Epidemia di rosolia 2002: un anno dopo
Maria Grazia
Revello
Servizio di
Virologia, IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia
Nel 2002, si è
verificato in Italia un aumento di incidenza della rosolia, e
presso il Servizio di Virologia del Policlinico San Matteo di
Pavia sono stati diagnosticati 97 casi di infezione acuta.
Tredici di questi riguardavano donne gravide (3 di provenienza
extracomunitaria); si trattava di 11 infezioni primarie e due
reinfezioni in donne vaccinate, avvenute tra la settimana prima
dell’ultima mestruazione e la 28° settimana di gestazione. La
diagnosi di infezione primaria è stata posta dimostrando la
sieroconversione o la presenza di IgM specifiche e bassa
avidità (1), mentre la diagnosi di reinfezione è stata posta
dimostrando un significativo incremento di IgG ad alta avidità
e fugace risposta IgM.
Le 13 gravidanze,
di cui due gemellari, sono state seguite prospetticamente,
proponendo il counselling e la diagnosi prenatale ed
effettuando un follow-up attivo. Cinque gravide (Figura) hanno
effettuato la diagnosi prenatale a 18-22 settimane di
gravidanza mediante: a) ricerca diretta di RNA virale nel
sangue fetale e/o liquido amniotico; b) isolamento del virus
mediante reverse-transcription polymerase chain reaction su
colture cellulari; c) determinazione delle IgM virus-specifiche
su sangue fetale (3, 4). La diagnosi di rosolia congenita alla
nascita è stata effettuata con gli stessi approcci (ricerca
dell’RNA virale e/o isolamento del virus da sangue e urine nel
neonato; ricerca di IgM specifiche nel sangue neonatale).
Gli esiti valutati
a un anno di distanza, riassunti in
Figura, sono drammatici.
Infatti, mentre le donne vaccinate non hanno trasmesso
l’infezione al feto, otto donne con infezione primaria hanno
trasmesso l’infezione o hanno interrotto la gravidanza. In
particolare, si sono verificati 5 casi di trasmissione
dell’infezione; 3 di questi erano gravemente sintomatici
comportando in due casi la morte in utero a 20 e 29 settimane
di gravidanza, e in un caso la nascita di un neonato con
lesioni multiple a livello cerebrale e cecità monolaterale. Per
un caso si è fatto ricorso all’interruzione volontaria di
gravidanza a 21 settimane di gestazione dopo diagnosi prenatale
positiva per infezione fetale e riscontro ecografico di
malformazioni cardiache, mentre un solo neonato con infezione
confermata alla nascita è tuttora asintomatico a un anno di
vita. Altre 3 gravidanze complicate da rosolia a 3-7 settimane
di gestazione sono state volontariamente interrotte entro le 12
settimane, in assenza di diagnosi prenatale; infine, solo 4
gravidanze si sono concluse con la nascita di neonati non
infetti. In questi quattro casi l'infezione era stata contratta
in periodi a basso rischio di trasmissione (tra una settimana
prima e 11 giorni dopo l’ultima mestruazione in 3 casi, a 28
settimane di gravidanza nel restante caso). Due donne con
infezione periconcezionale hanno effettuato la diagnosi
prenatale, risultata negativa. In assenza di questa
opportunità, verosimilmente entrambe le gravidanze sarebbero
state interrotte.
L’anamnesi delle 11
donne gravide (7 nullipare e 4 pluripare) con infezione
primaria rivela inequivocabilmente l’inadeguatezza delle misure
adottate per prevenire la rosolia congenita. Infatti, solo una
delle 7 nullipare era stata testata pre-gravidanza e, risultata
sieronegativa, non era stata vaccinata. Allo stesso modo,
nessuna delle 4 pluripare, sieronegative per rosolia già nel
corso di gravidanze precedenti, era stata vaccinata.
Oltre alle 13
gravidanze seguite prospetticamente, è stato diagnosticato un
ulteriore caso di rosolia congenita, in un lattante deceduto
all’età di 4 mesi, il cui esame autoptico ha consentito di
isolare il virus della rosolia in diversi organi. Il bambino
era nato gravemente sintomatico (ritardo di crescita,
petecchie, epatosplenomegalia, cataratta e sordità bilaterale,
pervietà del dotto di Botallo), ma la diagnosi di rosolia
congenita non era stata considerata alla nascita dato che la
madre aveva un reperto positivo per la presenza di IgG
specifiche anti-rosolia a 16 settimane di gravidanza.
Risultati
sovrapponibili a quelli sopradescritti erano stati osservati
durante la precedente epidemia del 1997, quando furono
diagnosticati 12 casi di rosolia in gestanti, esitati in 6
interruzioni volontarie di gravidanza, due neonati con
infezione congenita di cui uno sintomatico, 3 neonati non
infetti e una gravidanza a esito ignoto.
Dato che non si
prevede l’eliminazione della rosolia congenita in tempi brevi,
è necessario che venga effettuata una sorveglianza attiva dei
casi di rosolia diagnosticati in gravidanza, garantendo elevate
capacità diagnostiche a livello laboratoristico. Va
sottolineato che in Italia poche strutture sono in grado di
fornire una diagnosi virologica affidabile di infezione acuta
(si pensi al delicato aspetto della interpretazione di
risultati IgM positivi) e ancora meno sono i laboratori in
grado di eseguire una diagnosi prenatale completa di tutti gli
approcci diagnostici oggi disponibili. Offrire la possibilità a
una donna di effettuare una scelta basata sul riscontro
obiettivo di assenza o presenza di trasmissione al feto,
rappresenta un aiuto fondamentale da parte del sistema
sanitario. è peraltro assolutamente indispensabile che le
strutture che effettuano la diagnosi virologica abbiano la
necessaria competenza; in caso contrario si rischia di
aggiungere dramma al dramma fornendo all'interessata risultati
a elevato rischio di non attendibilità (falsi negativi o falsi
positivi).
Riferimenti bibliografici
1. Hedman K, Rousseau SA. Measurement of avidity of
specific IgG for verification of a recent primary rubella. J Med Virol 1989; 27: 288-92.
2. Revello
MG, Baldanti F, Sarasini A, et al. Prenatal diagnosis of
rubella virus infection by direct detection and
semiquantitation of viral RNA in clinical samples by reverse
transcription-PCR. J Clin Microbiol 1997; 35: 708-13.
3. Revello
MG, Sarasini A, Baldanti F, et al. Use of reverse-transcription
polymerase chain reaction for detection of rubella virus RNA in
cell cultures inoculated with clinical samples. Microbiologica
1997; 20: 197-206.