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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Come utilizzare le misure di attribuzione nella comunicazione dei dati Passi

a cura dello staff centrale del Passi

 

 

15 luglio 2010 - Il sistema di sorveglianza Passi misura la frequenza di comportamenti che risultano associati alla salute, o perché aumentano il rischio di incorrere in malattie o incidenti (come il fumo, la sedentarietà e l’alcol), o perché sono fattori protettivi che riducono il rischio di incorrere in specifici problemi di salute.

 

Quindi, in generale, l’informazione che tipicamente si ottiene dal Passi è una percentuale che risponde a domande del tipo: “quante persone riferiscono di indossare sempre la cintura di sicurezza in auto?”. Oppure: “quante persone dichiarano di bere più di due unità alcoliche al giorno, tutti i giorni della settimana?”. In altre parole, Passi è un sistema centrato sull’esposizione a fattori di rischio o protettivi, misurata in termini di frequenza o prevalenza di esposti. Ed è fondato eticamente e socialmente solo se l’associazione tra questi comportamenti e lo stato di salute è scientificamente provata.

 

Dal momento che queste informazioni sono indispensabili per programmare e valutare gli interventi, la comunicazione dei dati Passi rivolta a coloro che possono decidere se e come attuare misure di prevenzione è una parte essenziale del lavoro. Tuttavia, spesso decisori e cittadini tendono a guardare ai dati sui comportamenti come semplici indicatori di un profilo sociologico della comunità, piuttosto che come componenti effettivi dello stato di salute: uno spostamento di prospettiva favorito dalla scarsa consapevolezza del rapporto tra fattore di rischio (o fattore protettivo) e problema di salute.

 

Un’informazione che incorpori la frequenza del fattore di rischio e l’associazione tra questo fattore e lo stato di salute potrebbe quindi rendere ancora più comprensibili e utili i dati Passi. Misure di questo tipo sono state introdotte da Levin nel 1953 e sviluppate nell’arco di 40 anni di ricerca, e vanno sotto il nome di “misure di attribuzione”.

 

Per i professionisti della sanità pubblica, impegnati nell’applicazione delle politiche e dei programmi di prevenzione, le misure di attribuzione sono molto utili perché servono a definire quali fattori di rischio (esposizioni) sono prioritari sotto il profilo del peso delle sofferenze causate alla popolazione, e a stabilire quali sono le iniziative più efficaci. Considerato che, a tutti i livelli, siamo costretti a scegliere su quali problemi orientare le risorse, poter affermare, per esempio, che al fumo sono attribuibili circa 80 mila decessi all’anno in Italia mentre al consumo di eroina sono attribuibili 300 decessi in un anno in Italia, rappresenta un aiuto forte alla programmazione. Non a caso l’Oms ha sviluppato questo settore di indagine con il lavoro sul Burden of Diseases.

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Che cosa sono le misure di attribuzione

Le misure di attribuzione si basano su un paradigma semplice: se c’è associazione tra un comportamento e una malattia, come cambierebbe la frequenza della malattia se l’esposizione sparisse? O, più realisticamente, se la frequenza dell’esposizione cambiasse? Per esempio, se in Italia l’esposizione al fumo si riducesse del 4% (obiettivo possibile a fronte di un aumento del 10% del prezzo delle sigarette), quanti casi di tumore del polmone sarebbero risparmiati?

 

Questo processo è chiamato attribuzione e, tra le misure sviluppate, quelle chiamate: “rischio attribuibile”, “rischio attribuibile di popolazione” [1], “rischio attribuibile tra gli esposti”, descrivono gli effetti dei fattori di rischio. Quella che va sotto il nome di “frazione prevenibile” misura invece l’effetto di una misura di prevenzione.

 

Con le misure di attribuzione costruiamo uno scenario epidemiologico, nell’ipotesi di una modifica del fattore di rischio o del fattore protettivo. Scenario che può essere ulteriormente arricchito includendo informazioni sui costi economici dei problemi di salute, ma anche includendo informazioni sull’effetto atteso di politiche e programmi preventivi, per costruire un profilo per la pianificazione.

 

Come si calcolano le misure di attribuzione

Il tasso di nuovi casi di una malattia, o di un problema di salute in generale, che si verificano in un anno (o comunque in un intervallo di tempo) è chiamato “tasso di incidenza”. L’incidenza nella popolazione: Ip rappresenta il tasso con cui il problema si verifica nella popolazione totale. Tuttavia la popolazione è composta da persone che hanno uno specifico fattore di rischio o fattore protettivo, e persone senza quel fattore di rischio o fattore protettivo.

