Analisi del rifiuto vaccinale nell’ASL 18 della Regione Piemonte su 23 anni di osservazione
Franco Giovanetti1 e Elio Laudani2
1Dipartimento di Prevenzione ASL 18, Alba
2Dipartimento Territoriale ASL 18, Alba
					
					In Italia l’obbligo 
                 vaccinale contro poliomielite, difterite, tetano ed epatite B 
                 ha reso possibile il raggiungimento di elevate coperture 
                 vaccinali (> 90%) su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, 
                 come descritto in altre Nazioni, all’aumentare della copertura 
                 vaccinale e al diminuire della frequenza delle malattie 
                 prevenibili, corrisponde una diminuita percezione del rischio 
                 di tali malattie e una enfatizzazione dei rischi connessi con 
                 l’immunizzazione (1); ne consegue un’aumentata frequenza 
                 dell’obiezione attiva alle vaccinazioni. In Italia questo 
                 fenomeno è più diffuso in alcune aree del Nord, a più elevata 
                 copertura vaccinale.
					
					L’ASL 18 comprende 
                 le aree urbane di Alba e Bra e altri 74 Comuni, per un totale 
                 di 158 472 residenti. Il territorio suddiviso in due distretti, 
                 i nuovi nati sono in media 1 390 per anno. Le coperture 
                 vaccinali valutate a 24 mesi di vita sono elevate (> 95% per i 
                 vaccini obbligatori, 90% per morbillo e > 90% per Haemophilus 
                 influenzae tipo b).
					
					A partire dagli 
                 anni ‘80, nel Distretto 1  sono emersi piccoli nuclei di 
                 dissenso, generalmente organizzati intorno a un leader non 
                 medico, sostenitore delle medicine non convenzionali. Dal 2000 
                 nello stesso Distretto si è rivelata particolarmente incisiva 
                 l’attività di un’ associazione sostenuta da un medico omeopata, 
                 che ha promosso conferenze e incontri. Nel Distretto 2 
                 l’attività dei movimenti antivaccinali è invece sempre stata 
                 pressoché assente.
					Il presente studio 
                 ha come obiettivo l’analisi della frequenza del rifiuto 
                 vaccinale nella ASL 18; le coorti di nascita prese in esame 
                 vanno dai nati nel 1980 ai nati nel 2002.
					
					I dati sono stati 
                 ricavati dall’archivio vaccinale, che è sia cartaceo che 
                 informatizzato su tutto il territorio e per tutte le coorti di 
                 nascita considerate.
					
					E' stato definito 
                 come rifiuto vaccinale la situazione in cui i genitori hanno 
                 rifiutato in modo esplicito di iniziare o completare il ciclo 
                 primario delle vaccinazioni obbligatorie. Per ciclo primario si 
                 intendono le 3 dosi dei vaccini per difterite e tetano, polio 
                 ed epatite B. Questi casi vengono registrati nell’archivio 
                 vaccinale, conservando la dichiarazione di rifiuto informato 
                 sottoscritta dai genitori. L’analisi dei dati è stata 
                 effettuata utilizzando il software Epi-Info 6.
					
					E' stata calcolata 
                 la frequenza dei rifiuti (espressa in numero di casi su 1 000 
                 soggetti eligibili alla vaccinazione) sia per l’intera ASL che 
                 per Distretto e Comune; poiché molti Comuni rurali hanno un 
                 esiguo numero di nati, i dati relativi alla popolazione 
                 extraurbana sono stati aggregati. Inoltre, poiché nell’ultimo 
                 decennio si è verificato un aumento dei rifiuti vaccinali, sono 
                 stati messi a confronto i dati relativi agli intervalli 
                 temporali 1980-91 e 1992-2002.
					
					Su 32 719 nati tra 
                 il 1980 e il 2002, sono stati identificati 68 casi di rifiuto 
                 vaccinale (2/1 000), di cui 64 non hanno ricevuto neppure una 
                 dose di vaccino, mentre 4 hanno rifiutato di completare il 
                 ciclo primario dopo le prime 2 dosi.
					
					In
                 
                 Tabella 1 è 
                 riportata la distribuzione per Distretto e Comune. Le frequenze 
                 più elevate riguardano il Distretto 1, con un rischio relativo 
                 (RR) rispetto al Distretto 2 pari a 2,79 (IC 95%: 1,5-5,1).
					
