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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Impatto sull'incidenza e la mortalità per cancro del colon retto del programma di screening colo rettale nell'ULSS 4 Alto Vicentino

Alessandra Dal Zotto¹, Flavio Banovich¹, Franco Bassan¹, Giuseppe Borin¹, Stefano Rigon¹, Roberto Toffanin¹, Stefano Guzzinati², Ugo Fedeli³ e Manuel Zorzi²

¹ULSS 4 Alto Vicentino, Thiene (VI); ²Registro Tumori del Veneto, Regione Veneto, Padova; ³Sistema Epidemiologico Regionale, Regione Veneto, Padova

 

 

SUMMARY (Impact of the screening programme of the local health unit 4 Alto Vicentino on colorectal cancer incidence and mortality) - We analysed the impact of the colorectal cancer (CRC) screening programme of the local health unit 4 "Alto Vicentino" on incidence and mortality rates. The programme started in 2004, inviting 50-69 year-old residents to undergo a fecal immunochemical test (FIT) every two years. We computed CRC-specific incidence and mortality rates and compared the cumulative incidence and incidence-based mortality rates of the cohort of compliers with screening vs not-compliers. Incidence rates in the target population dropped from 125.2 x 100,000 (95% CI 91.8-158.6) in 2005 to 63.6 x 100,000 (95% CI 40.4-86.7) in 2012 (annual percent change, APC -8.5; 95% CI -13.3 to -3.4). Mortality rates in 50-74 year-old residents decreased from 52.6 x 100,000 (95% CI 32.4-72.8) in 2001 to 30.7 x 100,000 (95% CI 16.1-45.3) in 2012 (APC -2.53; 95% CI -5.67 to 0.72). Cumulative incidence was higher among compliers (hazard ratio 1.28; 95% CI 0.98-1.68), while cumulative incidence basedmortality was significantly higher for not-compliers (hazard ratio 2.99; 95% CI 1.83-4.87). These results may be attributed to the optimal extension of invitations, the high compliance with invitation and the high performance of FIT.

Key words: colorectal cancer screening; incidence; mortality

manuel.zorzi@regione.veneto.it

 

 

Introduzione

Diversi studi hanno evidenziato un’associazione tra l’adozione di programmi di screening basati sul test al guaiaco per la ricerca del sangue occulto fecale e una riduzione della mortalità da cancro del colon retto (CCR), pari mediamente al 16% (1).

 

A partire dal 2002 nelle ULSS del Veneto è stato avviato un programma di screening colorettale basato su test immunochimico (fecal immunochemical test - FIT) e nel 2009 si è raggiunta l’estensione su tutto il territorio regionale. Diversi studi hanno dimostrato una maggiore sensibilità del FIT rispetto al guaiaco (2).

 

Il FIT, inoltre, ha il vantaggio di richiedere un solo campionamento e nessuna restrizione dietetica, con un conseguente aumento dell’adesione allo screening (2). L’obiettivo di questo studio è valutare l’impatto nella popolazione target del programma di screening della ULSS 4 Alto Vicentino in termini di riduzione dell’incidenza e della mortalità, confrontando la coorte degli aderenti allo screening con quella dei non aderenti.

 

Metodi

A fine 2004 nella ULSS 4 Alto Vicentino è stato avviato un programma di screening basato su un test FIT per la ricerca del sangue occulto fecale, proposto con cadenza biennale ai circa 45.000 residenti di età 50-69 anni. È stato usato il test di agglutinazione al lattice OC-Sensor Micro (Eiken, Tokyo, Japan) con un cut-off di positività pari a 100 ng Hb/ml.

 

Già a fine 2005 il programma ha raggiunto un’estensione effettiva dell’82,4% (3) e alti tassi di adesione (80,5% nel 2005) (3) che si sono mantenuti tali anche negli anni successivi (77,8% nel 2012) (4).

