Informazioni generali
Le informazioni contenute nella pagine di questa sezione di EpiCentro risalgono al 2016. Per rimanere aggiornato sull’attuale situazione epidemiologica e per tutte le informazioni sull’influenza aviaria si consiglia di consultare il sito dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), Centro nazionale ed europeo di riferimento sul tema.
Identificata per la prima volta in Italia più di un secolo fa, l'influenza
aviaria è una malattia degli uccelli causata da un
virus dell'influenza di tipo A, che può essere a bassa o ad alta
patogenicità. Diffusa in tutto il mondo, l'influenza aviaria è in grado di
contagiare pressoché tutte le specie di uccelli, anche se con manifestazioni
molto diverse, da quelle più leggere fino alle forme altamente patogeniche e
contagiose che generano epidemie acute. Se causata da una forma altamente
patogenica, la malattia insorge in modo improvviso, seguita da una morte
rapida quasi nel 100% dei casi. La paura di una nuova
pandemia, originata da un passaggio del virus aviario all’uomo, ha messo
in moto una serie di misure straordinarie di
prevenzione in tutto il mondo.
Un virus instabile
Riserve naturali dei diversi sottotipi di virus dell'influenza aviaria sono
le anatre selvatiche, identificate come fonte di contagio per il pollame da
allevamento, (polli e tacchini), particolarmente suscettibile alla malattia.
Nei Paesi asiatici, un ruolo preminente alla diffusione del virus è stato
identificato nella vendita di pollame vivo ai mercati. Inoltre, i virus si
possono trasmettere da azienda ad azienda tramite i mezzi meccanici, gli
attrezzi e strumenti contaminati, le macchine, i mangimi, le gabbie, o
perfino gli indumenti degli operatori.
I virus di bassa patogenicità possono, dopo aver circolato anche per brevi
periodi in una popolazione di pollame, mutare in virus altamente patogenici.
Per esempio, secondo quanto riportato dall'Oms, nel corso dell'epidemia del
1983-1984 negli Stati Uniti, il virus H5N2 inizialmente causò bassa
mortalità ma divenne poi, nei sei mesi successivi, altamente patogenico, con
una mortalità vicina al 90%. Per controllare l'epidemia, in quel caso, fu
necessario abbattere più di 17 milioni di uccelli, per un costo totale di
quasi 65 milioni di dollari.
Si
conoscono almeno quindici sottotipi di virus influenzali che infettano gli
uccelli, anche se tutte le epidemie di influenza altamente patogenica sono
state causate da virus di tipo A dei sottotipi H5 e H7. I virus del
sottotipo H9 sono solitamente a bassa patogenicità. A seconda del tipo di
proteina combinata con il virus (da N1 a N9), il virus acquisisce una
denominazione diversa (H5N1, H7N2 ecc).
Tutti i virus influenzali di tipo A sono noti per l'instabilità genetica, in
quanto sono soggetti a numerose mutazioni durante la replicazione del Dna e
sono privi di meccanismi di correzione. Il fenomeno, definito di “deriva
genetica”, genera cambiamenti nella composizione antigenica di questi virus.
Una delle attività principali della sorveglianza influenzale è quindi quella
dedicata al monitoraggio di questi cambiamenti, condizione di base per la
scelta di una appropriata composizione vaccinale. Inoltre, i virus di tipo A
possono andare incontro a riassortimenti del proprio materiale genetico,
secondo un processo definito di “shift genetico”, che fa sì che vengano
prodotti nuovi sottotipi virali diversi da quelli parentali, e capaci quindi
di indurre la malattia anche in soggetti che siano stati preventivamente
vaccinati contro i ceppi parentali.
Rischio di contagio per l’uomo
Dall’inizio della
presente epidemia nelle zone del Sud-est asiatico, che ha preso il via
nel corso del 2003, l’Oms ha lanciato un allarme a tutte le istituzioni
internazionali a cooperare per attuare
piani e azioni preventive per ridurre il rischio di passaggio all’uomo
del virus aviario. Condizione essenziale perché virus che normalmente sono
ospitati da animali diventino patogenici per l’uomo è che nel processo di
riassortimento acquisiscano geni provenienti da virus umani, che li rendano
quindi facilmente trasmissibili da persona a persona. I casi di influenza
aviaria su uomo registrati nel corso del 2003 e 2004 sono invece casi di
trasferimento diretto da pollame infetto a persone.
Dei
15 sottotipi di virus aviari, H5N1 circolante dal 1997, è stato identificato
come il più preoccupante proprio per la sua capacità di mutare rapidamente e
di acquisire geni da virus che infettano altre specie animali. Gli uccelli
che sopravvivono a H5N1 lo rilasciano per un periodo di almeno 10 giorni.
Dall’inizio del 2003, H5N1 ha effettuato una serie di salti di specie,
acquisendo la capacità di contagiare anche gatti e topi, trasformandosi
quindi in un problema di salute pubblica ben più preoccupante. La capacità
del virus di infettare i maiali è nota da tempo, e quindi la promiscuità di
esseri umani, maiali e pollame è notoriamente considerata un fattore di
rischio elevato.
Nelle epidemie recenti, a partire dal 2003, è stata documentata la capacità
di questo virus di contagiare direttamente anche gli esseri umani, causando
forme acute di influenza che in molti casi hanno portato a morte. Il rischio
principale, che fa temere l’avvento di una nuova pandemia dopo le tre che si
sono verificate nel corso del XX secolo (1918, 1957, 1968), è che la
compresenza del virus aviario con quello dell’influenza umana, in una
persona infettata da entrambi, faciliti la ricombinazione di H5N1 e lo renda
capace di trasmettersi nella popolazione umana.