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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Il ruolo chiave dello zebrafish nella ricerca su salute e ambiente

Danio rerio, conosciuto comunemente come pesce zebra (in inglese zebrafish), è un pesce teleosteo d’acqua dolce di piccole dimensioni originario dell’Asia meridionale. Il suo nome comune prende spunto dalla sua caratteristica livrea che si compone di bande alternate orizzontali di colore blu metallizzato e bianco. Negli ultimi decenni, questo piccolo pesce, le cui dimensioni variano tra i 4 e i 6 cm nella forma adulta, si è guadagnato una crescente popolarità in diverse aree della ricerca sia di base che applicata, diventando così uno degli organismi modello più utilizzati. Il suo genoma è stato completamente sequenziato e possiede più del 71% di geni ortologhi (che derivano cioè da un gene ancestrale e che si sono originati per speciazione e codificanoper proteine con funzioni uguali o molto simili) rispetto a quelli umani. Questo fattore, in particolare, permette di comprendere i meccanismi enzimatici e molecolari di malattie correlabili all’uomo partendo proprio dallo studio di questo piccolo organismo acquatico. In generale, sono numerosi i vantaggi intrinseci allo sviluppo e all’ecologia di questo animale di cui i ricercatori possono beneficiare.

 

Le peculiari caratteristiche dello zebrafish lo rendono infatti particolarmente utile per rilevare gli effetti dell’esposizione a contaminanti ambientali e di individuare i diversi modi di azione quali, ad esempio, neurotossicità, cardiotossicità e teratogenicità, con cui le differenti sostanze chimiche agiscono sullo sviluppo embrionale dei vertebrati. Non a caso, l’impiego dello zebrafish trova ampio spazio nel monitoraggio ambientale, essenziale per garantire la salute degli ecosistemi e, indirettamente, quella umana. È proprio su queste tematiche che si basa la mission del Reparto Ecosistemi e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), impegnato nello studio degli impatti che attività antropiche e cambiamento climatico hanno sulla salute degli organismi viventi.

 

Le attività in laboratorio

Gran parte del successo dell’impiego dello zebrafish nella ricerca è certamente dovuto alla semplicità di allevamento in laboratorio, imputabile a diversi fattori: bassi costi di mantenimento, dimensioni contenute e relativa semplicità nella riproduzione in cattività. Lo sviluppo degli embrioni è molto rapido – trascorsi 3 giorni dalla fecondazione l’uovo si schiude liberando la larva – e al sesto giorno di sviluppo i giovani individui sono in grado di procacciarsi attivamente il cibo a seguito del riassorbimento del sacco vitellino. Questo termine (120 ore dalla fecondazione delle uova) costituisce un passaggio importante all’interno della regolamentazione europea sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici (Direttiva n. 2010/63/UE). Il decreto attuativo italiano (D.Lgs 26/2014), in particolare, stabilisce e disciplina le misure di protezione per i vertebrati vivi non umani comprese le forme larvali capaci di alimentarsi autonomamente. Ciò favorisce l’utilizzo degli stadi precoci di sviluppo del pesce al posto della sperimentazione su organismi adulti, anche di diversi taxa, che dovrebbero essere altrimenti soppressi.

 

Oltre che alla riduzione dell’impatto nella sperimentazione animale sugli organismi adulti, l’utilizzo degli embrioni di zebrafish è favorito anche dal fatto che le uova sono trasparenti e ciò ne consente l'osservazione diretta al microscopio in ogni fase di sviluppo. Inoltre, le uova sono facilmente prelevabili e maneggiabili dall’operatore poiché vengono rilasciate in acqua singolarmente a centinaia e la fecondazione è esterna.

 

Il ruolo di zebrafish nell’ecotossicologia

Lo zebrafish si è dimostrato un eccellente bioindicatore per la valutazione della qualità idrica e per rilevare l’eventuale presenza di inquinanti chimici all’interno della colonna d’acqua o dei sedimenti. Per il monitoraggio ambientale, gli stadi precoci di sviluppo dello zebrafish sono comunemente impiegati in saggi in vivo (metodi basati sugli effetti) per valutare la qualità dei corpi idrici superficiali insieme ad altri organismi, al fine di coprire tutti i livelli trofici degli ecosistemi acquatici. Nel contesto della Direttiva Quadro sulle Acque dell’Unione Europea, questi metodi, denominati effect-based methods, iniziano ora a essere utilizzati come strumenti di screening e di allarme precoce. Tali metodi possono anche consentire di considerare gli effetti derivanti da miscele di inquinanti o di sostanze chimiche non analizzate.

 

In questo quadro, l’ecotossicologia rappresenta uno strumento cruciale per lo studio e il riconoscimento delle sostanze presenti in acqua e il loro potenziale tossicologico per gli organismi biologici. Le analisi ecotossicologiche condotte sugli embrioni dello zebrafish, oltre a rilevare la letalità di determinate sostanze, permettono di effettuare osservazioni morfologiche e di registrare endpoint di subletalità, ossia di riscontrare effetti tossicologici non letali che riducono la salute dell’organismo modello compromettendone una o più funzioni vitali. Quest’analisi permette di affinare la valutazione della tossicità del campione ambientale con un livello di dettaglio aumentato. Gli endpoint subletali investigati possono includere deformità della spina dorsale, assenza di pigmentazione, deformità degli occhi, deformità della coda, deformità delle pinne, battito cardiaco ridotto, malformazione dello scheletro cranico ed edema.