 

Per persone esposte, l’incidenza sarà IE, per quelle non esposte l’incidenza sarà INE.[2]

Volendo valutare l’importanza, per la salute pubblica, dell’esposizione a un fattore di rischio, si può pensare che, se quel fattore non esistesse, l’incidenza della malattia o problema nella popolazione totale sarebbe uguale a quella della popolazione non esposta (cioè INE). Se si sottraesse l’incidenza tra le persone non esposte al fattore di rischio dall’incidenza totale, cioè in tutta la popolazione, il risultato sarebbe frutto dell’incidenza del problema di salute tra le persone esposte a quel fattore di rischio.

 

Perciò, la differenza IE - INE rappresenta l’eccesso di incidenza attribuibile al fattore di rischio. La proporzione (o la percentuale) di questo eccesso sull’incidenza totale è la quota che può essere attribuita a quel fattore, ed è detta “rischio attribuibile” (RA). Se non ci fosse quel fattore, l’incidenza nella popolazione (IP) sarebbe uguale all’incidenza dei non esposti (INE), e la parte di incidenza che sarebbe evitata sarebbe (IP - INE).

 

 

Tuttavia, con Passi non si ottengono stime del tasso d’incidenza dei problemi di salute, perché non si misurano i nuovi casi, ma si misura la frequenza dell’esposizione: PE (per esempio, la prevalenza di fumatori). Per simili situazioni, è stata derivata una formula per calcolare il rischio attribuibile a partire da PE, purché si conosca il rischio relativo (RR) [3]:

 

 

In questo modo, a partire dai dati Passi sulla prevalenza degli esposti nella popolazione (per esempio, la frequenza di forti bevitori), è possibile calcolare il rischio attribuibile, ricavando il secondo termine dell’equazione (il rischio relativo) da studi scientifici seri. In molti casi, infatti, il rischio relativo varia poco passando da una popolazione all’altra [4].

 

A parte le equazioni, con il rischio attribuibile è possibile valutare e comunicare l’effetto di una singola esposizione (senza tener conto delle altre), nei termini di quota della malattia o problema di salute che non ci sarebbe, se nessuno fosse stato esposto a quel singolo fattore di rischio. Per esempio, se nella nostra Asl la percentuale di fumatori tra 35 e 69 anni è pari al 22%, tenendo conto che il RR di morte è pari a circa 2 [5], si può stimare la quota di morti attribuibili al fumo, pari a:

 

0,22 x (2-1) / 1 + 0,22 x (2-1) = 0,18 [cioè il 18%].

 

Per cui, se i decessi in quella fascia di età sono 300, circa 54 decessi su 300 (cioè il 18% di 300), sono attribuibili al fumo.

 

Come calcolare il rischio attribuibile, se si conosce la prevalenza della malattia e la percentuale di ammalati esposti al fattore di rischio

Dall’equazione precedente può essere derivata una formula per calcolare lo stesso rischio attribuibile in situazioni in cui, oltre al rischio relativo, è nota la percentuale di ammalati con il fattore di rischio, cioè la prevalenza di esposti tra i casi (per esempio, la prevalenza di fumatori tra persone colpite da ictus cerebrale):

 

 

È possibile trovarsi con questo tipo di dati, lavorando con Passi. Per esempio, la prevalenza di bevitori a rischio tra persone con sintomi depressivi, oppure la prevalenza di obesi tra i diabetici [6].

 

Come calcolare la proporzione di casi attribuibili al fattore di rischio tra gli esposti

In alcuni casi è necessario calcolare il rischio attribuibile tra gli esposti, per quantificare per esempio la proporzione di casi di mesotelioma pleurico attribuibili all’asbesto, tra i lavoratori dell’amianto. In questo caso, tutti i soggetti sono esposti e la prevalenza di esposizione è uguale a 1. Quindi è molto facile semplificare per arrivare all’equazione seguente:

 

 

Comportamenti protettivi vs. comportamenti a rischio: la frazione prevenibile

Quando Passi misura la frequenza di persone che praticano lo screening mammografico o mettono la cintura di sicurezza, può essere importante indicare quale proporzione dell’incidenza (o quanti casi) di tumore al seno o di decessi per incidenti stradali è prevenuta dall’adozione di questi comportamenti protettivi per la salute. La logica è la stessa del rischio attribuibile. Cambia però l’equazione, detta “frazione prevenibile”.

 

La frazione prevenibile considera il guadagno di salute, cioè la differenza tra l’incidenza della malattia tra le persone che non adottano il comportamento protettivo INE e l’incidenza della malattia nella popolazione totale IP, in rapporto all’incidenza tra coloro che non si proteggono:

 

 

Da questa equazione è possibile derivare:

 

 

Questa equazione, utilizzabile con i dati Passi, stima la frazione prevenibile in termini di proporzione di popolazione esposta al fattore protettivo (per esempio, il 50% delle donne tra 50 e 64 anni pratica la mammografia ogni due anni) e in termini di associazione (per esempio, RR=0,3).

