La valutazione dello studio "PASSI" - Progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia
Giovanna De Giacomi1,2, Alberto Perra1, Nicoletta Bertozzi1,3, Carla Bietta1,4, Pirous Fateh-Moghadam1,5 Tolinda Gallo1,6, Paola Scardetta1, Francesco Sconza1,7, Massimo O. Trinito1,8
1Programma di Formazione in Epidemiologia Applicata, ISS, Roma
2Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali, Roma
3Dipartimento di Sanità pubblica AUSL, Cesena
4Dipartimento Prevenzione AUSL 2 Umbria, Perugia
5Servizio Osservatorio Epidemiologico, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, Trento
6Dipartimento Prevenzione ASS4 “Medio Friuli”, Udine
7Dipartimento Prevenzione ASL 4, Cosenza
8U.O. Epidemiologia, Dipartimento Prevenzione AUSL Roma C, Roma
Il Ministero della Salute/Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) e le regioni hanno ravvisato la necessità di attivare una sorveglianza sui determinanti di salute e i programmi di intervento realizzati per la promozione di comportamenti di vita più sani. A tale scopo il Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute (CNESPS) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), e in particolare il gruppo PROFEA (PROgramma di Formazione in Epidemiologia Applicata), hanno avuto l’incarico dal CCM di sperimentare materiali e metodi per la realizzazione di uno studio di popolazione, denominato PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), con la prospettiva di una messa a regime di tale sorveglianza a livello nazionale nei prossimi anni. PASSI consiste in un’indagine telefonica su un campione di cittadini di età 18-69 anni, estratti in modo casuale dall’anagrafe sanitaria delle ASL. Per l’indagine gli operatori dei Dipartimenti di prevenzione hanno utilizzato un questionario standardizzato messo a punto dal gruppo PROFEA dell’ISS; l’intervista durava in media 20-25 minuti. I cittadini selezionati erano preventivamente avvisati dall’ASL tramite una lettera personale informativa, così come i loro Medici di Medicina Generale (MMG) e i sindaci di tutti i comuni. Hanno partecipato allo studio 123 ASL appartenenti a tutte le re-gioni italiane; 59 ASL con campiona-mento rappresentativo aziendale, 15 regioni con campionamento rappresentativo regionale (Tabella 1). Per verificare la validità, la fattibilità, l’utilità del modello di sorveglianza PASSI, e per indicare i materiali e i metodi più adeguati per il funzionamento del sistema di sorveglianza, la valutazione si è arti-colata in due momenti. Prima di iniziare lo studio è stata condotta una valutazione “propedeutica” in cui si sono analizzate le attese e il contesto della sperimentazione, utilizzando focus groups e interviste ai gruppi di interesse. Una valutazione di processo, conclusa nel giugno 2005, è stata condotta utilizzando un questionario autocompilato dai coordinatori aziendali inviato alle 123 ASL che hanno partecipato allo studio. Han-no risposto al questionario 89 ASL (73%), mentre le ASL appartenenti a 3 regioni non hanno risposto perché hanno iniziato lo studio alcuni mesi dopo. Per ogni fase dello studio, oltre a domande a risposte chiuse, era prevista la possibilità di esprimere commenti, critiche e suggerimenti. La valutazione “propedeutica” ha evidenziato il grande interesse che lo studio PASSI ha suscitato, in quanto colmava un vuoto informativo sugli stili di vita, sulla diffusione di alcuni interventi preventivi e sulla loro efficacia. Venivano però espressi alcuni dubbi e critiche:
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sulla potenza statistica dello stu-dio che in alcuni casi non per-mette la stratificazione per alcune variabili quali l’età e il livello socioeconomico;
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sulla mancanza di alcuni argo-menti legati alla professione/rischi lavorativi;
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sulla possibile duplicazione con altri sistemi informativi, per esempio gli screening.
Inoltre, sono state espresse perplessità sull’utilizzo del personale delle ASL in quanto senza nessuna esperienza relativamente a interviste telefoniche. Nella valutazione del processo è emerso che la prima fase (preparazione dell’indagine e formazione degli intervistatori) è durata in media 37 giorni, mentre la fase delle interviste è durata circa 45 giorni. La maggior parte degli intervistatori (92%) era rappresentato da assistenti sanitari o con qualifica affine, riducendo ad un numero esiguo l’utilizzo inappropriato di medici.
