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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Prevenzione delle ICA: le raccomandazioni nazionali e internazionali sulla prevenzione delle infezioni in ambito assistenziale

Diversi studi hanno dimostrato come il rischio di trasmissione delle infezioni possa essere ridotto significativamente fornendo dispositivi medici sicuri e aumentando la consapevolezza degli operatori sanitari attraverso la formazione e la promozione di buone pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni.

 

Iniezioni sicure

Le iniezioni sono tra le procedure assistenziali più diffuse, sia in ambito terapeutico (dove vengono eseguite circa il 90% di tutte le infezioni), che preventivo (ad esempio le vaccinazioni). La restante parte copre altre indicazioni (trasfusioni di sangue ed emoderivati, somministrazione di liquidi o contraccettivi iniettabili).

 

Poiché i trattamenti medici mirano al miglioramento della salute, rientra tra le responsabilità degli operatori quella di seguire le buone pratiche per le iniezioni sicure. Aderire a queste pratiche vuol dire tutelare i pazienti, ma anche i lavoratori stessi, dal rischio di infezioni trasmissibili per via ematica. Considerata l’importanza di questo tema, l’OMS ha emesso una serie di raccomandazioni basate sull'evidenza scientifica per supportare l'implementazione di pratiche di iniezione sicura. Tra questi, per la prima volta, vi è un documento che affronta specificamente l’uso di dispositivi di iniezione “ingegnerizzati”, ovvero dispositivi medici che presentano struttura e meccanismi atti a prevenire punture accidentali.

 

La strategia dell’OMS per l'uso sicuro e appropriato delle iniezioni all’interno dei programmi di prevenzione e controllo delle infezioni ha quattro obiettivi:

  1. formulare politiche e piani nazionali per l'uso sicuro e appropriato delle iniezioni
  2. garantire la qualità e la sicurezza delle attrezzature per le iniezioni
  3. facilitare un accesso equo alle pratiche da osservare e alle attrezzature da usare per eseguire le iniezioni in sicurezza
  4. raggiungere un’esecuzione appropriata e un ricorso razionale e conveniente alle iniezioni.

Per raggiungere questi obiettivi, l’OMS mette a disposizione uno strumento (contenuto nel documento “WHO best practices for injections and related procedures toolkit”)  che mira a promuovere l'implementazione di pratiche sicure associate alle procedure che prevedono: iniezioni intradermiche, sottocutanee e intramuscolari; infusioni e iniezioni endovenose; iniezioni dentali; flebotomia; procedure con lancette.

 

Le pratiche che più frequentemente si correlano a un aumentato rischio di infezione sono:

  • il riutilizzo delle attrezzature per più pazienti
  • punture accidentali degli operatori sanitari
  • gestione scorretta dei rifiuti taglienti
  • uso eccessivo di iniezioni in condizioni in cui le formulazioni orali sono raccomandate come trattamento di prima linea.

Considerato questo, ridurre al minimo le iniezioni è il modo migliore per prevenire i rischi, quindi quando possibile è utile preferire vie di somministrazione alternative (orale o rettale), ma se questo non fosse possibile è importante ricorrere ad altre misure preventive come igiene delle mani, uso dei guanti, manipolazione attenta dei taglienti e un appropriato smaltimento di questi ultimi.

 

Durante la procedura, ogni fase deve essere sicura, a partire dalla conservazione del materiale, la preparazione del piano di lavoro, della cute e del farmaco, fino alla gestione dei rifiuti: le iniezioni non possono essere sicure se eseguite con attrezzature o tecniche non sterili o improprie. L’OMS ha analizzato il potenziale contributo delle siringhe ingegnerizzate (es: siringhe pre-riempite con aghi non rimovibili, siringhe con sistema che blocca l’ago e impedisce che vengano riutilizzate, siringhe con protezione dell’ago per evitare puntura accidentale) nella prevenzione e nel controllo delle infezioni: è risultato che in un anno, su 1000 operatori sanitari, nove in meno (da 6 a 11) rischiano di subire una puntura accidentale rispetto ai luoghi dove queste non ci sono, con maggiori vantaggi negli ambienti in cui vi è una elevata prevalenza di malattie trasmesse per via ematica (HIV, HBV, HCV).

