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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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L’IVG in Italia nel 2018

È online la “Relazione contenente i dati definitivi 2018 sull’attuazione della L.194/78 che stabilisce norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria della gravidanza (IVG)”, presentata annualmente in Parlamento dal Ministro della salute.

 

Nel 2018, in Italia, sono state notificate 76.328 interruzioni volontarie di gravidanza, con un tasso di abortività pari a 6 IVG ogni 1000 donne tra i 15 e i 49 anni di età. Valori in costante e graduale diminuzione rispetto agli anni passati (nel 1982-3, anno di picco, le IVG erano circa 235mila l’anno e il tasso era 17 per 1000) a dimostrazione del lavoro e degli sforzi fatti in questi 40 anni dai consultori familiari e dai professionisti socio-sanitari per prevenire le gravidanze indesiderate e il ricorso all’IVG. Questa riduzione di oltre il 60% rappresenta uno dei più grandi successi relativi alla prevenzione di un esito indesiderato in sanità pubblica.

 

I dati presentati provengono dal Sistema di sorveglianza epidemiologica delle IVG (attivo nel nostro Paese dal 1980) che vede impegnati l’Istituto superiore di sanità (ISS), il ministero della Salute, l’ISTAT, le Regioni e le Province Autonome. La Sorveglianza, è stata identificata nel DPCM del 2017 (GU 109 del 12/05/2017) tra i Sistemi di sorveglianza di rilevanza nazionale che individua nell’ISS l’Ente di livello nazionale presso il quale è istituita.

 

Non tutti i Paesi dispongono di una relazione che presenta così nel dettaglio il fenomeno dell’abortività volontaria. Attualmente i dati italiani sono tra i più tempestivi, accurati, dettagliati e completi a livello mondiale. Negli ultimi due anni c’è stato un leggero peggioramento nella tempistica, dovuto principalmente al nuovo sistema di acquisizione dei dati delle indagini sulla salute riproduttiva (quindi anche quella sulle IVG) da parte dell’Istat che, per facilitare il lavoro delle Regioni, ha predisposto una nuova piattaforma web unica attraverso la quale Regioni, Asl e strutture possono accedere e caricare/aggiornare dati e informazioni varie. Il passaggio dai vecchi sistemi alla nuova piattaforma sta avvenendo gradualmente in vista del completo utilizzo dello strumento per il 2020-21.

 

I dati 2018

Rispetto all’anno precedente, nel 2018 è calato il tasso di abortività (principale indicatore per le IVG), passato da 6,2 a 6,0 IVG per 1000 donne (15-49 anni), uno dei valori più bassi a livello europeo. Tra il 2017 e il 2018 è diminuito anche il rapporto di abortività (numero di IVG rispetto a 1000 nati vivi), passato da 177,1 a 173,8. Probabilmente sulla riduzione delle interruzioni volontarie di gravidanza ha inciso l’aumentato uso della contraccezione d’emergenza, sia il Levonorgestrel (Norlevo), la pillola del giorno dopo, che l’Ulipistral acetato (ellaOne), la pillola dei 5 giorni dopo, che da qualche anno non hanno più l’obbligo della prescrizione medica per le maggiorenni.

 

Caratteristiche delle donne che ricorrono all’IVG

Come negli anni precedenti, anche nel 2018 il ricorso all’IVG è più frequente tra le straniere (circa tre volte quello delle italiane), seppure con valori in calo rispetto al passato. Per favorire questo andamento è importante proporre alle straniere un counselling sulla procreazione responsabile in occasione del percorso nascita.