Secondo gli operatori aziendali le regioni non hanno sempre giocato un ruolo preminente, creando qualche difficoltà nel costruire efficaci collaborazioni con le istituzioni locali. Il campionamento è stato fatto sulle liste delle anagrafi sanitarie; un aspetto fondamentale emerso con la valutazione era che solo per il 27% delle persone campionate erano disponibili numeri di telefono ed indirizzi, a causa di liste incomplete e a volte non aggiornate. Tale percentuale è salita all’ 81% dopo una ricerca tramite elenchi telefonici, liste anagrafiche comunali e grazie all’aiuto degli MMG. In totale, quindi, è stato sostituito il 19% di perso-ne campionate per mancanza di dati necessari per la rintracciabilità: indirizzi e numeri telefonici. Nella somministrazione del questionario per telefono si sono avuti il 6% di rifiuti e l’11% di non rintracciati.
Gli MMG, quando interpellati, hanno collaborato a risolvere i casi problematici (rifiuti, poca disponibilità, diffidenza, ecc.); solo nel 12% delle richieste di aiuto non sono stati collaborativi. La valutazione dimostrava che le interviste telefoniche sono state fatte in tutte le fasce orarie: mattino 40%, pranzo 20%, pomeriggio 26%, sera 15% e ciò spiega il ridotto numero delle sostituzioni. Il questionario è stato ritenuto appropriato e un buon strumento nelle sue parti, anche se è stato rilevato che complessivamente aveva troppe domande; la sezione sul consumo di alcol e quella sull’attività fisica avevano alcune domande poco chiare. Il costo per la sorveglianza è stato calcolato di circa 12 mila euro per 200 interviste e di 21 mila euro per 600 interviste (Tabella 2). In generale si può affermare che PASSI è un sistema di sorveglianza adeguato agli obiettivi che si era prefissato; risulta essere ben accettato dagli operatori sanitari, dalle persone sottoposte all’intervista e dalle istituzioni locali che ne apprezzano le potenzialità informative.
I costi stimati, confrontandoli con altre indagini o flussi informativi, sono contenuti. Le potenziali difficoltà dello studio, evidenziate nella valutazione “propedeutica”, quali le poche competenze degli operatori e la difficoltà dei Dipartimenti di prevenzione a misurarsi con indagini nuove, si sono dimostrati più il frutto di timori di non essere all’altezza che di reali incapacità e limiti. Timori che sono stati superati brillantemente, come dimostrano il basso numero di rifiuti e di questionari con errori e la mancanza di interviste interrotte. La disponibilità di linee telefoniche, di cellulari aziendali e di carte telefoniche prepagate è stata considerata essenziale sia per non penalizzare il lavoro di routine dei Dipartimenti di prevenzione, sia per poter fare le telefonate fuori orario di lavoro. Resta il problema del riconoscimento delle ore di straordinario per gli intervistatori. I punti più critici dello studio sono il reperimento dei dati degli assistiti (indirizzo e telefono) ed il coinvolgimento dei gruppi di interesse. Per quanto riguarda il reperimento dei dati degli assistiti, si possono pensare altre strategie che coinvolgano dall’inizio gli MMG, evitando così potenziali bias di selezione per alcuni gruppi, quali giovani e immigrati senza telefono fisso (ma spesso in possesso di telefonia mobile).
Sul coinvolgimento dei gruppi d’interesse, soprattutto cittadini e decision makers, si gioca la reale utilità del sistema di sorveglianza ovvero sull’effettivo cambiamento dello stato di salute della comunità “provocato” dall’utilizzo delle informazioni che il sistema produce. Ma questi cambiamenti sono possibili solo se c’è un effettivo coinvolgimento dei 3 soggetti principali: comunità, decision makers e operatori sanitari. Come in tutte le sperimentazioni le nuove idee e l’entusiasmo giocano un ruolo importante che a volte aiutano a superare difficoltà organizzative e risorse limitate. Il passaggio dalla sperimentazione alla routine ovvero all’istituzionalizzazione pone come prerequisito un forte mandato da parte delle regioni, che devono inoltre costruire delle solide basi organizzative e gestionali per permettere al sistema di sorveglianza di funzionare. Ciò significa che a livello regionale ci vogliono decision makers convinti della bontà del sistema di sorveglianza; compete alle istituzioni centrali tale opera di convincimento.