 

Poiché la popolazione residente nell’ULSS 4 non è coperta dalla registrazione del Registro Tumori del Veneto, è stato realizzato un Registro di patologia del CCR a partire da una serie di possibili casi incidenti (pazienti con ricovero con codici di diagnosi di dimissione o degli interventi effettuati sospetti per CCR), che sono stati verificati attraverso la consultazione di diverse fonti (archivi di anatomia patologica, cartelle cliniche oncologiche, fascicolo sanitario elettronico, archivio di screening).

 

Per il calcolo dei tassi di incidenza sulla popolazione residente, sono stati considerati i residenti nella ULSS 4 di età compresa tra i 50-69 anni, mentre per il calcolo dei tassi di mortalità i residenti nella fascia d’età 50-74 anni.

 

Per il confronto dell’impatto dello screening tra soggetti sottoposti a screening e non, dall’archivio del software gestionale del programma di screening sono state estratte tutte le persone invitate allo screening dal 1° dicembre 2004 al 31 dicembre 2012. La popolazione residente è stata classificata come aderente o non aderente in funzione dell’aver eseguito o meno almeno un test di screening nel periodo di studio.

 

Per ogni soggetto è stato accertato lo stato in vita e, se deceduto, è stata acquisita la data e la causa di morte dal Registro regionale di mortalità.

 

Per ciascun soggetto l’inizio del follow up ha coinciso con la data del primo invito allo screening; i soggetti hanno contribuito al calcolo degli anni-persona fino alla prima delle seguenti evenienze: diagnosi di CCR, morte, emigrazione, compimento del 70esimo anno di età o fine del follow up (31 dicembre 2012).

 

Negli otto anni considerati sono stati attivati quattro round di screening; pertanto, per i soggetti che non avevano aderito al primo invito, ma a uno dei round successivi, gli anni-persona precedenti il primo test eseguito sono stati attribuiti alla coorte dei non aderenti, mentre quelli successivi al test di screening alla coorte degli aderenti, per evitare di incorrere nell’immortality bias (5). Per la classificazione dei casi diagnosticati nell’ambito del programma di screening (screen detected) è stato consultato il software gestionale di screening.

 

Sono stati inoltre definiti come screen detected i CCR diagnosticati entro tre mesi dall’esecuzione di un test di screening. Sono stati calcolati i tassi di incidenza e mortalità causa-specifici nella popolazione residente e i relativi APC (annual percent change, con IC95%).

 

Sono state, inoltre, confrontate l’incidenza e l’incidence based mortality tra la coorte degli aderenti e quella dei non aderenti allo screening. A tale scopo sono state costruite le curve di Kaplan Meier e sono stati stimati gli hazard ratio (HR) e i loro intervalli di confidenza al 95% (IC95%) con il modello di regressione multivariata di Cox. Gli HR sono stati aggiustati per età e sesso. Le analisi statistiche sono state effettuate con Stata 10.0.

 

Risultati

Complessivamente, nei residenti dell’ULSS 4 di età compresa tra 50 e 69 anni tra il 2005 e il 2012 sono stati diagnosticati 408 casi di CCR.

 

In tale periodo il tasso di incidenza di CCR si è ridotto da 125,2 per 100.000 (95% IC 91,8-158,6) a 63,6 per 100.000 (95% IC 40,4-86,7), con una riduzione annuale media superiore all’8% (APC-8,5; IC 95% da -13,3 a -3,4). I tassi di mortalità specifici per CCR nei residenti 50-74enni sono scesi da 52,6 per 100.000 (95% IC 32,4-72,8) nel 2001 a 30,7 per 100.000 (95% IC 16,1-45,3) nel 2012 (APC-2,53; IC 95% da -5,67 a 0,72).

 

Lo studio di coorte ha riguardato 61.820 soggetti, con un follow up medio di 5,6 anni (Tabella). Di questi, 10.972 soggetti (17,7%) non hanno mai aderito agli inviti del programma, mentre 50.848 (82,3%) hanno eseguito almeno un test di screening. Dei 367 CCR incidenti successivamente alla data del primo invito allo screening, l’81,7% (n. 300) si è verificato tra i soggetti che hanno aderito allo screening, il 75,3% dei quali screen detected (n. 226).