 

0,5 x (1 - 0,3) = 0,35

 

La frazione di decessi per tumore al seno prevenibile (o prevenuta) con lo screening è pari al 35%.

 

Anche in questo caso è possibile fornire un valore in termini assoluti. Per esempio, se i decessi sono stati 45 in quella fascia di età, i decessi prevenuti grazie allo screening sono stati:

 

45 / (1 - 0,35) - 45 = 24

 

I dati Passi offrono diverse possibilità di misurare la frazione prevenibile, perché stimano la frequenza di molte attività e misure di prevenzione: dagli screening oncologici all’uso del casco e della cintura di sicurezza, fino ai consigli di medici e operatori sanitari.

 

Come cambia lo stato di salute al mutare dei fattori di rischio e protettivi: la frazione di impatto

 

Per misurare indirettamente i cambiamenti dello stato di salute nel tempo al cambiare della prevalenza del fattore di rischio o protettivo, è stata proposta la misura denominata “frazione d’impatto” o “frazione d’impatto potenziale”. Nella sua forma più semplice, la frazione di impatto si calcola così:

 

 

dove P è la prevalenza del fattore di rischio all’inizio del periodo e P’ la prevalenza alla fine del periodo.

 

Quando l’esposizione è causa del problema e ciò e scientificamente provato, la frazione di impatto consente di valutare, in termini di salute, l’aumento o la diminuzione della frequenza di comportamenti a rischio o della copertura di misure preventive.

 

Per esempio, se la prevalenza del pap test fosse passata dal 32% al 45%, e il RR di tumore della cervice uterina per chi fa il pap test regolarmente fosse pari a 0,1, allora:

 

(-0,13 x -0,9) / (0,32 x 0,9) + 1 = -0,23

 

Ci dovremmo quindi aspettare una riduzione del 23% della mortalità per tumore della cervice uterina, mantenendo nel tempo la stessa copertura rispetto a quanto ottenuto con la copertura del 32% [7].

 

Perché le misure di attribuzione possono essere usate a sproposito e fraintese [8]

Le misure di attribuzione possono essere comprese anche su base intuitiva, senza nessuna conoscenza della teoria e della formalizzazione matematica. A questo vantaggio fa però da contrappeso la possibilità che siano fraintese, per diversi motivi e in diversi modi:

  • se il rischio di tumore del polmone attribuibile al fumo è 90%, ciò significa che il 90% dei casi di cancro al polmone sono attribuibili al fumo. Ma non vuol dire che, se improvvisamente tutti smettessero di fumare, scomparirebbe il 90% dei tumori polmonari. Innanzitutto, quasi nessuna esposizione può essere rimossa immediatamente. E inoltre alcune esposizioni (come il fumo) hanno un effetto cumulativo negli anni e la prevalenza di persone che fumano ora descrive la situazione attuale di un processo che è continuato nel tempo
  • le misure di attribuzione hanno valore quando il rapporto causale tra esposizione ed esito è provato, e quando il rischio relativo è stato stimato al netto di potenziali fattori confondenti. Come è stato detto, le misure di attribuzione aiutano a creare lo scenario di cosa accadrebbe se si modificasse la frequenza del fattore di rischio. Quindi il fattore di rischio deve essere modificabile. A volte vengono utilizzati, al posto dei fattori di rischio, indicatori surrogati per la suscettibilità (per esempio, la familiarità per tumore) oppure marker preclinici (per esempio, la storia di biopsie benigne del seno). Le misure che vengono ottenute non hanno alcun valore pratico
  • fattori capaci di modificare le relazioni causali, come l’età, non sono adatti per la misura di attribuzione. Anche perché, dal punto di vista pratico, misurare la quota di un problema di salute attribuibile a fattori immodificabili, quali età e sesso, è irrilevante
  • se calcolassimo, per esempio, i rischi di infarto del miocardio attribuibili a vari fattori (come fumo, colesterolo elevato, ipertensione, obesità), la somma supererebbe il 100%, perché questi fattori interagiscono tra loro e spesso si trovano associati. È possibile tener conto di queste interazioni, come pure di fattori confondenti, di situazioni in cui ci sono multipli livelli di esposizione (per esempio, per vari livelli di ipercolesterolemia). È possibile calcolare i limiti di confidenza del rischio attribuibile, ma la statistica diventa sempre più complessa e bisogna rivolgersi a specialisti
  • un errore frequente è confondere la quota di rischio attribuibile a un fattore con la proporzione di casi che hanno quel fattore. Per esempio: “è stato stimato che il rischio attribuibile di popolazione a dieci fattori di rischio combinati è 0,25. Quindi, nonostante diversi fattori di rischio siano stati identificati, resta il fatto che il 75% delle donne non ha alcun fattore di rischio”; oppure “solo il 25% dei casi di tumore del seno nelle donne tra 30 e 54 anni possono essere attribuiti a uno o più dei fattori di rischio, ciò significa che la maggioranza dei casi non ha un fattore di rischio noto”. In questi casi si confonde la quota di malattia attribuibile al fattore di rischio con la percentuale di casi esposti al fattore di rischio. Si tratta di una differenza apparentemente sottile, ma concettualmente importante. Perciò bisogna stare bene ancorati all’interpretazione corretta: stiamo parlando della quota di rischio della malattia che sarebbe evitata, in tutto o in parte, se si riducesse l’esposizione, in tutto o in parte
  • un ulteriore errore concettuale che è facile commettere è confondere “la proporzione del rischio di malattia attribuibile all’esposizione o spiegata dall’esposizione” con “la quota del rischio di malattia causata dall’esposizione”.

