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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Influenza aviaria: l'esperienza italiana dal 1997 al 2005

M. Dalla Pozza1, L. Bonfanti1, G. Vicenzoni2, I. Capua3, G. Zanardi4, S. Marangon5

 

1Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Legnaro (PD)- Centro Regionale di Epidemiologia Veterinaria (CREV)

2Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie – Area Territoriale Veneto Occidentale, Verona

3Laboratorio Nazionale di Referenza per la Malattia di Newcastle e l’Influenza Aviare – Istituto Zooprofilattico delle Venezie, Legnaro (PD)

4Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna, Brescia

5Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Legnaro (PD)

 

Introduzione

Nel corso degli ultimi anni si è assistito ad un netto incremento, a livello mondiale, della frequenza di focolai di influenza aviaria (AI) sia ad alta (HP), sia a bassa patogenicità (LP), che fino al 1998 era considerata una malattia di rara insorgenza, con soli 18 focolai di HPAI nel modo nel periodo 1959-1998. Recentemente gravi ed estese epidemie di influenza ad alta patogenicità sono state osservate in numerosi Paesi: Italia, 1997 e 1999, Hong Kong 1997, 2001, 2002 e 2003, Cile, 2002, Olanda, Belgio e Germania, 2003, Canada, 2004, Paesi del sud-est asiatico, 2004 e 2005.

 

L’Italia dal 1997 al 2005, è stata interessata da 6 epidemie di influenza aviaria, due ad alta e quattro a bassa patogenicità, che hanno colpito principalmente le aree ad alta densità di allevamenti avicoli del Veneto e della Lombardia.

 

Epidemia H5N2 del 1997-1998

Nel corso dei mesi di ottobre e novembre del 1997 sono stati individuati, nel Triveneto, sette focolai di influenza aviaria in allevamenti a carattere familiare, sei dei quali localizzati nelle provincie di Vicenza (2 focolai), Venezia (2 focolai), Treviso (1 focolaio) e Rovigo (1 focolaio), mentre un unico focolaio è stato notificato in Friuli Venezia Giulia (provincia di Udine). Il 12 gennaio 1998 un nuovo focolaio è stato identificato in un allevamento rurale della provincia di Venezia, in località Cavallino.

Le indagini epidemiologiche hanno evidenziato la possibilità di contatto con anatidi selvatici in 5 focolai, la contemporanea presenza di volatili possibili serbatoi (anseriformi) del virus influenzale e di volatili di specie sensibili in 6 focolai, mentre in 7 allevamenti infetti erano stati introdotti, nel periodo a rischio, animali appartenenti a specie sensibili.

Epidemia di HPAI H7N1 del 1999-2000

Dal 17 dicembre 1999 al 5 aprile 2000 sono stati individuati 413 allevamenti infetti da virus HPAI, localizzati pressoché esclusivamente nella pianura padana. Un totale di 13.731.253 volatili sono stati abbattuti o sono morti negli allevamenti infetti e più di 2 milioni di animali, appartenenti ad 80 aziende avicole a rischio di infezione, sono stati abbattuti preventivamente. I costi dell’epidemia sono stati stimati in circa 500 milioni di euro.

Epidemia LPAI H7N1 del 2000-2001

Dall’agosto 2000 al marzo 2001, sono stati coinvolti nell’epidemia LPAI, sostenuta dal sottotipo virale H7N1, 73 allevamenti di tacchini, con un totale di 1 milione di volatili, 4 di quaglie, con circa 800.000 capi, e 1 allevamento di ovaiole (40.000 capi) situati nella parte sud-occidentale della Regione Veneto (province di Verona e Padova). Dopo l’avvio del programma vaccinale, pur in presenza dell’infezione in un’area vicina della provincia di Padova, solo tre allevamenti di tacchini da carne si sono infettati all’interno della zona di vaccinazione, di questi solo uno era stato sottoposto a vaccinazione. L’ultimo allevamento infetto è stato abbattuto il 26 marzo 2001, e i risultati della sorveglianza sierologica, eseguita sia all’interno che all’esterno della zona di vaccinazione, hanno dimostrato l’assenza di attiva circolazione del virus H7N1.

