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Rapporto sull’evento nascita in Italia (CeDAP) - anno 2022

 

Nel 2022 prosegue in tutta Italia il calo delle nascite, scese a 393.997 rispetto alle 401.087 registrate nel 2021 e le 404.260 del 2020. Ciò è in larga misura effetto del cambiamento della struttura per età della popolazione femminile e, in parte, della diminuzione della inclinazione ad avere figli. È quanto emerge dal rapporto “Certificato di assistenza al parto (CeDAP) - Analisi dell’evento nascita - Anno 2022” pubblicato a ottobre 2023 dall’Ufficio di Statistica del Ministero della Salute.

 

L’indagine 2022 relativa al flusso informativo del CeDAP ha coinvolto un totale di 359 punti nascita, registrando un numero di parti in ospedale pari al 100,5% di quelli rilevati con la Scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO) e un numero di nati vivi sovrapponibile a quello dei nati registrati, nello stesso anno, presso le anagrafi comunali (si sottolinea che la non completa sovrapponibilità del numero di parti registrati dalle due fonti – CeDAP e SDO – può essere spiegata con le diverse date di chiusura dei due documenti e dal criterio di individuazione dei parti nell’ambito della SDO).

 

Il rapporto in sintesi

Dai dati emerge che l’89,0% dei parti è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, il 10,8% nelle case di cura e solo lo 0,15% altrove (altra struttura di assistenza, domicilio, ecc). Il 62,2% dei parti viene assistito in strutture dove avvengono almeno 1000 parti annui mentre il 7,5% ha ancora luogo in strutture che assistono meno di 500 parti annui.

 

Nel 2022, in linea con gli anni precedenti, circa il 20,0% dei parti è relativo a madri di cittadinanza non italiana. Questo fenomeno è più diffuso al Centro Nord dove c’è maggiore presenza straniera e dove più del 26% dei parti avviene da madri non italiane (in particolare, in Emilia-Romagna, Liguria e Marche oltre il 30% delle nascite è riferito a madri straniere). Il 28,7% delle madri straniere è di origine africana, il 19,6% proviene da Paesi dell’Unione europea (UE), il 19,3% e il 7,9% rispettivamente sono di origine Asiatica e Sud Americana.

 

L’età media delle madri al parto risulta in crescita, pari a 33,1 anni tra le italiane e a 31,1 anni tra le cittadine straniere. L’età media al primo figlio è per le donne straniere pari a 29,2 anni mentre per le italiane è superiore a 31 anni, quasi in tutte le Regioni, con variazioni sensibili tra Nord e Sud del Paese.

 

I dati 2022 sottolineano anche che il 42,5% delle madri italiane ha una scolarità medio alta, il 22,7% medio bassa e il 34,8% ha conseguito la laurea mentre tra le donne straniere prevale una scolarità medio bassa (41,3%). L’analisi della condizione professionale evidenzia che il 58,6% delle madri ha un’occupazione lavorativa, il 24,7% sono casalinghe e il 14,5% sono disoccupate o in cerca di prima occupazione.

 

Nel 91,9% delle gravidanze il numero di visite ostetriche effettuate durante la gravidanza è superiore a 4, come raccomandato dalle linee guida internazionali, mentre nel 76,7% delle gravidanze si effettuano più di 3 ecografie rispetto alle 2 raccomandate dalla linea guida “Gravidanza fisiologica” del Sistema Nazionale Linee Guida dell’ISS. Il numero medio di ecografie effettuato dalle donne residenti nel Nord del Paese è inferiore rispetto a quello rilevato nelle Regioni del Sud e, come nei precedenti anni, il numero non presenta differenze in caso di gravidanza fisiologica o patologica a conferma di una inappropriatezza prescrittiva.

 

Il momento del primo contatto con un professionista sanitario durante la gravidanza è un indicatore di qualità dell’assistenza prenatale. La percentuale di donne italiane che effettuano la prima visita oltre il primo trimestre di gravidanza è pari a 1,9%. Il dato medio nasconde una forte variabilità per livello di istruzione materno, l’11,3% delle donne con titolo di studio elementare o senza alcun titolo effettua la prima visita tardivamente contro il 2,0% delle donne laureate. Anche le donne di età inferiore ai 20 anni hanno maggiore difficoltà ad accedere tempestivamente all’assistenza in gravidanza, il 2,4% non effettua alcun controllo e il 12,4% si rivolge tardivamente ai servizi. La percentuale di donne di cittadinanza straniera che effettua controlli oltre l’11esima settimana di gestazione è pari al 10,5%.

