Valutazione di un triennio di attività di screening per la depressione post partum nei servizi vaccinali della ASL di Rieti
Maria Margherita Sbarbatia , Anna Mosser Incellib, Chantal Febbraioc, Veronica Coltellab, Giovanni Leurattib, Patrizia Giammariab, Luisa Rinaldib, Antonella Beccarinib, Pasqualina Scacciafrattea, Stefano Marcia, Elisabetta Renzib, Alessandra Morocchib, Katia Pulcinib, Ilaria Pezzottib, Giulia Mastrantoniob, Cinzia Nullia, Maria Ada Patacchiolaa, Elena Battistia, Maria Giuseppina Troianoa, Attilio Mozzettib
b Nucleo Operativo Cure Primarie, Consultorio Familiare, ASL di Rieti
c Sistemi Informativi Sanitari e Statistica Sanitaria, ASL di Rieti
d Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze Patologiche, ASL di Rieti
Citare come segue: Sbarbati MM, Mosser Incelli A, Febbraio C, Coltella V, Leuratti G, Giammaria P, Rinaldi L, Beccarin A, Scacciafrette P, Marci S, Renzi E, Morocchi A, Pulcini K, Pezzotti I, Mastrantonio G, Nulli C, Patacchiola MA, Battisti E, Troiano MG, Mozzetti A. Valutazione di un triennio di attività di screening per la depressione post partum nei servizi vaccinali della ASL di Rieti. Boll Epidemiol Naz 2021;2(1):28-33. DOI: https://doi.org/10.53225/BEN_012
Post partum depression screening: an evaluation of three years of activity of the local health unit vaccination centres of Rieti (Latium, Italy)
Introduction
Postpartum Depression (PPD) is a depressive disorder that causes signifi cant distress or impairment on diff erent levels in the individual's life and their families. The purpose of this project was to implement a PPDscreening program on the occasion of newborn babies fi rst vaccination.
Materials and methods
Women were recruited in several outpatient pediatric vaccination centres in the Local Health Unit of Rieti, where they fi lled in the Edinburgh Postnatal Depression Scale (EPDS) between April 1st, 2016 and 31st December, 2018. Those who screened positive for depression were invited to a clinical interview with a psychologist, who off ered a further psychiatric evaluation if needed.
Results
Out of 1,542 screened women (55.3%) with a mean age of 33.2 years, 109 (7.0%) had a positive EPDS result. 11.2% of the mothers who have been screened positive were foreigner. 106 positive women were reached by phone by a psychologist and subsequently invited to a clinical interview. Five of them were addressed to a psychiatric evaluation in the same Local Health Unit. Foreign women have a signifi cantly increased risk of resulting positive to the test.
Conclusions
The main strength of our study was the feasibility of a postnatal depression screening program in a real world setting. Language barriers were an issue with non-Italian women, these could be overcome by involving cultural mediators.
Key words: vaccination; screening post partum; depression
Introduzione
La depressione post partum (DPP) è la più frequente complicanza psichica della donna nel periodo perinatale, momento connotato da una maggiore vulnerabilità sia per il presentarsi di un primo episodio depressivo che per una ripresentazione di tale condizione in futuro. Gli studi epidemiologici evidenziano, nel mondo occidentale, una prevalenza dei disturbi depressivi maggiori intorno al 5% nei primi tre mesi dopo il parto, che sale al 13% se si comprendono anche i disturbi depressivi minori (1, 2). Una prevalenza maggiore si riscontra nelle donne che vivono in condizioni socioeconomiche disagiate, appartenenti a etnie minoritarie (3) e tra le primipare adolescenti (4). C’è comunque variabilità tra le frequenze stimate per aspetti territoriali e culturali, per ragioni metodologiche riguardanti la scelta del campione, il tempo intercorso fra il parto e la rilevazione della presenza di sintomatologia depressiva, lo strumento di screening e/o il valore soglia utilizzati, la tendenza ad attribuire un valore diagnostico ai risultati degli screening.
