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Riduzione dell’assunzione di sodio: il primo report dell’OMS

A livello mondiale il consumo giornaliero di sale nella popolazione adulta è in media di 10,8 grammi, più del doppio del valore raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) di meno di 5 grammi di sale al giorno (pari a un cucchiaino). Nonostante ciò, solo il 5% (n=9) degli Stati membri dell'OMS ha adottato politiche obbligatorie di riduzione del sodio (Brasile, Cile, Repubblica Ceca, Lituania, Malesia, Messico, Arabia Saudita, Spagna e Uruguay) e il 73% dei Paesi non dispone di una gamma completa di strategie per l’implementazione di tali misure. Sono alcuni dei dati riportati dall’OMS nel rapporto “WHO global report on sodium intake reduction”, pubblicato a marzo 2023.

 

Per la prima volta viene presentato un report globale sui progressi compiuti nell'attuazione di politiche di riduzione dell’intake di sodio nei 194 Stati membri e nelle Regioni dell’OMS e nei Gruppi di reddito della Banca mondiale e il loro impatto sull’assunzione giornaliera di sodio nella popolazione e sulle malattie cardiovascolari. Il documento mostra che tutti gli Stati membri sono ancora lontani dal raggiungere l’obiettivo globale di ridurre del 30% l'assunzione di sodio entro il 2025, uno dei nove obiettivi strategici del Piano d’azione globale 2013-2020 dell’OMS per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili (“Global Action Plan for the Prevention and Control of Noncommunicable Disease 2013-2020”).

 

La principale fonte di sodio è il sale da tavola (cloruro di sodio), ma è contenuto anche in altri condimenti come il glutammato di sodio. La riduzione dell’assunzione di sodio svolge un ruolo chiave nella protezione della popolazione dall’onere delle malattie non trasmissibili, in particolare le malattie cardiovascolari che sono la prima causa di morte e disabilità a livello globale. Il maggior numero di decessi legati all'alimentazione, circa 1,89 milioni ogni anno, è associato a un'eccessiva assunzione di sodio, responsabile di un aumento della pressione sanguigna e del rischio di eventi cardiovascolari come infarto e ictus. Ridurre l'assunzione di sodio è quindi uno dei modi più convenienti per migliorare la salute, perché può evitare milioni di morti premature ogni anno attraverso politiche dai costi molto contenuti. Inoltre, stanno emergendo ulteriori prove che dimostrano un’associazione tra un'eccessiva assunzione di sodio e un aumento del rischio di altre condizioni patologiche come il cancro gastrico, l'obesità, l'osteoporosi e le malattie renali.

 

Un approccio globale alla riduzione del sodio include l'adozione di politiche obbligatorie e la messa in atto dei cosiddetti "best buys" raccomandati dall'OMS, cioè i quattro interventi più urgenti ed efficaci di riduzione dell’intake di sodio per prevenire le malattie cardiovascolari e i relativi costi:

  1. abbassare il contenuto di sodio nei prodotti alimentari
  2. implementare l'etichettatura sulla parte anteriore delle confezioni per aiutare i consumatori a selezionare prodotti alimentari a basso contenuto di sodio
  3. condurre campagne sui mass media per modificare il comportamento dei consumatori sul consumo di sodio
  4. implementare politiche di approvvigionamento alimentare per limitare gli alimenti ricchi di sodio serviti nei luoghi pubblici come ospedali, scuole, luoghi di lavoro e case di cura.

In questo contesto va comunque ricordato che, oltre alla riduzione del consumo di sale, l’OMS incoraggia fortemente l’utilizzo esclusivo del sale iodato, in quanto la carenza anche lieve o moderata di questo nutriente può avere effetti sulla salute (gozzo, deficit neurocognitivi, ipotiroidismo).

 

La “Sodium Country Score Card”

Come documentato nel rapporto, è stata sviluppata una “Sodium Country Score Card” per valutare in ogni Paese l’implementazione di politiche obbligatorie o volontarie di riduzione dell’assunzione di sodio e altre misure, assegnando a ciascuno Stato membro un punteggio (“Sodium Country Score”) da 1 (il livello più basso di implementazione) a 4 (il livello più alto implementazione), in base al tipo e al numero di politiche attuate. La “Sodium Country Score Card” esamina l’implementazione di queste misure e assegna il punteggio più alto ottenuto:

  • punteggio 1 - impegno ad adottare politiche nazionali di riduzione dell’intake di sodio
  • punteggio 2 - misure volontarie attuate per ridurre l’apporto di nell'approvvigionamento alimentare o incoraggiare i consumatori a fare scelte alimentari più sane. Queste misure sono considerate valide per il calcolo del “Sodium Country Score” solo se adottate all’interno di un modello di profilo nutrizionale che prevede dei valori soglia per il contenuto di sodio negli alimenti (ad esempio, un limite massimo consentito di sodio negli alimenti serviti nelle scuole), o se il comportamento dei consumatori è specificamente indirizzato a ridurre il consumo di sodio (ad esempio, divieto di saliere nelle aree di ristorazione)
  • punteggio 3 - misure obbligatorie per ridurre l’assunzione di sodio e adozione di un modello di profilo nutrizionale per implementare efficacemente le misure. Obbligo di dichiarare nelle etichette degli alimenti preconfezionati il contenuto di sodio
  • punteggio 4 - almeno due misure obbligatorie per la riduzione dell’intake di sodio, obbligo di dichiarare nelle etichette degli alimenti preconfezionati il contenuto di sodio e implementazione di tutti e quattro i "best buys" di riduzione del sodio raccomandati dall'OMS.

