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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
Istituto Superiore di Sanità - EpiCentro


L'infezione congenita da cytomegalovirus è un problema di sanità pubblica?

Maria Barbi1, Sandro Binda1, Patrizia Didò1, Antonella Mammoliti1 e Carlo Corbetta2

1Dipartimento di Sanità Pubblica-Microbiologia-Virologia, Università degli Studi di Milano

2Laboratorio di Riferimento Regionale per lo Screening Neonatale, AO Istituti Clinici di Perfezionamento, Milano

 

La lettera C nell’acronimo TORCH, che individua i più importanti agenti d’infezione congenita, sta per Cytomegalovirus (CMV). L’infezione congenita da CMV è molto meno nota a livello di popolazione e scarsamente considerata a livello di sanità pubblica rispetto a quelle da virus della rosolia o da Toxoplasma gondii.

 

CMV è un agente opportunista della famiglia Herpesviridae, che può essere trasmesso verticalmente soprattutto in seguito a una infezione primaria della donna gravida. I danni più frequenti dell’infezione sono la sordità neurosensoriale e il ritardo psicomotorio.

 

L’assenza di sintomi nei soggetti immunocompetenti infetti non permette di identificare clinicamente né le sorgenti di infezione né le gravide infette. L’infezione congenita è asintomatica alla nascita nel 90% circa dei neonati affetti, ma determina danni permanenti, gravi e ad esordio spesso tardivo, in un quinto circa di tutti gli infetti. Ad esempio la sordità neurosensoriale, che è bilaterale nella metà e profonda in un quarto dei casi, colpisce il 20% degli infetti ma è rilevabile alla nascita solo in un bambino su due (1).

 

Non sono ancora disponibili vaccini o trattamenti farmacologici, di riconosciuta innocuità ed efficacia per la gravida infetta o per il neonato . Le misure preventive, al momento attuabili, sono l’adozione da parte della donna gravida di misure igieniche in grado di ridurre il rischio di infezione (2), e l’individuazione dei neonati infetti, anche asintomatici, che consenta di attivare tempestivamente le azioni terapeutiche correttive e prevenire, almeno in parte, le sequele. Questo intervento è di particolare interesse dato che due terzi dei bambini con danni causati da CMV congenito non sono individuabili clinicamente alla nascita.

 

La conoscenza della prevalenza dell’infezione e delle sue conseguenze come causa di disabilità nel nostro Paese è indispensabile per le decisioni di sanità pubblica relative agli interventi di medicina preventiva. In questo articolo verrà presentata una sintesi degli studi relativi a diagnosi, epidemiologia e prevenzione dell’infezione congenita da CMV, svolti all’Università degli Studi di Milano.

 

Il nostro gruppo ha messo a punto un metodo di diagnosi innovativo (CMV DBS test), basato sulla evidenziazione (mediante amplificazione in PCR) del DNA di CMV nei campioni di sangue neonatale (Guthrie card) utilizzati per l’esecuzione degli screening neonatali, obbligatori in Italia per legge. Il test è stato saggiato su 874 casi in cui la sintomatologia del bambino o test sierologici materni facevano sospettare l’infezione. Per valutare sensibilità e specificità del test, i risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli del test diagnostico di riferimento, costituito dall’isolamento virale in coltura cellulare a partire da campioni di urine raccolte entro le prime 3 settimane di vita (3).

 

Per la determinazione della prevalenza dell’infezione congenita da CMV è stata condotta un’indagine in 4 città italiane (Milano, Parma, Bari e Sassari). Novemila bambini, nati nell’arco di 12 mesi, sono stati indagati, impiegando il CMV DBS test per il rischio d’infezione congenita da CMV. I soggetti con test positivo sono stati richiamati entro la terza settimana di vita per la conferma di laboratorio e quelli con infezione confermata sono stati monitorati per almeno 1 anno per la rilevazione di eventuali danni uditivi o di sviluppo. I risultati sono stati confrontati con quelli di studi italiani precedenti (4).

 

Il ruolo dell’infezione congenita da CMV come causa di disabilità è stato valutato tramite l’accertamento retrospettivo della possibile eziologia da CMV congenito per la condizione di sordità neurosensoriale, in un gruppo di 130 bambini (età: 2 mesi-4 anni) con perdita uditiva significativa (>40dB). A questo scopo sono state analizzate, mediante CMV DBS test, le Guthrie card originali della coorte di pazienti, recuperate dai singoli Centri regionali di screening (5).

 

Relativamente alla possibilità di prevenire la disabilità causata da CMV congenito si è analizzata la fattibilità di uno screening neonatale (6) e si è fatta una prima valutazione dei costi diretti (sanitari e non) legati alla sordità infantile (7).