Le evidenze dimostrano che il riconoscimento precoce, la presa in carico e il trattamento dei disturbi psichici in epoca perinatale possono modificare gli esiti di salute della madre, del neonato e del nucleo familiare (5). La DPP, se trattata, ha una prognosi tendenzialmente favorevole, se non trattata, invece, ha un rischio significativo di diventare cronica: circa un terzo delle donne ne è ancora affetta a un anno dal parto e il rischio di ricorrenze depressive successive o indipendenti da nuove gravidanze risulta elevato e pari al 40% (6).
Nei Paesi economicamente avanzati il suicidio rappresenta un'importante causa di morte tra le madri nel primo anno di vita del bambino. In Italia, nel periodo 2006-2012, 67 delle 549 morti materne in dieci Regioni oggetto del rilevamento del sistema di sorveglianza della mortalità materna dell'Istituto Superiore di Sanità (Italian Obstetric Surveillance System) sono state attribuite a suicidio (7). Nel bambino, la depressione perinatale ha un impatto importante sullo sviluppo emotivo e cognitivo, in particolare nel suo primo anno di vita (8).
La valutazione dello stato di salute psichica della donna è divenuta quindi un momento fondamentale dell'assistenza. Nella comune pratica clinica però la DPP sfugge per lo più all’attenzione dei clinici e meno del 50% delle donne che soffre di tale disturbo chiede aiuto e sostegno (2).
Il test di screening per individuare le situazioni a rischio di DPP, più utilizzato a livello internazionale, è l’Edinburgh Postnatal Depression Scale (EPDS) (9) validato sia per il periodo della gravidanza che per quello successivo al parto. Un punteggio positivo al test è solo indicativo del rischio di depressione e non sostituisce la diagnosi clinica. È necessario avvalersi di un colloquio clinico con uno specialista psichiatra per formulare una diagnosi e individuare, se necessario, il trattamento opportuno.
L'EPDS è di semplice e breve esecuzione, facile comprensione, valutabile da qualsiasi operatore sanitario addestrato e generalmente ben accettato dalle donne (9). Tale screening può, inoltre, essere svolto con modalità opportunistiche, senza inviti specifici, ma approfittando delle occasioni di contatto già previste per altri scopi.
Gli appuntamenti per le vaccinazioni del bambino offrono un’opportunità importante per incontrare le madri: a partire dal terzo mese dopo la nascita la quasi totalità delle madri porta il bambino a vaccinarsi. Il calendario vaccinale nel primo anno di vita prevede successivamente almeno quattro appuntamenti a distanza ravvicinata e successivi appuntamenti nell’11° e nel 13° mese. Pertanto queste occasioni permettono incontri ripetuti in cui offrire lo screening. Nella ASL di Rieti l’adesione alle vaccinazioni può considerarsi soddisfacente, con una prevalenza di non adesione inferiore al 5% per gli anni considerati nello studio (aprile 2016-2018).
I presidi vaccinali sono distribuiti in 2 Distretti: il Distretto 1, di Rieti-Antrodoco-Sant’Elpidio, più popolato, (95.415 abitanti - fonte dati Istat 2017) con 5 presidi vaccinali; mentre il Distretto 2, Salario-Mirtense (62.995 abitanti - fonte dati Istat 2017), comprende 4 presidi vaccinali. Quest’ultimo si caratterizza per una più alta natalità rispetto al Distretto 1 (coorte di nascita: 508 bambini vs 633 bambini, rispettivamente) e una maggior dinamicità riguardo ai flussi sia immigratori che emigratori. Il territorio è caratterizzato da una rilevante presenza di cittadini stranieri (8,7% della popolazione così distribuita: D1 = 6,5% e D2 = 11,7%), in prevalenza donne. Le comunità straniere più numerose provengono dalla Romania (37,9% di tutti gli stranieri presenti sul territorio), dall'Albania (5,9%) e dalla Repubblica di Macedonia (5,3%).