					In
                 
                 Tabella 2 sono 
                 messe a confronto le frequenze di rifiuti nei periodi 1980-91 e 
                 1992-2002, per Distretto. Risulta evidente il netto incremento 
                 dei casi di tutta l’ASL nel secondo periodo, con un RR di 14,3 
                 (IC 95% = 5,8-35,6).
					Lo stesso confronto 
                 temporale, limitato al Distretto 1, mostra un RR pari a 11,2 
                 (IC 95%: 4,5 e 28,1).
					
					Negli ultimi due 
                 decenni anche nel nostro Paese è progressivamente emerso il 
                 rifiuto delle vaccinazioni su base ideologica e culturale, 
                 derivante non da trascuratezza ma da ben precise convinzioni 
                 dei genitori.
					Come è noto, al di 
                 là del rischio individuale per il singolo bambino non 
                 vaccinato, il rifiuto può comportare un vero e proprio rischio 
                 per la popolazione solo se è in grado di ridurre la copertura 
                 vaccinale al di sotto del 95%, che è considerato il livello 
                 critico per mantenere l’herd immunity (2).
					
					L’atteggiamento 
                 della sanità pubblica oscilla tra l’accettazione del dissenso, 
                 considerato fisiologico e quindi (se contenuto entro limiti che 
                 non compromettono l’herd immunity) ineluttabile, e 
                 l’atteggiamento sanzionatorio, in cui tende a prevalere la 
                 puntuale applicazione della norma a scapito del dialogo con i 
                 genitori inadempienti.
					
					Infatti, la vigente 
                 legislazione prevede, in caso di inadempienza all’obbligo 
                 vaccinale, l’irrogazione di una sanzione pecuniaria; inoltre è 
                 prassi comune anche la segnalazione all’autorità sanitaria 
                 locale (rappresentata dal Sindaco) e al Tribunale dei Minori, 
                 che generalmente conclude il procedimento archiviando il caso. 
                 Un accordo sottoscritto tra il Tribunale dei Minori di Torino e 
                 la Regione Piemonte prevede di segnalare al Pubblico Ministero 
                 solo i casi in cui è fondato il sospetto di una carenza della 
                 funzione genitoriale, mentre in presenza di un rifiuto motivato 
                 da convincimento personale la segnalazione non viene 
                 effettuata.
					
					I dati illustrati 
                 nel presente studio, che comprende un periodo di ben 23 anni, 
                 permettono di considerare il rifiuto vaccinale, nella 
                 popolazione in esame, irrilevante dal punto di vista dell’herd 
                 immunity, anche laddove la propaganda antivaccinale si è 
                 rivelata più incisiva. Nell’area e nell’intervallo temporale in 
                 cui è stato registrato il maggior numero di rifiuti la 
                 frequenza è comunque inferiore all’1%.
					
					Il contesto 
                 ambientale sembra essere decisivo nell’influenzare la scelta 
                 dei genitori; come abbiamo visto, esiste un significativo 
                 rischio di rifiuto vaccinale proprio tra i residenti nel 
                 Distretto in cui è attivo il movimento antivaccinale. Inoltre, 
                 il fatto che la leadership del dissenso negli anni più recenti 
                 sia stata assunta da una figura medica (in quanto tale più 
                 autorevole rispetto alle figure di riferimento degli anni 
                 precedenti) può aver contribuito all’incremento dei casi di 
                 rifiuto.
					
										In base ai 
                 risultati del presente studio, è possibile formulare una 
                 duplice raccomandazione per i servizi di sanità pubblica: 
                 anzitutto è prioritario il costante monitoraggio del fenomeno, 
                 in modo tale da poter intervenire qualora esso assuma 
                 caratteristiche tali da comportare ricadute significative sull’herd 
                 immunity; in secondo luogo, appare di cruciale importanza 
                 l’informazione e l’educazione sanitaria della popolazione, 
                 affinché la vaccinazione venga percepita non più come un 
                 obbligo imposto dalla legge, bensì come un diritto fondamentale 
                 di ogni bambino.
                 
                    Riferimenti bibliografici
					1. Chen RT, 
                 Orenstein WA. Epidemiologic Methods in Immunization Programs. 
                 Epidemiol Reviews 1996; 18(2): 99-117.
					2. Anderson 
                 RM, May R. Infectious diseases of humans. Dynamics and control. 
                 Oxford: Oxford University Press; 1991.

 Bollettino epidemiologico nazionale
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