 

Complessivamente, il 35,7% (131 casi) dei CCR alla diagnosi era in stadio I e il 10,4% in stadio IV. Nella coorte degli aderenti la maggior parte delle neoplasie era in stadio I (41,3%; 46% per i tumori screen detected), mentre tra i non aderenti i casi in stadio I erano il 10,4% e più della metà dei casi (55,3%) si presentava in stadio III o IV.

 

Tra gli aderenti allo screening, l’incidenza cumulativa mostra un andamento a gradini (Figura), con un incremento del tasso negli anni pari di follow up, corrispondenti agli anni di ripetizione dei test di screening, che avvengono con cadenza biennale, alternati ad anni con una crescita dei tassi molto limitata, derivante dai soli cancri di intervallo, diagnosticati nei 2 anni successivi agli episodi di screening negativi.

 

L’incidenza cumulativa negli aderenti è superiore a quella nei non aderenti fino al 6° anno di screening, poi le curve si incrociano con valori più elevati in questi ultimi (likelihood score test: p = 0,03). Il modello di Cox, aggiustato per sesso ed età, evidenzia un eccesso del 28% del rischio di diagnosi di CCR nella coorte degli aderenti (HR 1,28; IC 95% 0,98-1,68). Il rischio, inoltre, aumenta con l’età ed è maggiore nel sesso maschile, con una riduzione per le femmine del 44%.

 

L’incidence based mortality mostra valori sovrapponibili tra le due coorti fino al secondo anno di follow up, a cui fa seguito una forbice che si allarga progressivamente (Figura). La differenza tra le due curve diventa statisticamente significativa a partire circa dal 5° anno di follow up. I non aderenti mostrano un eccesso significativo del rischio di morire circa 3 volte superiore rispetto agli aderenti, tenuto conto delle differenze per sesso ed età (HR 2,99; IC 95% 1,83-4,87). Rispetto alla classe d’età di riferimento (50-54 anni) il rischio aumenta con l’età, mentre nelle femmine il rischio è inferiore del 38% rispetto ai maschi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Discussione

Nell’arco di 8 anni dall’avvio del programma di screening abbiamo osservato un dimezzamento dei tassi di incidenza e una progressiva riduzione della mortalità. Il trend in riduzione di entrambi gli indicatori non era ancora stabilizzato a fine studio, per cui è possibile che l’impatto dello screening sia maggiore rispetto a quello osservato.

 

Diversamente dai trial storici basati sul test al guaiaco, che avevano riportato evidenze contrastanti in termini di riduzione dell’incidenza, con assenza di alcun effetto o con riduzioni che si manifestavano in tempi superiori a 10 anni di follow up (2), abbiamo osservato un calo precoce dell’incidenza, a partire già dal sesto anno dall’avvio del programma. Questo dato è in linea con diversi studi di coorte basati sul FIT (6-8).

 

La nostra analisi di coorte mostra un aumento iniziale dell’incidenza del CCR negli aderenti allo screening, dovuto all’anticipo diagnostico di lesioni che altrimenti sarebbero comparse successivamente; tuttavia nel giro di pochi anni si evidenzia l’effetto di riduzione dell’incidenza associato alla bonifica di grandi numeri di lesioni pretumorali nella popolazione sottoposta a screening.

 

Nonostante l’analisi di Cox abbia evidenziato un eccesso di rischio di CCR tra gli aderenti, questo risultato è legato all’aumento di incidenza che si osserva tra gli aderenti nei primi anni di avvio del programma di screening. Il significato di questo risultato tuttavia è molto limitato, poiché, come già dimostrato (6), disponendo di un maggior numero di anni di follow up ci si attende che il rapporto tra i rischi si inverta grazie alla riduzione di incidenza di CCR nei soggetti sottoposti a screening negli anni successivi all’avvio del programma.

