Le donne torinesi e il PAP-test nell’ambito del programma di screening “Prevenzione Serena”
Francesca Abbona1, Mauro Albore1, Francesco Anoletti1, Gabriella Anzaldi1, Silvia Bellini1, Loredana Benigno1, Rosetta Borghese1, Valeria Di Legami1, Giuseppe Catapano1, Salvatore Di Gioia1, Umberto Fiandra1, Giovanni Foti1, Elena Kolomoets1, Gisella Lanci1, Emanuela Pastorelli1, Anna Quori1, Marco Rapellino1, Federico Scienza1, Rosella Zerbi1, Livia Giordano2, Ettore Mancini2, Roberto Diecidue3, Federica Mathis3 e Giuseppe Salamina3
1Scuola
di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva,
Università degli Studi di Torino
2Centro di Prevenzione Oncologica, ASL1, Torino
3Servizio di Epidemiologia, ASL5, Grugliasco (TO)
Il cancro della
cervice uterina è responsabile di circa il 3% di tutte le
morti per tumore nelle donne ed è uno dei tumori più
frequenti sotto i 50 anni di età (1). In Italia si
diagnosticano ogni anno circa 3500 nuovi casi, e la
mortalità è stimata in circa 1 700 decessi l’anno (2-4).
L’esecuzione del Pap-test ogni 3 anni nella fascia d’età
25-64 anni comporta una riduzione della mortalità del 90%
(5).
Dal 1992 è attivo a Torino il programma di screening
gratuito “Prevenzione Serena”, la cui organizzazione e
valutazione viene effettuata dal Centro di Prevenzione
Oncologica del Piemonte (CPO) (6). Questi ha commissionato
alla Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina
Preventiva dell’Università degli Studi di Torino un’indagine
sul grado di soddisfazione delle donne afferenti al
programma di screening, per individuare eventuali elementi
di insoddisfazione su cui intervenire.
A tutte le donne che si sono presentate, il 6 e 19 giugno
2003, presso i sette Centri di “Prevenzione Serena” è stato
consegnato un questionario auto-somministrato che veniva
compilato nella sala d’attesa dopo aver effettuato il
Pap-test. Per aumentare la numerosità del campione, sempre
nel mese di giugno, l’indagine è stata ripetuta nei sette
Centri per una terza giornata. Le informazioni raccolte sono
state analizzate con il software EPI Info 6.04d.
Durante i tre giorni dell'indagine, 459 donne sono state
invitate a rispondere al questionario nei sette Centri di
prelievo (range 46-80 donne); 9 donne (2,0%) non hanno
voluto compilarlo, nella maggior parte dei casi per la
fretta di andar via.
L’età mediana delle donne è di 49 anni. Il 2,2% è di
nazionalità straniera. Il 53,3% ha un’attività lavorativa.
Il 52,6% ha il titolo di scuola media superiore o la laurea.
Questa percentuale è superiore a quella (46,5%) che si
osserva nelle donne torinesi residenti della stessa fascia
d’età (25-64 anni). Anche la distribuzione delle classi
d’età non riflette quella delle donne torinesi: tra le
afferenti allo screening la proporzione di donne di 25-44 e
di 45-64 anni è rispettivamente di 39,0% e 61,0%, nelle
torinesi è di 51,3% e 48,7%.
Il 6,4% delle donne effettua il Pap-test per la prima volta
(età mediana 34 anni; range 25-62). Tra le donne che hanno
effettuato un Pap-test in precedenza, il 52,4% lo ha fatto
con “Prevenzione Serena”, il 16,2% presso altri ambulatori.
Quest’ultimo gruppo è significativamente più giovane delle
prime (47 vs 52 anni di età mediana; p<0,001). Il gruppo di
donne restanti (24,7%) ha effettuato il Pap-test sia con
“Prevenzione Serena” che in altri ambulatori (età mediana 47
anni). Indipendentemente dalla sede di esecuzione, il 13,2%
ha effettuato il precedente Pap-test più di tre anni prima,
il 66,5% l’ha effettuato 2-3 anni prima e il 20,4% l’ha
effettuato meno di due anni prima. L’esecuzione di Pap-test
dopo meno di due anni è più frequente tra le donne con meno
di 49 anni (27,9% vs 13,7%; p<0,001).