Per tutti questi motivi, conviene impiegare con cautela le misure di attribuzione, proprio perché possono, se ben presentate, avere un buon impatto nella comunicazione dei rischi per la salute.

 

Le condizioni ideali per calcolare il rischio attribuibile

Idealmente le condizioni per avere buone stime del rischio attribuibile utili per la sanità pubblica, facilmente comunicabili, non capziose e comprensibili senza fraintendimenti, sono:

  • relazione causale tra fattore di rischio e malattia
  • modificabilità del fattore di rischio.

Inoltre, nel caso in cui (come per il fumo e tumore del polmone) c’è un periodo di latenza tra modifica dell’esposizione e modifica della frequenza della malattia, bisognerebbe chiarire che il beneficio si riferisce alle generazioni future.

 

Per approfondire

In questa introduzione alle misure di attribuzione non sono stati riportati i metodi per calcolare i limiti di confidenza e altri problemi per cui è necessario avere una buona preparazione statistica e di metodologia epidemiologica.

 

Per chi vuole approfondire gli aspetti generali, oltre agli articoli citati nelle note, è possibile consultare:

Per il calcolo della varianza del rischio attribuibile di popolazione:

  • Statistical Methods in Epidemiology, di H. Kahn e C. Sempos. Oxford University Press. 1989. New York.

Per il calcolo del rischio attribuibile, tenendo conto di più variabili e di fattori confondenti:

[1] i termini di “rischio attribuibile di popolazione”, “proporzione del rischio attribuibile di popolazione”, “frazione di eccesso” e “frazione eziologica” sono utilizzati in modo intercambiabile, indicando comunque la parte del rischio di malattia nella popolazione che può essere attribuita a un fattore di rischio.

[2] nel caso il fattore sia un fattore di rischio, IE è maggiore di INE. Invece, nel caso di un fattore protettivo, IE è minore di INE. Ciò perché i fattori di rischio aumentano la probabilità del verificarsi di una malattia o un incidente, mentre il fattore protettivo riduce questa probabilità.

[3] Il rischio relativo misura quante volte in più la malattia si verifica tra le persone esposte rispetto a quelle non esposte IE /INE . Per esempio, il rischio relativo di morte per i fumatori rispetto ai non fumatori, nelle varie fasce di età, è pari a 2. Ciò vuol dire che i fumatori hanno il doppio delle probabilità di morire rispetto ai non fumatori di pari età. Siccome il rischio relativo dipende, in molti casi, da fattori biologici, spesso non varia da popolazione a popolazione, per cui può essere ricavato da studi scientifici e applicato ai dati tratti da Passi per ottenere il rischio attribuibile.

[4] in questa equazione non si deve usare il rischio relativo non aggiustato per i fattori confondenti.

[5] Doll R, Peto R, Boreham J, Sutherland J. Mortality in relation to smoking: 50 years' observations on male British doctors. BMJ. 2004 Jun 26;328(7455):1519.

[6] questa equazione ha un vantaggio rispetto alla precedente: è infatti possibile utilizzare un rischio relativo aggiustato per altri fattori confondenti (come l’età) e ottenere una stima del RA corretta.

[7] è molto frequente tuttavia che il fattore di rischio non sia sotto forma di una variabile dicotomica, ma ci siano più livelli di esposizione e più livelli di rischio relativo, come per il fumo (mai fumatore, ex fumatore, fumatore), o per la pressione arteriosa o il colesterolo. In questo caso, si usa l’equazione seguente:

Esistono anche modelli più complessi, che possono tener conto che alcune variabili sono, in realtà, continue. Tratto da: Barendregt JJ, Veerman JL. Categorical versus continuus risk factors and calculation of potenzial impact fractions. J Epidemiol Community Health 2010; 64:209-212).

[8] Rockhill B, Newman B, Weinberg C. Use and Misuse of Population Attributable Fractions. AJPH 1998. 88 (1):15-19.