Epidemia LPAI H7N3 del 2002-2003

Dal 10 ottobre 2002 al 30 settembre 2003, il virus LPAI H7N3 ha infettato 388 allevamenti, con il coinvolgimento in totale di 7.660.005 volatili. Tra questi, 4.231.452 sono stati abbattuti in 163 allevamenti, mentre i rimanenti 3.428.553 volatili sono stati sottoposti a macellazione controllata. Le misure di controllo adottate hanno determinato una riduzione del numero di focolai, in particolare dopo l’inizio del piano di vaccinazione di emergenza (Fig. 2). Tuttavia, la diffusione del virus ad allevamenti situati fuori dall’area di vaccinazione ha consentito il perpetuarsi dell’infezione nelle regioni interessate, con successiva reintroduzione del virus nelle aree ad elevata densità avicola della provincia di Verona, e ha portato all’insorgenza di 88 casi di infezione in allevamenti di tacchini da carne vaccinati. La comparsa della malattia in allevamenti vaccinati ha reso obbligatoria l’applicazione di una strategia di eradicazione basata anche sullo stamping out degli animali infetti, al fine di limitare la possibilità di un’ulteriore diffusione del virus e, quindi, l’instaurarsi di uno stato di endemia.

Epidemia LPAI H7N3 del 2004
Dal 15 settembre al 1 dicembre 2004 sono stati individuati 28 allevamenti infetti, 27 di tacchini da carne e 1 di quaglie, con il coinvolgimento di circa 744.000 volatili. Tutti i focolai verificatisi in allevamenti di tacchini hanno interessato aziende vaccinate; di cui 3 con un unico intervento al momento dell’infezione, 18 con 2 interventi e 6 con tre interventi immunizzanti. Dei 28 focolai, solo 2 sono stati sottoposti ad abbattimento con distruzione di 31.300 volatili.

Epidemia LPAI H5N2 del 2005

L’11 aprile 2005 un nuovo stipite influenzale del sottotipo H5N2 è stato isolato in Lombardia (provincia di Brescia) e sono stati segnalati 15 focolai in tacchini da carne delle province di Brescia, Cremona e Mantova, l’ultimo dei quali è stato estinto il 15 maggio 2005 e sono stati abbattuti un totale di 265.000 volatili.

Le misure di eradicazione attivate dai Servizi veterinari si sono basate sull’abbattimento o la macellazione controllata degli animali presenti nelle aziende infette, il divieto di accasamento delle aziende avicole nelle aree a rischio, l’adozione di misure di restrizione alla movimentazione di animali vivi, veicoli e personale. Inoltre, per rafforzare tali misure di controllo nel corso delle epidemie da virus LPAI dei sottotipi H7N1 e H7N3 e H5N2, è stato predisposto ed implementato un programma di vaccinazione di emergenza basato sulla strategia “DIVA” (Differentiating Infected from Vaccinated Animals).

 

L’influenza aviaria è da sempre considerata una delle malattie infettive degli animali più contagiose, a rapida diffusione e con elevata mortalità. Tali caratteristiche si estrinsecano in modo evidente qualora la malattia insorga in aree ad elevata densità zootecnica, in quanto l’organizzazione del settore avicolo e la concentrazione in aree territoriali limitate di numerosi allevamenti, tra loro funzionalmente integrati, incubatoi, mangimifici e macelli rendono estremamente difficile il controllo e l’eradicazione dell’infezione. La presenza dei virus a bassa patogenicità nei volatili selvatici, che costituiscono il serbatoio naturale dell’infezione, rappresenta un rischio continuo di introduzione di nuovi stipiti virali nella popolazione domestica, con conseguente rischio di insorgenza di nuove epidemie. Inoltre, la recente epidemia di Influenza aviare in Olanda, che ha comportato la comparsa di circa 1.000 casi di infezione umana, ha reso evidente che l’influenza aviaria, da stipiti HPAI e LPAI, costituisce un rischio professionale evidente per gli operatori del settore avicolo e per quelli coinvolti nelle nell’eradicazione dei focolai di malattia. D’altra parte, le strategie d’intervento messe in atto e l’evoluzione delle capacità di gestire le epidemie delle strutture sanitarie, associati alla vaccinazione contro i virus aviari, hanno evidenziato una tendenza alla riduzione dell’impatto delle epidemie, passando da oltre 400 focolai dell’epidemia del 1999 ai 15 dell’epidemia del 2005. La recente situazione internazionale inoltre sta fungendo da motore per sviluppare integrazione e coordinamento tra i vari soggetti, con lo sviluppo di strumenti di gestione concordati con i produttori, gli allevatori ed i servizi sanitari, per garantire un intervento pronto ed efficiente in caso di rischio di epidemia.