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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
Istituto Superiore di Sanità - EpiCentro


Intossicazione alimentare da istamina a seguito di consumo di pesce fresco e inscatolato

L'intossicazione da istamina, nota come la “sindrome sgombroidea”, è negli USA una delle più comuni intossicazioni da ingestione di pesce (1). In Europa e in Italia, invece, i casi riportati sono pochi e scarsamente documentati. L'istamina si sviluppa in minima parte da fenomeni autolitici di origine tessutale e, per la maggior parte, dall'azione di enzimi elaborati da microrganismi durante i primi processi degradativi. L'attività di tali enzimi dipende dal contenuto di istidina libera nella sostanza alimentare e dalla temperatura.

Le quote più elevate di istidina sono state riscontrate nel tessuto muscolare di tonni, sgombri, sardine e aringhe. Temperature tra i 6°C e 20°C favoriscono la formazione di amina, mentre le basse temperature sono in grado di ritardare la sua sintesi batterica. Le elevate temperature di sterilizzazione dei processi di inscatolamento non sono in grado di inattivare quella già formata.

Si riportano in questa nota tre episodi di intossicazione da istamina, uno verificatosi in seguito al consumo di tonno fresco, e due legati all'assunzione di pesce conservato.

 

Episodio 1

Bartolomeo Griglio1, Giuseppe Sattanino1, Paolo Ajmerito1, Claudio Maggi2, Ugo Tanti2, Massimiliano Bassoli1, Anna Aldrighetti2, Valentina Marotta1, Lorenzo Pezzoli1

1Dipartimento di Prevenzione - S.C. Veterinaria area B, ASL 8 di Chieri (TO); 2Dipartimento di Prevenzione - S.C. IAN, ASL 8 di Chieri (TO)

 

Nel dicembre 2004 è pervenuta al Servizio di Igiene degli Alimenti di Origine Animale della ASL 8 di Chieri (TO) la segnalazione di un caso di sospetta intossicazione da istamina di due persone appartenenti al medesimo nucleo familiare, che la sera precedente si erano recate presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale di Carmagnola (TO) dopo il consumo di tonno fresco cucinato alla griglia.


L'anamnesi evidenziava la rapidità d'insorgenza di una sintomatologia similallergica durante il consumo del tonno tale da farne cessare immediatamente l'ingestione; veniva segnalato anche un sapore non gradevole dell'alimento. La diagnosi formulata dai medici era quella di allergia alimentare. È stato contattato il Pronto Soccorso della zona, per verificare l'esistenza di altri casi riconducibili allo stesso episodio con esito negativo. Successivamente veniva consegnato al Servizio Veterinario Area B un trancio di tonno cotto appartenente alla stessa partita di quello consumato che veniva inviato all'Isti-tuto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta per la ricerca di istamina; il livello di istamina ritrovato era di 3.485 mg/kg.


Il pesce risultava essere stato acquistato due giorni prima da un venditore ambulante sull'area pubblica di Carmagnola. Altre ricerche, che hanno coinvolto le ASL di Alba e di Casale, hanno dimostrato la provenienza olandese del tonno, confezionato in filetti. Risultava impossibile, dalla documentazione, risalire alla specie, alla zona FAO di pesca ed all'eventuale trattamento con aromatizzanti od ossido di carbonio poiché l'etichetta non era più disponibile. Quest'ultima possibilità è da ritenersi potenzialmente preoccupante, in quanto il tonno rimane di colore inalterato rosso vivo anche a fronte di profonde alterazioni enzimatiche e, quindi, in grado di trarre in inganno non solo il consumatore finale ma anche gli addetti alla rete commerciale che finiscono inconsapevolmente per mettere in vendita un prodotto potenzialmente pericoloso.

 

Episodi 2 e 3

Giuseppe Boncompagni1, Laura Incandela1, Giorgio Briganti2, Franca Narduzzi3

1Unità Funzionale di Igiene e Sanità Pubblica, AUSL 9 Grosseto; 2Unità Funzionale di Igiene degli Alimenti, AUSL 9 Grosseto; 3Unità Funzionale Sanità Pubblica Veterinaria, AUSL 9, Grosseto

 

Nell'agosto 2005, due studentesse universitarie hanno consumato insalata di tonno presso un bar di Grosseto. Dopo circa 15 minuti, entrambe presentavano arrossamenti al volto e al corpo, sensazione di calore, prurito alle mani, bruciore oculare, cardiopalmo, cefalea. Una di queste si recava alla farmacia più vicina ove si accertavano ipotensio-ne e tachisfigmia. Dopo circa 3-5 ore, comparivano diarrea e vomito. Accompagnate ad un Pronto Soccorso di Grosseto, è stata diagnosticata una sospetta intossicazione alimentare. Il giorno seguente permanevano cefalea e sensazione di edema agli arti.