 

Pulizia ambientale

La pulizia ambientale è un intervento fondamentale per la prevenzione e il controllo delle infezioni in quanto la contaminazione dell’ambiente ha mostrato un ruolo decisivo nella trasmissione delle infezioni, in particolare delle superfici che vengono frequentemente toccate o entrano in contatto diretto con il paziente (letto, comodini, sedie). Per essere efficace nel limitare la diffusione delle ICA, deve essere implementata all’interno dei programmi di prevenzione e controllo delle infezioni (PCI) delle strutture in collaborazione con i responsabili amministrativi e non essere considerata come un intervento a sé stante. È stato anche dimostrato che alcuni agenti patogeni responsabili delle ICA possono sopravvivere sulle superfici ambientali per mesi, anche se i tempi variano in base a fattori quali temperatura, umidità e tipo di superficie.

 

Considerato che il rischio di infezione in un paziente che occupa una stanza precedentemente occupata da un soggetto infetto aumenta significativamente, per effettuare una pulizia ambientale adeguata bisogna tenere conto dei percorsi con cui i microrganismi vengono trasferiti dall'ambiente a un ospite suscettibile che la pulizia ambientale (e l’igiene delle mani) può interrompere:

  • contatto con superfici ambientali contaminate e apparecchiature non critiche
  • contatto con mani o guanti contaminati di operatori sanitari o visitatori
  • mani o guanti contaminati che entrano in contatto con l’ambiente.

La pulizia ambientale fa parte delle Precauzioni Standard: una corretta formazione ed educazione del personale può incidere significativamente sulla prevenzione della trasmissione delle ICA. Nel documento “Guidelines on core components of infection prevention and control programmes at the national and acute health care facility level” l’OMS affronta il tema della pulizia ambientale nella componente numero 8, relativa all’ambiente, ai materiali e ai presidi utili a prevenire le ICA nei presidi sanitari. Tuttavia, data l’importanza di questa tematica, la pulizia ambientale viene trattata anche nelle componenti 2 (linee guida IPC), 3 (istruzione e formazione IPC) e 6 (monitoraggio/audit delle pratiche IPC e feedback). Nelle strutture sanitarie il team IPC dovrebbe essere coinvolto negli aspetti tecnici del programma di pulizia ambientale, nelle strutture più piccole di assistenza primaria il team IPC o la persona focale potrebbero essere direttamente responsabili della gestione delle attività di pulizia ambientale.

 

La determinazione del rischio (basso, medio, alto) e quindi delle procedure di pulizia ambientale da eseguire, compresa la frequenza, il metodo e il processo, si basa su:

  • probabilità di contaminazione: le superfici e gli oggetti più contaminati richiedono una pulizia più frequente e profonda
  • vulnerabilità dei pazienti all'infezione: le superfici e gli oggetti nelle aree di cura di pazienti vulnerabili (ad es. immunodepressi) richiedono una pulizia ambientale più frequente e rigorosa
  • potenziale di esposizione: le superfici high-touch (ad es. maniglie, interruttori) richiedono una pulizia ambientale più frequente e rigorosa rispetto alle superfici a basso contatto (ad es. le pareti).

Alla luce di questa determinazione del rischio i programmi di PCI dovrebbero comprendere programmi di pulizia che identifichino un responsabile e stabiliscano la frequenza e il metodo di pulizia ambientale.