 

Il CMV DBS test eseguito su 874 casi di sospetta infezione congenita ha mostrato sensibilità e specificità del 99% dei casi nei confronti del saggio di riferimento (6). Il test, svolto sulle Guthrie card recuperate dal Centro screening della regione Lombardia, è risultato in grado di diagnosticare l’infezione congenita o di distinguerla da un’infezione postnatale anche oltre il limite (3 settimane) entro il quale l’isolamento virale può farlo (3).

 

L’infezione da CMV è stata diagnosticata in 14 neonati asintomatici e in 2 sintomatici dei 9.032 esaminati nello studio, pari ad una prevalenza dell’infezione dello 0,18% dei nati vivi. Combinando questo dato con quelli di studi precedenti svolti in Lombardia e in Veneto, che avevano rilevato valori compresi tra 0,4% e 1%, la prevalenza complessiva di infezione congenita da CMV in Italia è stimabile pari allo 0,3% dei nati vivi. Di conseguenza si può stimare che nel nostro Paese nascano ogni anno, su circa 550.000 nati vivi, 1.650 bambini infetti e che danni permanenti colpiscano 330 di essi.

 

I costi legati alla sordità infantile sono alti. Considerando solo quelli a carico del servizio pubblico sanitario ed assistenziale e tralasciando, in ragione dell’eccessiva variabilità, la quota a carico delle famiglie, il costo per caso di sordità protesizzato, calcolato fino al raggiungimento della maggiore età, è risultato pari a circa 260.000 euro. In base alla stima di 330 nuovi casi annuali di sordità da CMV congenito, ogni anno si accenderebbe un impegno per il servizio pubblico di circa 86 milioni di euro.

 

L’infezione congenita da CMV è risultata responsabile complessivamente del 30% dei casi di sordità a causa ignota e del 43% di quelli con perdita grave o profonda (>70dBHL). Ne consegue che l’infezione congenita da CMV costituisce la più importante causa non genetica di sordità neurosensoriale.

 

L’introduzione di uno screening per CMV, in aggiunta allo screening audiologico neonatale, recentemente reso obbligatorio in Italia, è sostenuta da diverse considerazioni. Tra queste, la gravità della sordità da CMV congenito, la possibilità di individuare la quota di neonati che sfuggono al test audiologico neonatale a causa del tardivo esordio della sordità in molti bambini, la disponibilità di interventi correttivi (protesi, impianto cocleare, terapia logopedica), tanto più efficaci quanto più precocemente attuati. A ciò si aggiunge che la possibilità di eseguire il CMV DBS test nel campione ematico già raccolto per gli altri screening obbligatori, non solo è organizzativamente meno impegnativa dell’utilizzazione del test di riferimento, ma garantisce risultati ottimali, in termini di sensibilità e specificità.

 

In conclusione, l’infezione congenita da CMV è un problema di sanità pubblica che, a nostro avviso, meriterebbe maggiore attenzione. Abbiamo stimato che annualmente nascano nel nostro Paese oltre 1.600 bambini con infezione da CMV contratta in utero, più di 300 dei quali a rischio di sordità o di altri danni permanenti. Per un confronto, i casi stimati di rosolia e di toxoplasmosi congenita sono rispettivamente 50-100 e 160 circa all’anno (W. Buffolano. Comunicazione personale).

 

Interventi di educazione sanitaria per l’adozione di semplici misure igieniche efficaci nel ridurre la probabilità di infezione per le donne sieronegative (2) e l’attivazione di un programma di screening neonatale per CMV sarebbero in grado di ridurre sia la gravità degli esiti dell’infezione, oggi tardivamente diagnosticata e trattata, sia l’impatto economico sul servizio sanitario pubblico.

 

Riferimenti bibliografici

1. Fowler KB, Dahle AJ, Boppana SB, et al. Newborn hearing screening: will children with hearing loss caused by congenital cytomegalovirus infection be missed? J Pediatr 1999;135:60-4.

2. Cannon MJ, Davis KF. Washing our hands of the congenital cytomegalovirus disease epidemic. BMC Public Health 2005;5:70.

3. Barbi M, Binda S, Primache V, et al. Cytomegalovirus DNA detection in Guthrie cards: a powerful tool for diagnosing congenital infection. J Clin Virol 2000;17: 159-65.

4. Barbi M, Binda S, Caroppo S, et al. Multicity Italian Study of Congenital Cytomegalovirus Infection. Pediatr Infect Dis J 2006;25(2):156-9.

5. Barbi M, Binda S, Caroppo S, et al. A wider role for congenital cytomegalovirus infection in sensorineural hearing loss. Pediatr Infect Dis J 2003;22(1):39-42.

6. Barbi M, Binda S, Caroppo S, et al. Neonatal screening for congenital cytomegalovirus infection and hearing loss. J Clin Virol 2006;35(2):206-9.

7. Caroppo MS, Tanzi ML, Veronesi L, et al. Sordità neurosensoriale infantile: valutazione dell’impatto economico nella prospettiva della prevenzione vaccinale dei casi da infezione congenita da Cytomegalovirus. Ann Ig 2005;17(4):307-11.