del rischio di ictus del 40%, quello dell’infarto e delle altre patologie coronariche del 20-25%; pertanto ridurre la media della pressione arteriosa nella popolazione permette di ridurre il rischio di sviluppare l’ictus, l’infarto del miocardio e altre patologie coronariche, lo scompenso cardiaco, la fibrillazione atriale, le patologie legate all’invecchiamento (demenza e disabilità) e di morire per cause cardiovascolari.

 

La pressione arteriosa sistolica è negli uomini di età 35-69 anni il fattore di maggior peso nel calcolo del rischio cardiovascolare globale a 10 anni, quantificabile tramite le carte del rischio e il punteggio individuale di rischio.

 

Niente per scontato: cos’è la pressione arteriosa? E come si misura?

La pressione arteriosa è la forza esercitata dal sangue contro la parete delle arterie: quando il cuore si contrae e il sangue passa nelle arterie, si registra la pressione arteriosa più alta, “sistolica” o massima; tra un battito e l’altro il cuore si riempie di sangue e si registra la pressione arteriosa più bassa, “diastolica” o minima. La misurazione della pressione si registra a livello periferico, usualmente al braccio destro, in posizione seduta mediante lo sfigmomanometro a mercurio e il fonendoscopio. La pressione arteriosa va misurata adottando una procedura standardizzata che prevede il corretto utilizzo dello strumento di misurazione e almeno due misurazioni effettuate a distanza di qualche minuto l’una dall’altra (guarda il video sul sito del progetto Cuore). Secondo la classificazione del JNC 7 (Joint National Committee on Prevention, Detection, Evaluation and Treatment of High Blood pressure):

  • è considerata “normale” una pressione sistolica inferiore a 120 mmHg e una pressione diastolica inferiore a 80 mmHg
  • è considerata “pre-ipertensione” una pressione sistolica compresa fra 120 e 140 mmHg o una pressione diastolica compresa fra 80 e 90 mmHg
  • si parla di “ipertensione arteriosa” quando i valori della pressione sistolica superano i 140 mmHg o quelli della pressione diastolica i 90 mmHg.

In Italia si stima che almeno 15 milioni di persone abbiano una pressione arteriosa ≥160 mmHg o siano in trattamento antiipertensivo. Poiché l’aumento della pressione arteriosa normalmente non si percepisce se non quando si manifestano complicanze cliniche è consigliabile misurare la pressione arteriosa almeno una volta all’anno.

 

Valori pressori e rischio cardiovascolare

La definizione di ipertensione è operativa per la pratica clinica, per individuare le condizioni in cui vi è un eccesso di rischio, in realtà il rischio di malattia cardiovascolare aumenta progressivamente all’aumentare della pressione arteriosa in modo lineare e continuo: più alta è la pressione, maggiore è il rischio di ammalare. Diversi studi epidemiologici hanno dimostrato l’importanza della pressione arteriosa come fattore di rischio anche quando i livelli pressori sono solo moderatamente elevati ed è stato stimato che quasi un terzo delle morti per patologie coronariche attribuibili alla pressione arteriosa avvengono tra soggetti non considerati ipertesi, perché più numerosi nella popolazione.

 

La pressione arteriosa va controllata regolarmente anche in relazione agli altri fattori di rischio (colesterolemia, glicemia, peso, abitudine al fumo), e va mantenuta a livelli desiderabili attraverso l’adozione di uno stile di vita sano e, qualora necessario, assumendo specifiche terapie.

 

L’importanza degli stili di vita

Adottare uno stile di vita sano non solo contribuisce efficacemente a riportare i valori pressori nei limiti della norma ma consente di mantenerli a livelli desiderabili nel corso della vita. Lo stile di vita sano comporta inoltre la riduzione e il controllo degli altri fattori di rischio – che sono colesterolemia, sovrappeso/obesità e abitudine al fumo – permettendo di ridurre il rischio cardiovascolare globale.

 

Oggi è dimostrato che uno stile di vita sano sin dall’infanzia (prevenzione primordiale) è importante per la prevenzione non solo delle malattie cardiovascolari, ma per gran parte delle malattie cronico-degenerative. Avere uno stile di vita sano significa:

