Indagine sull’adesione allo screening organizzato del cancro del collo dell’utero: presentati i risultati preliminari
Angela Giusti, Alberto Perra – Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute, Cnesps - Iss
25 febbraio 2016 - In Sicilia sono oltre 160 le donne che annualmente contraggono il cancro e 45 quelle che ne muoiono. La realizzazione di un test salva-vita (come il Pap test), nell’ambito dello screening organizzato e offerto gratuitamente, non raggiunge che due terzi delle donne, così che sono oltre 500 mila le siciliane che non beneficiano di questo servizio nei tempi previsti (una volta negli ultimi 3 anni). Questa percentuale si riduce al 39% se si considerano solo le donne che hanno ricevuto la lettera d’invito all’esame e a un ulteriore 27% se si considerano le donne che hanno fatto l’esame in maniera totalmente gratuita. Sono alcuni dei dati presentati il 19 febbraio scorso a Caltanissetta presso il Centro per la formazione permanente e l’aggiornamento del personale del servizio sanitario (Cefpas) della Regione siciliana. La giornata è stata dedicata alla comunicazione dei risultati preliminari della survey regionale “Salvate Eva: indagine sull’adesione allo screening organizzato del cancro del collo dell’utero” realizzata nell’ambito del Master Universitario biennale di II livello in “Promozione della Salute della Popolazione ed Epidemiologia applicata alla Prevenzione – Prospect”.
La preparazione e la realizzazione della raccolta dei dati sono state realizzate in tempi brevissimi (meno di 3 mesi) grazie alla sinergia fra l’Istituto superiore di sanità, l’Università degli Studi di Palermo (con la partecipazione di una quarantina di medici e altri operatori sanitari delle scuole di specializzazione e del Master Prospect), il dipartimento per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico (Dasoe) della Regione Sicilia, che ha attivato i servizi di screening nelle 9 Aziende sanitarie provinciali e il Cefpas.
L’indagine ha studiato quanto le donne percepiscano la gravità del cancro, la loro vulnerabilità alla malattia, i benefici che derivano dal Pap test e le barriere che si frappongono alla sua semplice realizzazione. Nel confronto fra le donne che realizzano il Pap test nei tempi previsti con quelle che lo fanno più raramente (o affatto), vi sono piccole differenze in fatto di percezione della gravità e della vulnerabilità, ma profonde differenze in fatto di benefici che le donne che non fanno il test percepiscono in maniera molto limitata (rispettivamente 66% vs 30%). Inoltre l’ostacolo più spesso da loro evocato è il fatto che non ricevono consiglio sulla necessità di fare il test (37%).
Al contrario, analizzando il gruppo di donne (di età compresa fra 25 e 64 anni) che realizza il Pap test regolarmente, si è evidenziato che il fattore che maggiormente le motiva è il consiglio del medico di famiglia. Durante la realizzazione dell’indagine è stato riscontrato che molte delle donne in età di Pap test non sono reperibili né da parte dell’Azienda sanitaria né da parte del proprio medico di famiglia per mancanza di un numero di telefono di riferimento. I diversi gruppi di interesse intervenuti al convegno (decisori del sistema sanitario pubblico regionale e aziendale, università, media, ricercatori, associazioni e Ong, medici di famiglia, altri operatori sanitari e semplici cittadini) alla fine della tavola rotonda hanno convenuto sulla necessità di un maggior coinvolgimento dei medici di famiglia che, attraverso un miglioramento delle condizioni di comunicazione con il sistema organizzato per lo screening da una parte e con le donne dall’altro, promuovano una regolare e estesa partecipazione delle donne a questa semplice pratica di screening salva-vita.
Per maggiori informazioni consulta la pagina dedicata sul sito del Cefpas e guarda il video “I risultati dello screening per il collo dell'utero” pubblicato il 19 febbraio da TFN TeleFuturaNissa Caltanissetta.