Screening sull’osteoporosi, Scicli (Ragusa), 2003
Gaetano Migliorino1, 
					Giuseppe Ferrera1, Calogero Claudio Pace1, 
					Francesco Blangiardi2 e Giorgio Ragusa3
					
					1osservatorio Epidemiologico Aziendale, Ausl 7, 
					Ragusa
					2Direttore Sanitario Aziendale, Ausl 7, 
					Ragusa
					3Unità Operativa di Medicina, Scicli, Ausl 7, 
					Ragusa
					
					
					L’osteoporosi è una patologia che colpisce più di 200 
					milioni di donne in tutto il mondo (1) e si stima che 
					la malattia interessi un terzo delle donne di età dai 60 ai 
					70 anni e due terzi delle donne di età pari o superiore agli 
					80 anni (1). Questa condizione è caratterizzata da una 
					compromissione della resistenza ossea con conseguente 
					aumento della fragilità ossea e predisposizione alle 
					fratture. Quelle dell’anca e della colonna vertebrale 
					rappresentano le forme più comuni di frattura e comportano 
					alti costi diretti e indiretti che incidono sulla spesa del 
					Servizio Sanitario Nazionale.
					Sebbene nella maggioranza dei casi la diagnosi viene fatta 
					dopo che si è verificata la frattura, l’osteoporosi può 
					essere diagnosticata nella fase asintomatica mediante 
					screening. Per questo motivo si raccomanda che le donne 
					effettuino screening periodici per la valutazione della 
					densitometria ossea e che se necessario eseguano un 
					opportuno trattamento per di ridurre il rischio di frattura 
					(2, 3).
					Nell’anno 2003, presso il Centro di Osteoporosi del Presidio 
					Ospedaliero di Scicli, è stato avviato un programma di 
					screening in tal senso sulle donne tra i 50 e 70 anni. Nel 
					primo anno del programma, sulla base di un elenco fornito 
					dal Comune di Scicli, 1.400 donne (pari al 42% delle 
					residenti nel gruppo di età considerato) sono state invitate 
					a effettuare uno screening per l’osteoporosi.
					La strategia dello screening era diversa a seconda della 
					fascia età. Alle donne di 60-70 anni che hanno aderito al 
					programma, è stato somministrato un questionario sui fattori 
					di rischio ed è stato effettuata l’ultrasuonometria ossea a 
					livello del calcagno. Alle donne nella fascia d’età 
					compresa tra i 50 e i 59 anni, invece, la somministrazione 
					del questionario ha determinato l’eleggibilità 
					all’effettuazione dell’ultrasuonometria. Sono state scelte 
					per un ulteriore screening le donne con fattore di rischio 
					maggiore ≥1, cioè quelle aventi altre patologie associate ad 
					alto rischio di osteporosi secondaria, le donne sottopeso, 
					le fumatrici o coloro che facevano uso di alcol, che 
					non praticavano attività fisica, coloro che avevano avuto 
					menopausa precoce o chirurgica prima dei 45 anni, o che 
					erano state soggette a terapia prolungata con farmaci 
					associati all’osteoporosi, o avevano avuto precedentemente 
					altre fratture, ecc.
					Sulla base dei risultati dell’ultrasuonometria, le donne 
					sono state classificate come:
- 
						• normali (t-score ≥-1); con osteopenia densitometrica (t-score da -1 fino a -2,5); 
- 
						• con osteoporosi densitometrica (≤ -2,5 ). 
Le donne con osteopenia densitometrica e almeno 
					un fattore di rischio maggiore e quelle con 
					osteoporosi densitometrica sono state sottoposte a ulteriori 
					test diagnostici come la prescrizione di esami emato-chimici 
					(valutazione metabolica) e/o indagini strumentali 
					(radiografia della colonna vertebrale dorso-lombare in due 
					proiezioni con morfometria) per la definizione della 
					diagnosi clinica e per determinare il trattamento più 
					efficace.
					L’analisi dei dati è stata realizzata con il programma 
					Epi-info 2004 versione 3.2.2.
					L’esito complessivo dello screening è rappresentato nella 
					Figura. 
					L’adesione allo screening iniziale è stata del 66% ovvero 
					920 donne su 1.400 invitate.
					L’ultrasuonometria ossea al calcagno è stata eseguita su 
					655 donne: 479 delle 481 donne di età ≥ 60 anni 
					e a 176 (40%) delle 439 donne di età compresa tra i 50 e i 
					59 anni. In quest’ultima fascia di età, utilizzando 
					come denominatore tutte le donne e ipotizzando che coloro 
					che non presentavano fattori di rischio fossero normali, la 
					prevalenza dell’osteoporosi è risultata pari al 20%, 
					l’osteopenia al 13%, e il 67% normale. Nella fascia di 
					età compresa tra i 60 e i 70 anni, invece, 
					l’osteoporosi è risultata il 39%, e l’osteopenia il 35% 
					(test normali 26%).
					Il secondo livello di screening è stato offerto a 389 donne:  
					272 donne sulle 276 con osteoporosi densitometrica (le altre 
					4 donne risultavano già sotto terapia 
					antiosteoporotica); a 112 donne con osteopenia t-score ≤ -2, 
					associato a ≥1 fattore di rischio maggiore e a 5 con 
					risultato densitometrico normale ma accompagnato da ≥1 
					fattori rischio. Di queste, 268 (69%) sono state soggette a 
					screening e tra di loro, la diagnosi più comune è risultata 
					l‘osteoporosi primaria o postmenopausale (69%).
					A 323 delle donne inviate al secondo livello è stata 
					prescritta una radiografia dorso-lombare in 2 proiezioni con 
					morfometria, di cui 227 (70%) hanno aderito. Dall’esito 
					dell’esame 159 (70%) hanno presentato una frattura 
					vertebrale, e tra queste 36 (22,6%) sulla base del 
					questionario avevano già avuto una frattura pregressa non 
					vertebrale.
					Dai dati relativi alla diagnosi densitometrica si rileva che 
					nella coorte 60-70 anni alcuni dei fattori di rischio 
					maggiori per un t-score ≤ -2,5 includevano: menopausa 
					precoce con rapporto di prevalenza (RP 1,4-95% IC 1,1-1,7); 
					fratture pregresse (RP 1,9-95% IC 1,5-2,3); cortisonici 
					(RP 1,6-95% IC 1,2-2,2); malassorbimento (RP 1,5-95% 
					IC 1,1-2,1) e diminuzione di statura >5 cm e/o cifosi 
					dorsale (RP 1,6-95% IC 1,3-2,1).
					L’obiettivo di questa iniziativa è stato quello di 
					realizzare uno studio osservazionale (di prevalenza) 
					per stabilire le strategie per la diminuzione della 
					frequenza delle fratture da osteoporosi nel territorio 
					dell’Ausl 7. Da una prima analisi dell’attività svolta 
					presso il Centro di Osteoporosi di Scicli si è osservato che 
					sarebbe più opportuno intervenire con l’individuazione della 
					popolazione a rischio con i case-finding, per un efficace 
					approccio diagnostico e terapeutico e non utilizzare i 
					programmi di screening che risultano molto costosi e di 
					lunga durata. Si sta effettuando questo approccio sulle 
					donne dello stesso distretto nella fascia di età a rischio.
					