Sull’organizzazione e sulla qualità del servizio offerto,
sono state raccolte le seguenti opinioni: il 18,4% riferisce
difficoltà nel raggiungere la sede, principalmente
difficoltà di parcheggio (12,7%); l’89,3% è soddisfatto
delle condizioni igieniche della sala d’attesa; il 74,2% è
soddisfatto delle condizioni igieniche della stanza del
prelievo; l’87,8% trova che i locali del Centro di prelievo
siano sufficientemente confortevoli. Il 78,4% delle donne
riferisce di aver aspettato non più di 15 minuti per
effettuare il prelievo. Il 90,4% si è sentita a proprio agio
con l’ostetrica durante l’esecuzione del prelievo, l’89,8%
ritiene di aver ricevuto dall’ostetrica tutte le
informazioni necessarie, e durante l’esecuzione del prelievo
il 90,2% dichiara di non aver provato nessun fastidio o
tutt’al più un po’ di fastidio e il 96,0% riferisce che
tornerà a fare il Pap-test in occasione del prossimo invito
di “Prevenzione Serena”.
Tra le donne che si sono presentate allo screening, il 18,3%
ha ricevuto la lettera di invito meno di una settimana prima
dell’appuntamento indicato e il 2,7% meno di quattro giorni
prima. Comunque, l’89,1% ritiene di aver ricevuto l’invito
con sufficiente anticipo. Il 47,6% ha tentato di spostare
l’appuntamento, di queste l’85,0% ci riesce, ma il 22,4%
dichiara che spostare l’appuntamento è stato difficile. Il
14,5% delle donne che si presenta allo screening non sono
riuscite a spostare l’appuntamento; la probabilità di
insuccesso è più frequentemente associata all’uso del
risponditore automatico, con un risk ratio di 13,6
(1,9-98,2).
In conclusione, le donne che aderiscono al programma di
screening “Prevenzione Serena” sembrano più istruite e
appartengono a fasce d’età più elevate delle donne residenti
torinesi a cui il programma si indirizza. Pur non essendo
totalmente rappresentativo, il campione di donne
interpellato offre utili informazioni sulla qualità
percepita di un servizio di cui hanno fruito.
Il livello di soddisfazione sembra piuttosto elevato e la
quasi totalità delle donne dichiara di voler ritornare al
prossimo invito. Un punto critico nell’organizzazione del
Programma sembra tuttavia essere rappresentato dalla
possibilità di spostare l’appuntamento indicato nella
lettera di invito.
Malgrado la periodicità di tre anni nell’esecuzione del test
sia giudicata la più efficiente ai fini preventivi (5), un
numero considerevole di donne, per lo più giovani, effettua
il test con frequenza più elevata. Una sensibilizzazione a
un uso più efficiente del Pap-test dovrebbe essere
incentivata, oltre che con campagne informative, anche
mediante il coinvolgimento dei ginecologi, dei medici di
famiglia e delle loro associazioni.
L’elevato livello di partecipazione all’indagine e la
relativa semplicità di realizzazione confermano la validità
di indagini di questo tipo per l’acquisizione di
informazioni utili alla programmazione e di ausilio al
monitoraggio della qualità in sanità pubblica. L’utilizzo di
indagini di questo tipo a fini didattici è sempre più
frequente e si configura come un ottimo compromesso tra le
esigenze del committente dell’indagine e i bisogni formativi
degli operatori di sanità pubblica.
