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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Sorvegliare la chikungunya: l’importanza di un sistema sensibile e tempestivo

Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute, Iss

 

 

La febbre da virus chikungunya è una malattia trasmessa all’uomo dalla puntura di zanzare infette, di solito del genere Aedes (meglio conosciuta in Italia come “zanzara tigre”), che se pungono una persona durante la fase viremica si infettano, acquisendo così la capacità di trasmettere il virus ad altre persone, pungendole.

 

Il virus della chikungunya non è di recente scoperta. La prima epidemia nota è stata descritta nel 1953 in Tanzania, anche se già nel 1779 venne descritta un’epidemia in Indonesia forse attribuibile allo stesso agente virale. Dagli anni ’50 diverse epidemie di chikungunya si sono verificate in Asia e Africa. La malattia, caratterizzata da febbre e dolori articolari a insorgenza acuta, conferisce un’immunità permanente e ha di solito un andamento benigno. Tuttavia, soprattutto in soggetti con patologie pre-esistenti può dare complicanze.

 

Gli unici casi segnalati in Europa, fino al 2007, si erano verificati in soggetti di rientro da viaggi in zone epidemiche. L’unica notizia di un probabile caso autoctono in Europa era stata registrata in Francia, nel 2006, per la segnalazione di un’infezione in un infermiere che aveva assistito un paziente con chikungunya, acquisendo probabilmente l’infezione attraverso esposizione accidentale al sangue.

 

La prima segnalazione di casi di infezione da virus chikungunya da trasmissione autoctona in Europa, e, in generale, nei territori dell’emisfero a nord dell’equatore, si è verificata in Italia nel periodo luglio-settembre 2007. L’area interessata riguardava la Regione Emilia Romagna (prevalentemente nelle zone di Ravenna e Cesena), dove la trasmissione autoctona è stata confermata anche dall’isolamento del virus chikungunya in zanzare Aedes albopictus, raccolte nella zona interessata.

 

Nell’ambito della sorveglianza della malattia attivata nella Regione Emilia Romagna, subito dopo l’identificazione del focolaio epidemico sono stati segnalati un totale di 214 casi, nelle province di Ravenna, Cesena-Forlì e Rimini. L’area di Bologna era stata interessata dalla segnalazione di 2 casi confermati, che però avevano dichiarato di essersi recati in alcune delle aree affette (Cervia città e Castiglione di Cervia) nei 15 giorni che avevano preceduto l’insorgenza dei sintomi.

 

Come descritto nella nota pubblicata su Eurosurveillance, il 17 dicembre 2007 è pervenuta al reparto di Malattie infettive del Centro nazionale di epidemiologia (Cnesps) la segnalazione di 3 casi confermati di chikungunya a Bologna, i cui sintomi erano insorti nel mese di settembre (7, 18 e 23 settembre 2007). I casi avevano lo stesso domicilio, date di inizio dei sintomi nello stesso breve periodo e nessuna esposizione riferita di viaggi all’estero, né di spostamenti in aree dell’Emilia Romagna in cui è stato identificato il focolaio epidemico di chikungunya. Al momento, quindi, l’ipotesi più verosimile è che i casi si siano infettati nell’area di domicilio.

 

Le misure di controllo della malattia in Emilia Romagna prevedevano interventi sia sui casi sospetti che sul vettore. Per i casi sospetti era previsto sia l’isolamento fiduciario del paziente, fino all’esclusione della patologia e comunque non oltre il periodo di trasmissibilità del virus (7 giorni dall’inizio dei sintomi), che l’adozione di misure protettive nei confronti di punture degli insetti per contribuire, in tal modo, a interrompere il ciclo della trasmissione del virus. L’intervento per limitare il rischio di trasmissione era invece basato sulla lotta alla zanzara tigre. Era quindi prevista la disinfestazione, con insetticidi adulticidi e larvicidi contro Aedes albopictus sia sul suolo pubblico che privato, entro i 100 metri nel caso di un singolo caso sospetto o confermato, entro i 300 metri invece nel caso di più casi concentrati nella stessa area di residenza.

 

Questa segnalazione sottolinea l’importanza di aumentare e mantenere elevato per i medici l’attenzione, considerando l’infezione da chikungunya nella diagnosi di quadri clinici compatibili. Un’accurata e sensibile identificazione dei casi sarà essenziale durante la prossima stagione calda per dimostrare l’assenza o la permanenza dell’infezione nel focolaio epidemico già osservato in Emilia Romagna nel 2007, ma sarà anche molto importante per attivare misure di controllo e ridurre i rischi di ulteriori epidemie da casi di importazione in qualsiasi altra parte del Paese.