 

Il ricorso a una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA) risulta, in media, in 3,7 gravidanze ogni 100, in crescita rispetto agli anni passati. La tecnica più utilizzata è stata la fecondazione in vitro con successivo trasferimento di embrioni nell’utero (FIVET) (47,8%), seguita dal metodo di fecondazione in vitro tramite iniezione di spermatozoo in citoplasma (ICSI) (35,0%). Nel 53,5% dei concepimenti da PMA è stato effettuato un cesareo e la percentuale di parti plurimi è stata maggiore (8,9%) di quella registrata nel totale delle gravidanze (1,6%).

 

Il 93,7% dei parti avviene a termine tra la 37° e la 42° settimana, tre quarti dei parti pretermine (6,3% del totale) sono fortunatamente tardivi (tra 32 e 36 settimane) con minori conseguenze per i neonati.

La donna ha accanto a sé al momento del parto vaginale nel 94,9% dei casi il padre del bambino, nel 4,1% un familiare e nell’1,0% un’altra persona di fiducia.

 

Si conferma il ricorso eccessivo al taglio cesareo: in media, nel 2022 il 31,0% dei parti è avvenuto con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali comprese tra il 18,3% della Toscana e il 48,6% della Campania. I dati denotano una tendenza alla diminuzione, in linea con le indicazioni delle “Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo”. Rispetto al luogo del parto, le case di cura accreditate continuano a presentare quote significativamente maggiori di cesarei (44,5%) rispetto agli ospedali pubblici (29,3%). Il taglio cesareo si conferma più frequente nelle donne con cittadinanza italiana (31,8%) rispetto alle donne straniere (27,4%) che vivono una minore medicalizzazione del percorso nascita. Una recente analisi di Euro Peristat ha confrontato i tassi di tagli cesarei a livello europeo, includendo l’Italia tra i Paesi virtuosi con un trend in diminuzione [1]. Come per le precedenti edizioni del rapporto, il fenomeno del ricorso al taglio cesareo è stato analizzato utilizzando la classificazione di Robson, raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come standard globale per la valutazione, il monitoraggio e il benchmarking longitudinale e trasversale sul ricorso al taglio cesareo. I parti classificabili secondo Robson corrispondono al 98,6% del totale dei parti avvenuti nei punti nascita pubblici, equiparati e privati accreditati. La classificazione di Robson permette di monitorare l’andamento dei cesarei nel tempo nelle diverse classi evidenziando le aree critiche suscettibili di miglioramento. In Italia sono ancora troppo frequenti i cesarei nelle donne alla prima gravidanza a termine, con presentazione cefalica (classe 1 di Robson) e nelle pluripare a termine, con presentazione cefalica che non hanno avuto cesarei precedenti (classe 3 di Robson) che nel 2021 sono state complessivamente il 49,7% del totale dei parti. La classe 5, che riguarda le donne già cesarizzate, pur non essendo la più consistente in termini di numero di parti contribuisce molto al numero complessivo dei cesarei nel nostro Paese dove si ricorre ancora raramente al parto vaginale nelle donne che hanno già subito un cesareo.

 

Lo 0,9% dei nati ha un peso inferiore a 1500 grammi e il 6,2% tra 1500 e 2500 grammi. Nei test di valutazione della vitalità del neonato tramite indice di Apgar, il 98,5% dei nati ha riportato un punteggio a 5 minuti dalla nascita compreso tra 7 e 10 indicativo di buone condizioni di salute. Nel 2022 sono stati rilevati 994 nati morti corrispondenti a un tasso di natimortalità pari a 2,40 nati morti ogni 1000 nati e registrati 4332 casi di malformazioni alla nascita. Il CeDAP non può rilevare accuratamente le cause della natimortalità perché il referto dell’esame autoptico viene abitualmente reso disponibile dopo i 10 giorni previsti per la sua compilazione. Per questo motivo questa diagnosi è presente solo nel 34,1% dei casi.

 

Il Rapporto nazionale CeDAP è uno dei flussi più preziosi disponibili nel Paese, a breve sarà disponibile l’aggiornamento del suo tracciato record al fine di facilitare una migliore rilevazione delle tante informazioni utili a descrivere l’assistenza al percorso nascita. La disponibilità di dati attendibili e accurati risulta essenziale per disporre della conoscenza utile a supportare le politiche di sanità pubblica in ambito materno e perinatale.

 

Riferimenti

  1. Zeitlin J, Durox M, Macfarlane A, Alexander S, Heller G, Loghi M, Nijhuis J, Sol Olafsdottir H, Mierzejewska E, Gissler M, Blondel B; theEuro-Peristat Network. Using Robson’s Ten Group Classification System for comparing caesarean section rates in Europe: an analysis of routine data from theEuro-Peristat study. BJOG2021;128:1444–1453
Risorse utili

 

Data di pubblicazione della pagina: 19 ottobre 2023

Testo scritto da: Serena Donati - reparto Salute della donna e dell’età evolutiva, Centro Nazionale per la Prevenzione delle malattie e la Promozione della Salute, CNAPPS - ISS