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a cura dell'Istituto superiore di sanità

La suggestione “scientifica” delle immagini

Redazione EpiCentro

 

18 giugno 2009 - Quante volte in tutti questi anni, in tutti questi 300 numeri, avremmo voluto utilizzare su EpiCentro immagini d’arte per accompagnare le news, gli approfondimenti, gli aggiornamenti settimanali. Ma poi i copyright, i permessi, forse anche il timore di osare troppo su un sito istituzionale, ed ecco che l’arte lascia spazio alla classica e rassicurante (se pur bella e appropriata) “immagine da sito”.

 

Forse è la deformazione professionale di chi lavora a metà tra scienza e materie umanistiche dentro il contenitore in continua mutazione della comunicazione, forse è la deformazione mentale di una redazione fortunatamente eterogenea composta da matematici, fisici, biologi, filosofi, sociologi, grafici, ecc. Fatto sta che non c’è riunione di redazione (perché è così che prepariamo ogni settimana la scaletta di quello che viene pubblicato per dirla come Oliver Stone visto che siamo in vena di paralleli - Any given Thursday…) in cui tra divisione dei compiti, ricerca di materiali, controllo delle fonti, lettura delle mail, non scappi qualche riflessione di carattere prettamente umanista in relazione a quello di cui si sta qui parlando.

 

La suggestione delle immagini, che lo si voglia o no, è così forte che per noi è quasi automatico pensare a Humphrey Bogart (immagine 1) o a Marlene Dietrich con la sigaretta in bocca quando parliamo di campagne anti-tabacco, all’Urlo di Edvard Munch (immagine 2) quando trattiamo argomenti sulla salute mentale, al simpatico Obelix (immagine 3) creato dai fumettisti René Goscinny e Albert Uderzo, quando parliamo di obesità. Così come l’arte di Amedeo Modigliani può aiutare la rappresentazione dell’universo femminile, con i ritratti delle sue donne dalla fisionomia “forzata” (immagine 4).

 

                             

 

D'altronde l’arte visiva è già di per sé una “rappresentazione” della realtà umana, e non smette di esserlo quando all’inizio del secolo scorso alcuni pittori (anche se ognuno con una propria poetica: dall’Impressionismo di Claude Monet all’Informale di Jackson Pollock nel dopoguerra) cambiano prospettiva e intuiscono che pennello, colore, tela, non servono solo per descrivere ma sono vera e propria “materia” da trattare. Il problema non è più, infatti, creare degli “scenari”, ma indagare le potenzialità intrinseche ai materiali stessi. L’importanza del segno e del gesto fa sì che la realtà tutta si sfuoca, dal piccolo al grande, dal micro al macro.

 

È in questo senso che forse si può dire che la ricerca artistica “avvicina” alle scienze. Infatti, col senno del dopo, con l’occhio di chi ha già visto ed acquisito l’immagine d’arte come elemento di cultura generale, qualsiasi foto del icro-mondo cellulare (immagine 5) può essere associata a un quadro di Joan Mirò (immagine 6), così come la fisicità materiale e spaziale di una tela di Alberto Burri (immagine 7) si espande nell’immagine da satellite (immagine 8) di un cosmo che si dilata.

 

                              

 

 

È un mondo fluido che viene indagato anche dalla fotografia contemporanea di Felice Frankel, scienziata e artista del Massachusetts Institute of Technology di Boston. Frankel sa rappresentare e “fermare” attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica l’universo dinamico e tumultuoso dell’infinitamente piccolo di una cellula, di una goccia d’acqua che scorre su una superficie metallica, di colonie di lievito mutanti (immagine 9). Il suo è il frutto di un lavoro di squadra, in cui lo scienziato e l’artista si mescolano e concorrono al processo di visualizzazione del non visibile. E il risultato non solo veicola un contenuto scientifico (molte delle sue foto sono finite sulle copertine di prestigiose riviste come Science o Nature), ma attiva anche un processo di sinestesia, per cui sembra quasi di poter toccare e gustare le immagini e i loro affascinanti e misteriosi accostamenti di colori.

 

A conferma di questo parallelo tra scienza e arte, veniamo a sapere che proprio all’interno dell’Istituto superiore di sanità, fino a metà degli anni Novanta (fino a quando cioè la tecnologia ha preso il sopravvento con microscopi digitali, scanner e computer) lavoravano disegnatori incaricati di riprodurre a mano, con l’aiuto di lenti di ingrandimento e tecnigrafo, tavole con disegni di cellule, insetti, ecc (immagine 10).

Artisti, quand’anche solo amanuensi, in un istituto di ricerca scientifica.

 

C’è poi l’arte delle immagini in movimento: il cinema, che accelera la nostra percezione scientifica dentro icone, dentro rimandi, dentro storie che si incardinano strettamente alla scienza, spesso la più aggiornata.

 

 

Diffusione di virus sconosciuti? Cassandra Crossing, con Richard Harris e Sofia Loren del 1976. Tossicodipendenze? Drugstore Cowboy di Gus Van Sant. Politiche sanitarie? Sicko di Michael Moore. Eugenetica, riproduzione medicalmente assistita? Gattaca di Andrew Niccol.

 

Non importa, dunque, se si parla di arte (nelle sue molteplici espressività) o di scienza: quello che rimane è un uomo “che indaga”. L’uomo come finestra sul mondo, quello scientifico e quello delle immagini, come lascia intuire L’heureux donateur di René Magritte (immagine 11), tanto per rimanere nel piacere di fare rimandi, e rimandi, e poi rimandi ancora.

 

 

 

 

Immagini

Immagine 1: Humphrey Bogart

Immagine 2: L’Urlo (1893) di Edvard Munch

Immagine 3: Obelix, fumetto di René Goscinny e Albert Uderzo

Immagine 4: Ritratto di Jeanne Hebuterne (1918) di Amedeo Modigliani

Immagine 5: foto del virus del morbillo

Immagine 6: The gold of the azure (1967) di Joan Mirò

Immagine 7: Grande Rosso (1964) di Alberto Burri

Immagine 8: Vulcano Tambora (Indonesia) visto dal satellite

Immagine 9: Le colonie di lievito di Julia di Felice Frankel

Immagine 10: Istituto superiore di sanità, sala di disegno, 1939

Immagine 11: L’heureux donateur di René Magritte.