Lo studio riporta i risultati ottenuti da uno screening per la DPP effettuato all’interno degli ambulatori vaccinali, ove vi è la possibilità di reclutare le donne nei mesi successivi al parto fino al 13° mese di vita del bambino, con l’obiettivo di stimare la frequenza del rischio di disturbo depressivo nella ASL di Rieti e di individuare le caratteristiche associate a una più elevata positività allo screening, analizzando eventuali differenze rispetto alla localizzazione e ad alcuni fattori sociodemografici.
Materiali e metodi
Lo screening per la DPP, iniziato nell’aprile 2016 e conclusosi nel 2018, si è rivolto a tutte le madri afferenti consecutivamente in ciascuno dei 9 centri vaccinali della ASL di Rieti per la prima vaccinazione del figlio (nel terzo mese di vita).
Lo screening è stato organizzato e gestito dalle psicologhe del Consultorio familiare e ha coinvolto ostetriche, ginecologi, assistenti sociali territoriali, professionisti sanitari del Consultorio pediatrico (pediatri, igienisti, assistenti sanitari, infermieri) per la chiamata attiva dei bambini e la consegna del questionario da compilare, professionisti del Dipartimento di Salute Mentale per i casi che necessitavano di una conferma diagnostica e di una valutazione per terapie farmacologiche.
Tutte le madri hanno ricevuto dagli operatori sanitari addetti alle vaccinazioni la nota informativa sullo studio e compilato e firmato il modulo di consenso informato.
Come strumento di screening è stato utilizzato il questionario EPDS autosomministrato, nella versione italiana a 10 item (9), con 4 modalità di risposta e punteggi da 0 a 3; il punteggio totale è compreso tra 1 e 30. Tutte le donne che avevano ottenuto un punteggio ≥12 (10) venivano contattate entro 48 ore dalle psicologhe per un primo colloquio telefonico o clinico, sulla base del quale, in presenza di una sintomatologia depressiva grave, veniva proposto un appuntamento per una visita con una psichiatra della ASL, per completare la procedura diagnostica e il trattamento.
L’analisi dei dati prevede la stima della partecipazione allo screening definita come il numero di donne sottoposte a screening sul totale dei bambini vaccinati e della prevalenza del rischio di DPP definita come il numero di madri positive al test EPDS sul totale delle madri sottoposte a screening nel periodo in studio. I dati sono stati raccolti in un database e oltre alle risposte al questionario sono state riportate alcune variabili sociodemografiche delle partecipanti, quali età e cittadinanza della madre, età del bambino al momento dello screening, luogo di nascita e di residenza. Per valutare eventuali associazioni significative con la positività al test EPDS è stato utilizzato il test del χ2.
Risultati
Nel triennio 2016-2018 hanno partecipato allo screening 1.546 donne, pari al 55,5% delle 2.786 donne che nei tre anni hanno portato a vaccinare, per la prima dose di vaccino, i propri bambini. La partecipazione ha avuto una flessione nel periodo preso in esame, dal 65,5% del 2016 al 49,0% del 2018 (Tabella 1).
Le caratteristiche demografiche delle donne che hanno partecipato allo screening e dei loro bambini sono riportate in Tabella 2.
Per quanto riguarda le variabili sociodemografiche considerate si è evidenziato che il 15,3% delle madri che ha compilato il questionario era di nazionalità straniera (41,7% proveniente da Paesi dell’Europa dell’Est, 11,5% dall'America meridionale, 9% da Asia e Africa), con età media 32,0 anni DS ±5,5 anni. L’età media delle donne italiane è risultata 33,4 anni, DS ±5,3 anni.
Di tutte le donne partecipanti allo screening, 62 (4,0%) non hanno compilato il questionario o lo hanno compilato parzialmente. Delle restanti 1.484 donne che hanno compilato interamente il questionario, 109 (7,3%) sono risultate positive al test EPDS avendo raggiunto un punteggio pari o superiore al valore soglia di 12. Le prevalenze stimate nei 3 anni sono state rispettivamente dell’8,4% nel 2016, 7,3% nel 2017 e 6,1% nel 2018 (Tabella 3).