					
					Riferimenti bibliografici
					1.  WHO (World Health Organization) Aging and Osteoporosis: 
					Word Health Day, Geneva, Switzerland, April 7, 1999. 
					Disponibile all’indirizzo:
					
					http://www.who.int/archives/...
										2.  US. Preventive Services Task Force 
					(USPSTF). Screening per l'osteoporosi nel periodo 
					postmenopausa. Disponibile all’indirizzo:
					
					http://www.pnlg.it/tskfrc/cap46.php 
					3.  Ceveas (Programma nazionale Linee Guida): sinossi e 
					valutazione metodologiche cliniche delle linee guida su: 
					Densitometria Ossea . Disponibile all’indirizzo:
					
					http://www.pnlg.it/db/... 
					
										Figura - Algoritmo per lo screening. 
					Scicli, 2003
					
					
					IL COMMENTO
					Serena Donati Centro Nazionale di Epidemiologia, 
					Sorveglianza e Promozione della Salute, ISS
					
					Lo studio realizzato a Scicli (RG) nasce dalla 
					consapevolezza dell’importanza della malattia osteoporotica 
					sia in termini di prevalenza della condizione e conseguenti 
					costi socio-economici, sia in termini di difficoltà di 
					gestione diagnostico-terapeutica. L’identificazione delle 
					donne a rischio di demineralizzazione ossea e di fratture 
					osteoporotiche rappresenta un problema aperto in quanto, 
					nella pratica clinica, non sono ancora stati individuati 
					strumenti di provata efficacia per la selezione della 
					popolazione a rischio. Benché si conoscano diversi fattori 
					associati alla condizione, sono ancora pochi gli studi che 
					abbiano valutato come utilizzarli per definire il rischio a 
					livello individuale. In definitiva non esistono prove di 
					efficacia per attribuire a uno o più fattori di rischio la 
					definizione di una popolazione cui offrire un programma 
					diagnostico o terapeutico specifico. 
Anche i test strumentali o di laboratorio, in uso nella pratica, non sono in grado di identificare, tra le donne asintomatiche in menopausa, quelle da indirizzare a un programma specifico per la prevenzione delle fratture. Inoltre, non sono disponibili studi di valutazione degli esiti di un programma terapeutico per l’osteoporosi intrapreso sulla base dei fattori di rischio e/o dei valori di densitometria ossea. Vi è, del resto, unanime consenso nel non ritenere opportuna l’attuazione di uno screening di popolazione mediante densitometria ossea, benché questa tecnica diagnostica, con metodica DEXA ed eseguita preferibilmente su due segmenti ossei, rappresenti la scelta migliore tra quelle attualmente disponibili. In conclusione, a causa delle limitate evidenze disponibili e in accordo con le conclusioni dello studio realizzato a Scicli, si raccomanda di procedere a una valutazione individuale tenendo in considerazione la presenza di fattori di rischio, le possibilità di intervento rivolte alla loro modificazione e la disponibilità delle donne a intraprendere una terapia a lungo termine.
Nonostante la letteratura scientifica relativa alla 
					problematica osteopenia-osteoporosi sia altamente 
					specializzata e difficilmente trasferibile nella pratica 
					clinica quotidiana, si ritiene tuttavia doveroso 
					sottolineare l’importanza di messaggi educativi inerenti la 
					dieta, con adeguato apporto di calcio, e l’esercizio fisico 
					quali misure in grado di favorire l’aumento della densità 
					ossea nelle donne in menopausa, ma anche in epoca 
					pre-menopausale.
					 

 Bollettino epidemiologico nazionale
 Bollettino epidemiologico nazionale