Il commento
Serena Donati
e Michele Grandolfo
Laboratorio di Epidemiologia e Biostatistica, ISS
L’indagine offre spazio per una duplice riflessione:
• l’importanza della periodica rilevazione della
qualità percepita da parte della popolazione coinvolta per
la valutazione di processo e di esito dei programmi di
depistage e per l’implementazione di appositi correttivi
alle criticità rilevate;
• l’efficacia e l’esemplarità pedagogica di
indagini conoscitive realizzate da operatori sanitari in
formazione che oltre a produrre dati qualitativamente
affidabili si cimentano sul campo nella realizzazione delle
indagini campionarie.
Le evidenze circa l’efficacia e l’efficienza dei programmi
organizzati di screening nella prevenzione del cervico
carcinoma sono ormai incontestabili, tuttavia il
coinvolgimento dell’intera popolazione a rischio rimane
l’area critica fondamentale nella gran parte dei programmi
di prevenzione oncologica.
Il numero di Pap-test eseguiti annualmente in Italia, pari a
3,5-4 milioni, sarebbe sufficiente per coprire l’intera
popolazione a rischio secondo quanto raccomandato dalle
linee guida nazionali e internazionali. Tuttavia l’adesione
allo screening del cervico-carcinoma in Italia è pari a
circa il 40% (range 25-50%) e le donne che si avvalgono meno
di questa opportunità sono quelle con basso grado di
istruzione, le disoccupate e le residenti al Sud, ovvero
quelle di livello socio-economico più svantaggiato che in
base alla letteratura sono a maggior rischio di sviluppare
la patologia da prevenire.
La città di Torino è stata una delle prime realtà italiane a
promuovere lo screening organizzato del carcinoma della
cervice uterina con documentata riduzione dell’incidenza
della neoplasia e appropriatezza nei percorsi
diagnostico-terapeutici.
I risultati dell’indagine descrivono un grado di
soddisfazione elevato per quanto riguarda le modalità di
offerta attiva e di esecuzione della misura di prevenzione,
denunciando poco più di un 30% di utilizzo inappropriato del
Pap-test (sovra o sottoutilizzo rispetto alla periodicità
raccomandata) e confermano le difficoltà nel coinvolgere
l’intera popolazione bersaglio. Le donne che rispondono
all’invito sono difatti caratterizzate da un livello di
istruzione più elevato rispetto alla popolazione residente e
da una minore proporzione di età sotto i 44 anni. Sarebbe
pertanto importante promuovere la realizzazione di indagini
che coinvolgano non solo le donne che aderiscono allo
screening, ma anche quelle che, seppur invitate, non si
sottopongono alla misura di prevenzione neanche in altre
strutture sanitarie (dato rilevato nella città di Torino),
in modo da studiare i determinanti della “mancata
rispondenza” e facilitare il coinvolgimento delle donne più
difficili da raggiungere.
Riferimenti bibliografici
1.WHO, UICC. Hakama M, Miller AB, Day
N.E. Screening for cancer of the uterine cervix. IARC
Lyon. 1986.
2.Zanetti R, Crosignani P, Rosso S, et al. (Ed..) Il
cancro in Italia. I dati di incidenza del Registro Tumori.
Volume secondo: 1988-1992. Lega italiana per la lotta contro
i Tumori - Associazione italiana registri Tumori. Roma:Il
Pensiero Scientifico Editore. 1997.
3.Zanetti R, Buiatti E, Federico M, et al (Ed.). Fatti e
cifre dei Tumori in Italia. Associazione italiana Registri
Tumori. - Lega italiana per la lotta contro i Tumori. Roma:
Il Pensiero Scientifico Editore. 1998.
4. Miller AB, Chamberlain J, Day N, et al. Report on a
workshop of the UICC project on evaluation of screening for
cancer. Int J Cancer 1990; 46: 761-9.
5. IARC. Working Group on Evaluation of Cervical Cancer
Screening Programmes. Screening for squamous cervical
cancer: duration of low risk after negative results of
cervical citology and its implication for screening
policies. Br Med J 1986; 293: 659-64.
6. Segnan
N. Il programma di screening del carcinoma della mammella e
del collo dell’utero “Prevenzione Serena”. Sanità Pubblica e
Medicina Pratica 1999; 8: 8-11.