 

Le attività dell’ISS

Il Reparto Ecosistemi e Salute (ES) dell’ISS si occupa da anni di indagare gli effetti delle sostanze chimiche inquinanti sulla salute degli ecosistemi impiegando in diversi test ecotossicologici gli stadi giovanili dello zebrafish. Questo organismo modello consente di effettuare un primo rapido screening volto a contribuire alla determinazione dello stato di salute ambientale in un determinato sito di campionamento. Queste indagini vengono condotte attraverso diverse tecniche standardizzate e riconosciute linee guida OECD (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) come il test Fish Embryo Toxicity (FET) Test (OECD 236/2013) che mira a valutare gli effetti di tossicità acuta dell’embrione, o attraverso sperimentazione di nuovi metodi per rilevare la presenza di eventuali sostanze cardiotossiche, teratogene o neurotossiche. Per ciò che riguarda la neurotossicità, il laboratorio ha messo a punto e applicato diversi protocolli sperimentali molto promettenti come il Coiling Tail Activity (CAT) Test, che si focalizza sui movimenti spontanei della coda degli embrioni che si verificano attorno alle 24 ore di sviluppo e il Locomotor Activity Test che analizza il nuoto delle giovani larve e registra eventuali anomalie nel movimento rispetto a un controllo.

 

L’utilizzo dello zebrafish trova impiego in numerosi studi e progetti , come quello della valutazione dell’impatto dei farmaci veterinari sull’ambiente acquatico con l’università di Pisa o quelli relativi alla qualità delle acque nel tratto urbano del Fiume Tevere a Roma. Le attività sperimentali con lo zebrafish sono altresì condotte nell’ambito di progetti internazionali di grande rilievo che vedono il Reparto coinvolto nella valutazione ecotossicologica di campioni ambientali (acque superficiali, acque di scarico, acque di riuso) per rilevare effetti di contaminanti emergenti e miscele. Tra i più importanti ai quali il Reparto ha partecipato o partecipa tuttora si possono citare i seguenti:

  • la “Partnership for the Assessment of Risks from Chemicals (PARC)” che coinvolge oltre 200 partner europei con l'obiettivo primario di sviluppare nuovi metodi e approcci innovativi di valutazione del rischio per la salute umana e l'ambiente attraverso lo sviluppo di aree tematiche che comprendono aspetti di policy e di ricerca. In questo contesto è in corso un progetto per la valutazione chimica ed ecotossicologica di reflui di diversi impianti di depurazione in Europa
  • il progetto europeo-Marie Curie “New tools in effect directed analysis to support the identification and monitoring of emerging toxicants on a European scale” (EDA EMERGE), il cui obiettivo era quello di formare una nuova generazione di scienziati ambientali che potessero lavorare in maniera interdisciplinare nell’ambito del monitoraggio, valutazione e gestione dell’inquinamento chimico dei bacini idrici europei
  • il progetto “Solutions for present and future emerging pollutants in land and water resources management (SOLUTIONS), che mirava a sviluppare metodi innovativi per la valutazione degli effetti dei contaminanti emergenti chimici nei corpi idrici europei.

Inoltre, il Reparto è coinvolto in diversi gruppi di lavoro istituzionali (nazionali e internazionali) in un’attività di science-policy con l’obiettivo di redigere pareri e linee guida anche in ambito regolatorio; in particolare, il Reparto è co-chair del Working Group (WG) Chemicals europeo nell’ambito della strategia di implementazione comune della Direttiva Quadro Acque. Tale WG ha tra gli obiettivi quello di individuare le sostanze prioritarie europee, derivare gli standard di qualità ambientali e aggiornare i metodi di monitoraggio dei corpi idrici superficiali inclusi quelli ecotossicologici.

 

Zebrafish e l’approccio One Health

Il modello zebrafish permette, come citato in premessa, attraverso le sue peculiarità, di caratterizzare i meccanismi delle patologie degli organismi viventi, esseri umani inclusi. Questi fattori rendono questo modello sperimentale attualmente indispensabile per la scienza moderna. In accordo con la visione One Health, l'utilizzo dello zebrafish permette un miglioramento delle tecniche di monitoraggio e contribuisce alla tutela degli ecosistemi acquatici, con benefici diretti per la salute ambientale, animale e umana. Il reparto Ecosistemi e Salute ha organizzato e ospitato a luglio 2023 il primo meeting italiano sull’utilizzo dello zebrafish nell’ambito della salute in un’ottica One Health. L’evento ha raccolto le esperienze e le esigenze di ricercatori provenienti da numerosi enti di ricerca nazionali che, al termine della giornata, hanno approvato la formazione di un network denominato ZebOne che ha l’obiettivo di facilitare contatti e scambi di informazioni nell’ambito delle tre discipline fondamentali della visione One Health (salute ambientale, animale e umana), favorendo future connessioni con le principali reti nazionali ed europee. Il successo del primo evento è stato il motore per l’organizzazione di un secondo appuntamento che si svolgerà il 24 e 25 ottobre 2024 presso l’ISS e che dedicherà uno spazio importante ai giovani ricercatori che avranno modo di presentare i risultati delle proprie ricerche che prevedono l’impiego dello zebrafish.

 

 

Data di pubblicazione della pagina: 5 settembre 2024

Testo scritto da: Walter Cristiano, Melissa Barra, Kevin di Domenico, Valentina Pantano, Mario Carere, Ines Lacchetti - Dipartimento Ambiente e salute, ISS