 

Gestione dei rifiuti sanitari

Nessuna evidenza ha mai dimostrato una netta differenza, in termini di rischio, tra rifiuti sanitari e rifiuti domestici, e dato che è impossibile definire con precisione i rifiuti sanitari sulla base della quantità e del tipo di agenti eziologici presenti, l'approccio più pratico è quello di identificare i rifiuti che rappresentano un rischio potenziale sufficiente a causare infezioni durante la manipolazione e lo smaltimento. Del totale di rifiuti sanitari generali, circa l’85% è costituito da rifiuti generici non pericolosi, il restante 15% è considerato materiale che può essere infettivo, tossico o radioattivo. Per questo motivo sono state definite delle categorie di rifiuti sanitari soggetti a regolamentazione da parte del DPR 254/03 (art. 2, comma 1, lett. D) che specifica quali sono considerati a rischio infettivo e come devono essere trattati. Tale decreto definisce rifiuti sanitari a rischio infettivo:

1) tutti i rifiuti che provengono da ambienti di isolamento infettivo nei quali sussiste un rischio di trasmissione biologica aerea, nonché da ambienti ove soggiornano pazienti in isolamento infettivo affetti da patologie causate da agenti biologici di gruppo 4;

2) i rifiuti che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche:

  • provengano da ambienti di isolamento infettivo e siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico (secreto o escreto) dei pazienti isolati
  • siano contaminati da:
    • sangue o altri liquidi biologici che contengono sangue in quantità tale da renderlo visibile
    • feci o urine, nel caso in cui sia ravvisata clinicamente dal medico che ha in cura il paziente una patologia trasmissibile attraverso tali escreti
    • liquido seminale, secrezioni vaginali, liquido cerebro-spinale, liquido sinoviale, liquido pleurico, liquido peritoneale, liquido pericardico o liquido amniotico

3) i rifiuti provenienti da attività veterinaria, che:

  • siano contaminati da agenti patogeni per l'uomo o per gli animali
  • siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto o escreto per il quale sia ravvisato, dal medico veterinario competente, un rischio di patologia trasmissibile attraverso tali liquidi.

Questi rifiuti possono contenere microrganismi potenzialmente dannosi che possono infettare i pazienti, gli operatori o altre persone, comportano ulteriori rischi microrganismi resistenti ai farmaci che si diffondono nelle strutture sanitarie tramite l’ambiente. Gli eventi avversi che possono essere causati da uno scorretto smaltimento e manipolazione di rifiuti pericolosi sono:

  • ferite da taglio
  • esposizione a farmaci o sostanze citotossiche
  • ustioni chimiche derivanti da attività di disinfezione, sterilizzazione, trattamento dei rifiuti
  • inquinamento atmosferico (durante incenerimento)
  • ustioni da radiazioni
  • lesioni termiche da combustione.

I programmi di prevenzione e controllo delle infezioni possono agire aumentando la consapevolezza sui rischi per la salute legati ai rifiuti sanitari, fornendo un’adeguata formazione, ponendo l’attenzione sul problema, individuando risorse economiche e umane dedicate.

 

Secondo l’OMS gli elementi chiave per migliorare la gestione dei rifiuti sono:

  • promuovere pratiche che riducano il volume dei rifiuti generati e garantiscano la sicurezza dei rifiuti taglienti
  • sviluppare strategie e regolamenti per migliorare in modo incrementale le pratiche di sicurezza e smaltimento dei rifiuti con l'obiettivo finale di soddisfare gli standard nazionali e internazionali
  • ove possibile, privilegiare il trattamento sicuro e rispettoso dell'ambiente
  • costruire un sistema completo, affrontando le responsabilità, l'allocazione delle risorse, la gestione e lo smaltimento
  • sensibilizzare sui rischi connessi ai rifiuti sanitari e alle pratiche sicure
  • selezionare opzioni di gestione sicure e rispettose dell'ambiente, per proteggere le persone dai pericoli durante la raccolta, la manipolazione, lo stoccaggio, il trasporto, il trattamento o lo smaltimento dei rifiuti.
Risorse utili

 

Data di creazione della pagina: 25 novembre 2021

Testo scritto da: Giulia Fadda, Adriano Grossi, Fortunato “Paolo” D’Ancona- Dipartimento malattie infettive ISS