Il mattino successivo veniva eseguita l'inchiesta epidemiologica da parte dell'Unità Funzionale di Igiene e Sanità Pubblica di Grosseto ed inviata comunicazione dell'episodio ai Servizi di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione e Sanità Pubblica Veterinaria di Grosseto. Nel corso del sopralluogo eseguito, nel locale pubblico, dai tecnici della prevenzione nella stessa giornata della notifica, non venivano reperite confezioni di tonno in scatola né integre né aperte. Dalla documentazione fiscale risultava una confezione di tonno da 1.700 g acquistata 2 giorni prima dell'episodio, che il proprietario dichiarava di aver consumato nell'arco di due giorni. Si provvedeva quindi a rintracciare la ditta fornitrice e a prelevare presso di essa 9 campioni su 20 confezioni presenti, inviati all'Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana per la ricerca analitica di istamina mediante HPLC, che dava esito negativo per tutti i prelievi.

 

Il terzo episodio è stato segnalato a Orbetello dalla Polizia Municipale nel maggio 2005. In questo caso, un adulto ha consumato un'insalata di tonno in un bar e presentava dopo 30 minuti sintomi suggestivi per intossicazione da sgombroidi, di intensità tale da ricorrere al Pronto Soccorso locale, dove è stato dimesso con diagnosi di “reazione allergica”. Il sopralluogo eseguito, a poche ore dalla notifica nel bar segnalato, ha permesso agli operatori dell'Unità Funzionale di Igiene e Sanità Pubblica di Orbetello di prelevare il cam-pione in un'unica aliquota di tonno all'olio di oliva da una confezione da 1.730 g conservata in frigorifero a 4 °C.

 

La confezione, che è stata aperta 3 giorni prima del consumo del cibo in causa e parzialmente utilizzata, conteneva dei tranci compatti, completamente ricoperti di olio. Le analisi dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale, eseguite con tecnica HPLC, confermavano la presenza di istamina in misura di 8.299 mg/kg. I campioni prelevati successivamente su confezioni integre presso la ditta fornitrice davano invece esito negativo.

 

Riferimenti bibliografici

1.  Food and Drug Administration, HHS. Decomposition and histamineraw, frozen tuna and mahimahi, canned tuna and related species. Revised compliance policy guide. FDA; 1995. (http://vm.cfsan.fda.gov/~ear/DECOM2.html).

 

Commento

Naceur Haoueta e Carmen Maresca Istitituto Zooprofilatico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche Gli episodi descritti confermano l'importanza della tempestività della notifica e del coordinamento delle strutture competenti per circoscrivere i focolai. In Italia, i prodotti conservati rappresentano la causa si-curamente più frequente di intossicazione da istamina. Nelle regioni Umbria e Marche sono stati confermati dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche, tra gennaio 1996 e ottobre 2005, più di 20 casi di intossicazione da istamina, dovuti all'assunzione di pesce conservato. Non va sottostimata però l'intossicazione per ingestione di pesci freschi appartenenti alle famiglie Scomberesocidae, Scombridae, Clupeidae ed Engraulidae. Numerosi lavori scientifici riportano infatti episodi di avvelenamento sgombroide a seguito del consumo di pesce fresco o inscatolato in cui l'istamina era preformata nel prodotto prima della fase di distribuzione e/o somministrazione (1). Diversi autori americani asseriscono che la produzione di istamina nei pesci è dovuta alla contaminazione batterica, dopo la pesca, di batteri abituali della flora intestinale (2, 3) e non per manipolazione successiva che sembra rappresentare nel nostro Paese la causa ampiamente più frequente. In conclusione, le autorità italiane dovrebbero prestare maggiore attenzione nella prevenzione dell'inquinamento batterico e nel controllo della qualità del pesce durante tutte le fasi di manipolazione, distribuzione e somministrazione dello stesso. Inoltre, è necessaria particolare attenzione per garantire una corretta conservazione nei contenitori aperti del pesce in scatola al fine di prevenire ulteriori insorgenze.

 

Riferimenti bibliografici

1. Renon P, Caligara M, Sironi L, et al. Presenza di istamina in tranci di tonno sottovuoto, freschi e congelati trattati con CO (monos-sido di carbonio. Il Pesce 2004; 3.2. European Commission Health & Consumer Protection Directorate-General, Rapid Alert System for Food and Feed (RASFF), News Notification: 03/102. Sop Carbon Monoxide in Fish, from Netherlands. Bruxelles; 2003.3. Taylor SL, Stratton JE, Nordlee JA. Histamine poisoning (scom-broid fish poisoning): an allergy-like intoxication. Clin Toxicol-ogy 1989; 27: 225-40.