Alcuni dati

Dei 194 Stati membri, il 79% (n=154) si è impegnato ad attuare politiche di riduzione dell’apporto di sodio, con una bassa variabilità tra le regioni dell'OMS, anche se i Paesi a basso reddito in percentuale più bassa. Inoltre, 56 Paesi rimangano fermi a 1 che è il punteggio più basso della “Sodium Country Score Card”, senza ulteriori misure di riduzione dell’assunzione di sodio nella Regione africana dell'OMS e nei Paesi a basso reddito, mentre 98 Paesi ottengono punteggi più alti per l’implementazione di politiche di riduzione dell’intake di sodio e altre misure volontarie o obbligatorie.

 

Nel 2022, il 5% (n=9) degli Stati membri ha implementato almeno due politiche obbligatorie di riduzione dell’assunzione di sodio e i quattro “best buys" raccomandati dall'OMS per ridurre l’intake di sodio e prevenire le malattie non trasmissibili (punteggio 4), in particolare sei Paesi ad alto reddito e tre Paesi a reddito medio-alto. Un ulteriore 22% ha attuato almeno una politica obbligatoria (punteggio 3). Ciò significa che il 26% della popolazione mondiale vive in Paesi che hanno adottato misure obbligatorie per la riduzione dell’apporto di sodio, incluso l’obbligo di dichiarare nelle etichette degli alimenti preconfezionati il contenuto di sodio. Il 33% dei restanti Paesi, inclusa l’Italia, ha implementato almeno una misura su base volontaria per ridurre l'assunzione di sodio (punteggio 2), mentre il 29% si è impegnato ad attuare politiche di questo tipo (punteggio 1).

 

L’OMS invita all’azione tutti gli Stati membri per raggiungere l’obiettivo di ridurre del 30% l'assunzione di sodio entro il 2030 e salvare 7 milioni di vite, attraverso la rapida attuazione di politiche obbligatorie di riduzione dell’apporto di sodio, che dovranno essere multisettoriali e libere da conflitti di interesse.

 

L’impegno dell’ISS

L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) con più gruppi di lavoro e secondo approcci di studio diversi lavora sul tema del consumo di sale tra la popolazione. Tra questi gruppi di lavoro, l’Italian Health Examination Survey, indagine di popolazione condotta periodicamente nell’ambito del Progetto CUORE, monitora dal 2008 il consumo di sale nella popolazione adulta italiana attraverso la valutazione dell’escrezione urinaria di sodio nelle urine delle 24 ore. Questa indagine consente di valutare l’introito giornaliero di sodio della popolazione adulta italiana, la distribuzione per Regione e per sesso, e di valutare il suo andamento nel tempo anche alla luce delle raccomandazioni e degli obiettivi posti agli Stati membri dall’OMS. Nell’indagine vengono inoltre raccolte informazioni circa le abitudini legate al consumo di sale (consumo durante la preparazione dei cibi e a tavola, propensione a leggere le etichette durante gli acquisti alimentari, consumo di sale iodato, ecc). Nell’ambito del Progetto CUORE sono stati sviluppati materiali divulgativi (brochure e video) per sensibilizzare la popolazione sull’importanza della riduzione del consumo di sale, nonché per illustrare quali azioni intraprendere per ridurre concretamente il consumo di sale quotidianamente. I dati sono pubblicati su riviste scientifiche e disponibili sul sito del Progetto CUORE.

 

Dal 2015, il sistema di sorveglianza PASSI (dedicato alla popolazione adulta di 18-69 anni) raccoglie alcune informazioni sull’uso di sale e la consapevolezza di contenerne un consumo eccessivo da parte della popolazione e sull’attenzione dei medici e operatori sanitari rivolta ai loro assistiti su questo aspetto, attraverso il consiglio dato di fare attenzione e ridurre la quantità di sale consumata. Tra queste informazioni PASSI raccoglie anche l’uso di sale iodato che, con una domanda specifica, consente di individuare la quota di persone che usa sale iodato nella preparazione di pasti in casa e di chi spontaneamente dichiara di non conoscerne l’esistenza.

 

Dal 2009 l’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia (OSNAMI) effettua la promozione del programma nazionale di iodoprofilassi (Legge n. 55/2005) attraverso iniziative educazionali nelle scuole e presso la popolazione finalizzate alla diffusione dello slogan poco sale ma iodato, nonché il monitoraggio dell’efficienza e l’efficacia del programma stesso.

 

Risorse utili

 

Data di pubblicazione della pagina: 16 marzo 2023

Testo scritto da: Chiara Donfrancesco¹, Maria Masocco², Antonella Olivieri¹, Luigi Palmieri¹
¹. Dipartimento di Malattie Cardiovascolari, Endocrino-Metaboliche e Invecchiamento, MACA-ISS
². Centro Nazionale per la Prevenzione delle malattie e la Promozione della Salute, CNAPPS-ISS