  • seguire regolarmente un’alimentazione varia e equilibrata, ricca di fibre (frutta, verdura, legumi, cereali, soprattutto integrali) e pesce, povera di grassi saturi (quelli di origine animale, carni rosse, salumi, formaggi) e non troppo “ricca” di calorie. La verdura e la frutta sono molto importanti perché oltre a essere ricche di fibre contengono anche vitamine e sali minerali come il potassio, elemento indispensabile per un buon funzionamento degli organi (un’alimentazione di questo genere era tipica dell’area mediterranea nei primi anni ’60)
  • ridurre la quantità di sale aggiunto alle pietanze: gli alimenti contengono già naturalmente una certa quantità di sale, pertanto l’aggiunta per rendere i cibi “saporiti” non è necessaria, se non in dosi modeste. La quantità di sale da cucina che si assume nella giornata non dovrebbe superare i 5 grammi al giorno. Bisogna tenere presente che la quantità di sale introdotto con l’alimentazione dipende sia dalla quantità di sale aggiunto nella preparazione dei cibi o presente nei cibi preconfezionati, sia dalla quantità del cibo che si assume. Per approfondire, leggi i dati sul consumo di sale degli italiani e sugli interventi di prevenzione nell’approfondimento “Il consumo di sale nella popolazione adulta italiana”, pubblicato a luglio 2012 su EpiCentro e l’approfondimento “Il Progetto Minisal-Girsci” a cura di Chiara Donfrancesco e Simona Giampaoli (Cnesps-Iss), Pasquale Strazzullo e Ferruccio Galletti (Università Federico II di Napoli), Daniela Galeone (ministero della Salute)
  • limitare il consumo di alcol (non più di un bicchiere di vino al giorno per le donne e un massimo di due per gli uomini); l’alcol, assieme ai grassi è il nutriente più calorico (1 g di alcol contiene 7 kcal, in media un bicchiere di vino rosso contiene circa 120 kcal; 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva contiene 108 kcal)
  • mantenere il peso forma, cioè l’indice di massa corporea compreso fra 18 e 24 kg/m2 (l’indice di massa corporea è un indicatore che considera insieme peso e altezza)
  • svolgere una attività fisica regolarmente (camminare almeno 30 minuti al giorno a passo svelto oppure andare in bicicletta o svolgere una attività sportiva per almeno 3-5 volte la settimana)
  • smettere di fumare
  • imparare a gestire lo stress: vivere senza stress è difficile, però l’intensità più o meno forte dei fattori esterni che lo possono causare (rumore, difficoltà sul lavoro, problemi familiari o di salute) come pure la diversa capacità di reazione o di resistenza di ognuno di noi, ne possono facilitare o frenare l’impatto negativo sulla salute.

La figura mostra la riduzione dei valori pressori che si può ottenere adottando ogni specifico comportamento/stile di vita.

 

 

*La dieta DASH (acronimo per Dietary Approaches to Stop Hypertension) è caratterizzata da largo consumo di frutta (anche secca come noci e mandorle) e verdura, latticini magri, pesce, carni bianche, legumi, pasta e riso integrali, molto simile alla dieta mediterranea descritta da Ancel Keys negli anni ’60.

 

Le terapie

Quando la pressione arteriosa è molto elevata è necessario intervenire con la terapia farmacologica stabilita dal medico curante o dallo specialista dopo aver considerato il valore della pressione sistolica e diastolica, la presenza di alcune patologie, la presenza di altri fattori di rischio, la familiarità. Una volta stabilito il farmaco più adatto, la terapia deve essere mantenuta per tutta la vita. Lo stile di vita sano deve comunque essere sempre adottato anche quando si rende necessaria la terapia farmacologica che viene valutata dal medico anche in base agli altri fattori di rischio e alla presenza di eventuali danni d’organo. Leggi anche l’approfondimento “Approcci personalizzati per obiettivi comuni” a cura di Barbara De Mei (Unità di comunicazione e formazione, Cnesps-Iss).

 

L’ipertensione è quindi una condizione di rischio ampiamente prevenibile e modificabile attraverso interventi sulla popolazione generale e sugli individui ad alto rischio. La strategia preventiva deve tener conto che la maggior parte degli eventi cardiovascolari si manifesta nella fascia intermedia di distribuzione del rischio proprio perché, nonostante il rischio sia più basso, maggiore è la numerosità della popolazione e dunque il numero degli eventi in assoluto è più elevato.

 

Le strategie di comunità

In linea con gli orientamenti dell’Organizzazione mondiale della sanità, il programma nazionale “Guadagnare Salute: rendere facili le scelte salutari”, promosso dal ministero della Salute prevede la realizzazione di interventi integrati, concertati fra istituzioni e governo, a tutela della salute pubblica per una trattazione globale dei principali fattori di rischio (fumo, alcol, scorretta alimentazione e inattività fisica). Poiché il pane è una delle principali fonti di sale nella nostra alimentazione ed è un alimento che viene consumato quotidianamente, nel 2009 è stato siglato l’accordo con i panificatori italiani attraverso le principali associazioni di categoria per la riduzione progressiva del contenuto di sale nella preparazione del pane, riduzione del 15% in 4 anni. Nei forni artigianali e nei supermercati accanto al pane sciapo della tradizione umbra e toscana, è disponibile pane che, mantenendo inalterate fragranza e sapore, ha un contenuto ridotto di sale a beneficio della nostra salute. Sempre nel settore dell’alimentazione sono in corso altre iniziative che prevedono interventi integrati con il coinvolgimento soprattutto della scuola per incentivare i ragazzi a consumare cibi più salutari (frutta e verdura) in sostituzione dei diffusi snack ad alto contenuto energetico.

 

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