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La conferenza delle parti sul clima: a Dubai una doppia opportunità per la salute

La conferenza delle parti sul clima di Dubai, COP 28 (30 novembre-12 dicembre 2023), offre una doppia opportunità per la salute: da un lato invita alla prevenzione con le azioni di riduzione delle emissioni di gas serra e il mantenimento del riscaldamento globale entro i limiti fissati dall’Accordo di Parigi nel 2015, dall’altro sottolinea la necessità di attuare la strategia del sistema sanitario di contenimento di tali emissioni.

 

La 28sima “Conferenza delle Parti” delle Nazioni Unite (COP 28) si inserisce nell’ambito della convenzione quadro sui cambiamenti climatici (UNFCCC, United Nations Framework Convention on Climate Change). Nata nel 1992 a Rio de Janeiro come prodotto della Conferenza sull’Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNCED, United Nations Conference on Environment and Development), la convenzione rappresenta il principale trattato internazionale in materia ambientale. L’obiettivo di quest’intesa è quello di ridurre le emissioni di gas serra, principali responsabili del riscaldamento globale, a tutela della biodiversità, dell’integrità degli ecosistemi e della salute umana. A trentuno anni dal primo incontro, la COP 28 mira a coinvolgere i Paesi firmatari nell’incremento delle strategie di mitigazione delle emissioni di gas serra climalteranti. Inoltre, la conferenza è l’occasione per fare il punto sullo stato di avanzamento delle azioni volte a dimezzare le emissioni globali di gas serra entro il 2030, obiettivo fissato dallo storico Accordo di Parigi, raggiunto nel 2015 nell’ambito della COP 21.

 

In occasione della COP 28 viene anche presentato l’inventario sul conteggio dei gas serra prodotti dagli Stati, il cosiddetto Global stocktake, uno strumento che prevede la pubblicazione di un’attività reportistica, ogni cinque anni, sullo stato delle emissioni di tali gas e che, al suo interno, racchiude l’ambizione di incentivare la lotta alla crisi climatica valutando i progressi collettivi compiuti sull’Accordo di Parigi. A questo proposito, l’UNFCC, a ottobre 2023, ha pubblicato il rapporto intitolato “Views on the elements for the consideration of outputs component of the first global stocktake”. Tra le pagine del documento si legge che gli impegni di riduzione delle emissioni dei gas serra presi finora di propria iniziativa dagli Stati, conosciuti con l’acronimo NDCs (Nationally Determined Contributions), se rispettati, contribuiranno ad avere un clima più caldo di 1,7 °C. Tuttavia, secondo le reali politiche introdotte finora, l’aumento di temperatura sarà ben più alto e probabilmente, prima della fine del secolo, si raggiungerà la soglia di 3 °C. Per contrastare questo allarmante scenario, che avrebbe ripercussioni negative per l’ambiente e anche per la salute globale, sarebbe necessario centrare l’obiettivo di 1,5 °C stabilito dall’Accordo di Parigi. Eppure, secondo le raccomandazioni contenute nell’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’ente scientifico che si occupa di mettere insieme migliaia di studi prodotti sulla crisi climatica, per raggiungere tale traguardo bisognerebbe tagliare il 43% delle emissioni dei gas serra entro il 2030 e l’84% entro il 2050 rispetto ai livelli del 2019.

 

La COP 28 è anche la sede in cui dar seguito e consolidare l’impegno assunto da 47 Paesi durante la COP 26, tenutasi nel 2021 a Glasgow (Scozia), per ridurre l’impatto del settore sanitario sulle emissioni di gas serra. Per l’occasione, oltre ai governi, 54 istituzioni afferenti a 21 Paesi, rappresentanti di circa 14.000 ospedali e centri sanitari, si sono accordate per cercare di raggiungere in meno di 30 anni la neutralità carbonica, ovvero l’azzeramento delle emissioni. Ciò si lega al tentativo di contrastare l’evidente paradosso che interessa oggi il settore della salute umana, ovvero quello di essere da un lato chiamato direttamente in causa nella cura e nell’assistenza di patologie strettamente connesse al cambiamento climatico e da esso amplificate, dall’altro quello di contribuire in modo significativo alle emissioni stesse che impattano negativamente sulla salute. Si stima che, perlomeno nei Paesi economicamente più avanzati, i sistemi sanitari siano responsabili per oltre il 4% delle emissioni di gas serra nazionali. In definitiva, si tratta del più grande sforzo globale, in tal senso, dichiarato fino ad oggi per cercare di abbassare le emissioni climalteranti a cui contribuiscono gli ospedali. «Il futuro della salute deve essere costruito su sistemi sanitari resilienti agli impatti di epidemie, pandemie e altre emergenze, ma anche agli impatti dei cambiamenti climatici, compresi gli eventi meteorologici estremi e il crescente onere di varie malattie legate all'inquinamento atmosferico» sostiene Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Durante la COP 26, oltre 75 Paesi hanno aderito all’Alleanza per l’azione trasformativa sul clima e la salute (Alliance for action on climate change and health, ATACH). In questo contesto, l’OMS ha pubblicato, il 10 novembre 2023, una roadmap per costruire sistemi sanitari resilienti ai cambiamenti climatici e a basse emissioni di carbonio. Si tratta di un utile strumento per dare concretezza ai tanti impegni presi e garantire al settore sanitario l’opportunità di dare l’esempio riducendo le proprie emissioni di gas serra, continuando al contempo a vincere la sfida del miglioramento costante della qualità dell’assistenza.

 

Risorse utili

 

Data di ultimo aggiornamento: 14 marzo 2024

Data di pubblicazione della pagina: 23 novembre 2023

Testo scritto da: Walter Cristiano, Ornella Punzo, Aurora Mancini, Angela Nardin, Laura Mancini – Dipartimento Ambiente e salute, ISS