 

Il ruolo dei consultori

Anche per il 2018 risulta prevalente il ricorso al consultorio familiare per il rilascio del documento/certificazione necessari alla richiesta di IVG (44,1%), rispetto agli altri servizi. Come evidenziato in un’indagine promossa dal ministero della Salute e coordinata dall’ISS, il consultorio non offre solo questo servizio ma svolge un importante ruolo nella prevenzione dell’IVG e nel supporto alle donne che decidono di interrompere la gravidanza, dal counselling prima della procedura ai controlli medici e il counselling contraccettivo post-IVG, anche se non in maniera uniforme sul territorio nazionale. Appare quindi strategico rafforzare e potenziare i servizi consultoriali e il personale e gli altri servizi che si occupano di assistere le donne che richiedono l’IVG ed effettuano l’intervento.

 

Obiezioni di coscienza

I dati del 2018 confermano un’alta la percentuale di obiettori (69% dei ginecologi e 46,3% degli anestesisti, entrambi i dati in leggero aumento rispetto al 2017 e soggetti a grande variabilità geografica), sebbene, dall’analisi effettuata su ciascuna struttura, risulti una media nazionale di 1,2 IVG a settimana per ginecologo non obiettore. Non bisogna dimenticare che l’introduzione della legge ha sicuramente influito sulla diminuzione della mortalità materna nel nostro Paese e che in questo periodo della pandemia di COVID-19 il ministero della Salute ha ribadito che l’IVG rappresenta un‘attività indifferibile anche in periodo di emergenza.

 

L’IVG con procedura farmacologica

In Italia la tecnica più adoperata per effettuare l’IVG è l’isterosuzione (usata nel 63,6% dei casi nel 2018) sebbene permanga un 10,8% di interventi effettuati con raschiamento meritevoli di attenzione perché maggiormente invasivi e rischiosi. Negli anni si è osservato l’aumento dell’uso dell’aborto farmacologico: nel 2018 il mifepristone, con successiva somministrazione di prostaglandine, è stato usato nel 20,8% dei casi, rispetto al 17,8% del 2017 e al 12,9% del 2014. Attraverso i dati ISTAT è possibile valutare l’entità delle complicanze in caso di utilizzo del Mifepristone più prostaglandine. Nel 2018, nel 96,5% dei casi non sono state riportate complicanze immediate (percentuale simili a quella del 2010-11), e solo nel 2,4% dei casi è stato necessario ricorrere all’isterosuzione o alla revisione della cavità uterina per completare l’intervento (dati in forte miglioramento rispetto all’analisi del 2010).

 

Uno sguardo al futuro

Tra marzo e aprile 2020 alcune associazioni di professioniste e la Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) hanno sottolineato la necessità di rivedere alcuni aspetti delle procedure vigenti, dichiarandosi favorevoli a:

  • spostare il limite del trattamento per l’aborto medico da 7 a 9 settimane di gestazione (come già avviene negli altri Paesi da tanti anni e indicato dall’OMS).
  • eliminare la raccomandazione del ricovero in regime ordinario dal momento della somministrazione del mifepristone al momento dell’espulsione del prodotto del concepimento
  • introdurre anche il regime ambulatoriale per l’intervento medico che prevede un unico passaggio nell’ambulatorio ospedaliero o in consultorio, con l’assunzione del mifepristone e la somministrazione a domicilio delle prostaglandine, procedura già in uso nella maggior parte dei Paesi europei
  • prevedere, in via transitoria, in situazione di particolare difficoltà e in relazione all’attuale stato di emergenza, una procedura totalmente da remoto, monitorata da servizi di telemedicina, come sta avvenendo in Francia e nel Regno Unito.

A giugno 2020 la Regione Toscana ha completato l’iter per l’autorizzazione alla somministrazione dell’RU 486 per l’aborto farmacologico in regime ambulatoriale anziché di ricovero, definendo anche un protocollo operativo con specificato il ruolo dei consultori familiari nell’ambito di questo percorso innovativo.

 

 

Data di creazione della pagina: 9 luglio 2020

Testo scritto da: Angela Spinelli, Serena Donati, Marina Pediconi, Ferdinando Timperi, Mauro Bucciarelli e Silvia Andreozzi - Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute, Iss