 

Già dopo 6 anni dall’avvio dello screening si osserva una riduzione significativa della mortalità per CCR nelle persone che hanno scelto di aderire allo screening. L’eccesso di mortalità nei non aderenti può essere spiegato sia con una migliore prognosi dei casi screen detected, attribuibile alla migliore distribuzione per stadio alla diagnosi rispetto ai tumori diagnosticati al di fuori del programma di screening, sia, con effetto nel medio-lungo termine, con una riduzione dell’incidenza di casi tra gli screenati. Il limite principale di questo studio è rappresentato dalla mancanza di un gruppo di confronto randomizzato. Le due coorti aderenti e non aderenti allo screening potrebbero infatti essere differenti tra loro per una serie di fattori che potrebbero confondere le associazioni osservate tra esperienza di screening, incidenza e mortalità da CCR.

 

Per quanto riguarda l’incidenza, non sono purtroppo disponibili dati individuali su fattori associati a un aumento del rischio di CCR. Peraltro, mentre i fattori con un rischio relativo elevato (ad esempio, sindrome di Lynch, poliposi familiare, ecc.) sono poco numerosi e hanno una frazione attribuibile limitata, per la maggior parte dei fattori di rischio noti, di difficile rilevazione a partire da fonti di dati routinarie, il rischio relativo è basso.

 

Per quanto riguarda la mortalità, nonostante il ricorso all’analisi dell’incidence based mortality, è possibile che una parte dell’eccesso osservato tra i non aderenti sia dovuto a fattori non rilevati dallo studio, quali la mancanza di percorsi diagnostici e terapeutici prestabiliti (previsti dagli screening), con possibili ritardi ed inefficienze. Tuttavia, dal momento che la presa in carico dei pazienti per la definizione della diagnosi e della terapia è parte integrante dei programmi di screening, il dato osservato riflette l’impatto dello screening nella sua interezza.

 

I nostri risultati confermano le grandi potenzialità dello screening colorettale e sono riconducibili essenzialmente a tre fattori: l’estensione degli inviti ottimale, che ha raggiunto costantemente tutta la popolazione target; l’adesione all’invito estremamente elevata sia al test di primo livello (mai scesa sotto il 75% degli invitati) che alla colonscopia di approfondimento tra i soggetti positivi al FIT; l’utilizzo di un test immunologico, che ha una performance nettamente superiore rispetto al guaiaco utilizzato nei trial storici.

 

 

Dichiarazione sui conflitti di interesse

Gli autori dichiarano che non esiste alcun potenziale conflitto di interesse o alcuna relazione di natura finanziaria o personale con persone o con organizzazioni che possano influenzare in modo inappropriato lo svolgimento e i risultati di questo lavoro.

 

Riferimenti bibliografici

1. Hewitson P, Glasziou P, Watson E, et al. Cochrane systematic review of colorectal cancer screening using the fecal occult blood test (hemoccult): an update. Am J Gastroenterol 2008;103(6):1541-9.

2. Segnan N, Patnick J, von Karsa L (Ed.). European guidelines for quality assurance in colorectal cancer screening and diagnosis. 1st edition. Luxembourg: Publications Office of the European Union; 2010.

3. Zorzi M, Fedato C, Cogo C, Vettorazzi M (Ed.). I programmi di screening oncologici del Veneto. Rapporto 2005. Padova: CLEUP; 2007.

4. Zorzi M, Fedato C, Cogo C, Baracco S, Da Re F (Ed.). I programmi di screening oncologici del Veneto. Rapporto 2011-2012. Padova: CLEUP; 2013.

5. Suissa S. Immortal time bias in pharmaco-epidemiology. Am J Epidemiol 2008;167(4):492-9.

6. Ventura L, Mantellini P, Grazzini G, et al. The impact of immunochemical faecal occult blood testing on colorectal cancer incidence. Dig Liver Dis 2014;46(1):82-6.

7. Zorzi M, Fedeli U, Schievano E, et al. Impact on colorectal cancer mortality of screening programmes based on the faecal immunochemical test. Gut 2015;64(5):784-90.

8. Giorgi Rossi P, Vicentini M, Sacchettini C, et al. Impact of Screening Program on Incidence of Colorectal Cancer: A Cohort Study in Italy. Am J Gastroenterol 2015;110(9):1359-66.