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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Febbre ricorrente da zecche

È anche nota come “borreliosi ricorrente” dal momento che l’agente patogeno è rappresentato da specie diverse di Borrelie, batteri veicolati nell’organismo da zecche molli del genere Ornithodorus, che possono parassitare sia l’uomo che piccoli animali, come i roditori.

 

Questa malattia però può essere provocata anche dai pidocchi: se trasmessa da zecche può assumere un carattere endemico, se gli agenti sono i pidocchi è invece a carattere epidemico. In entrambi i casi il periodo di incubazione varia tra i 5 e i 15 giorni.

 

Per quanto riguarda la diffusione geografica, la febbre ricorrente da pidocchi è limitata ad alcune zone dell’Asia, dell’Africa e del Sud America, quella veicolata dalle zecche è presente anche in alcuni Paesi del Mediterraneo.

 

Il decorso della malattia è caratterizzato da periodi di febbre, con sintomi di tipo influenzale, della durata di 2-9 giorni, che si alternano a periodi di apiressia di 2-4 giorni. Il periodo delle ricadute varia generalmente da 1 a 10 giorni, ma può anche essere più lungo.

 

Nelle regioni a clima temperato, anche senza terapia specifica la letalità di queste malattie è bassa, mentre può raggiungere il 10-30 per cento in alcune zone africane e del Medio Oriente, oltre che in soggetti in condizioni di salute già compromesse.

 

Aspetti epidemiologici

Dal 1992-1998 sono giunte al ministero della Sanità, poche decine di segnalazioni di borreliosi (non meglio precisata), prevalentemente da alcune regioni del nord (fra cui la provincia autonoma di Trento e il Friuli Venezia Giulia) e del meridione (fra cui la Puglia). Tuttavia questi dati potrebbero essere scarsamente attendibili a causa della sottonotifica di cui soffrono le malattie che come questa sono incluse nella Classe V, e a causa del mancato invio, da parte di alcune Regioni, dei riepiloghi annuali relativi a questa classe di malattie.

 

Per maggiori informazioni consulta la Circolare del Ministero della Sanità n. 10 del 13 luglio 2000.