Tra le 109 donne positive al test EPDS, 106 madri sono state contattate telefonicamente dalle psicologhe entro 48 ore e 3 sono risultate non reperibili. Per 76 donne si è ritenuto sufficiente il solo colloquio telefonico, in quanto non si è confermata la presenza di sintomatologia depressiva o perché esse stesse hanno preferito limitarsi al solo colloquio telefonico, 30 donne sono state invitate a un colloquio clinico con la psicologa del servizio in quanto emergeva un maggior rischio di depressione. Di queste 30 donne, 22 hanno proseguito l’iter diagnostico-terapeutico effettuando un colloquio con le psicologhe del Consultorio familiare, 5 sono state indirizzate presso il Dipartimento di Salute Mentale della ASL, 3 hanno rifiutato di proseguire il percorso indicato.
Tra tutte le madri italiane, la prevalenza di positività al test EPDS è stata del 6,6% (IC 95%: 5,3- 8,2) e tra le straniere dell’11,2% (IC 95%: 7,3-16,1). È stata osservata una prevalenza di positività al test EPDS differente tra i diversi centri vaccinali, con un range tra il 6,2% e il 9,2%, sebbene tale differenza non risulti statisticamente significativa.
Non sono evidenziate differenze significative tra l’età materna e la positività al test EPDS (χ2 = 4,83 p = 0,3), né riguardo alla sede del centro vaccinale (χ2 = 2,11 p = 0,7), né al tempo intercorso dal momento del parto (entro i 3 mesi o successivamente: χ2 = 0,03 p = 0,86); un rischio significativamente più elevato di sviluppare DPP è stato evidenziato nel gruppo di madri straniere (χ2 = 5,56 p<0,02).
Discussione e conclusioni
L’indagine ha confermato che i centri vaccinali possono rappresentare un buon setting per condurre uno screening per la DDP, avendo come principale punto di forza la possibilità di reclutare un numero significativo di madri di una coorte di neonati, in un ambiente omogeneo che copre quasi il 95% delle residenti nel territorio.
Inoltre, la sinergia tra i diversi servizi sanitari, Centro pediatrico, Consultorio familiare e Dipartimento di Salute Mentale, si è dimostrata efficace, senza comportare ulteriori costi per il servizio sanitario.
La maggior parte delle donne cui è stato consegnato il questionario si è sottoposta volentieri al test e solo una percentuale minima ha restituito il questionario non compilato.
Si è altresì osservato che in media, nei tre anni, rispetto alle prime dosi del vaccino esavalente effettuate, una percentuale consistente di madri (47%) non ha partecipato al test di screening.
Questa adesione non ottimale può essere motivata dal sovraffollamento dei centri vaccinali che ha caratterizzato il periodo in studio. Si è assistito, infatti, a una progressiva riduzione nei tre anni delle schede raccolte (dal 65,5% nel 2016 al 49,0% nel 2018), evidente soprattutto nel Distretto 2 cui afferisce il 40% della popolazione infantile. In tale Distretto vi è un maggior turnover di personale negli ambulatori vaccinali con frequente impiego di personale provvisorio (assistenti sanitari e infermieri) non sufficientemente formato per promuovere la partecipazione allo screening. La differente dotazione di risorse umane nelle varie aree territoriali ha quindi determinato una crescente incostanza e disomogeneità tra presidi nella distribuzione dei questionari, ottenendo una diversa partecipazione media e conseguente copertura dello screening che è stata del 58,8% nel Distretto 1 e del 50,0% nel Distretto 2.
Le differenze sono state, inoltre, accentuate anche dall’introduzione della Legge 119/2017 (12) che ha portato all’estensione dell'obbligo vaccinale, con percorsi accelerati per le famiglie di bambini non ancora in regola con le vaccinazioni obbligatorie per recuperare e mantenere livelli di copertura ottimali. Queste nuove disposizioni hanno determinato un notevole aumento dei carichi di lavoro dei centri vaccinali che già operavano in sofferenza. L’adesione allo screening si è anche per questo presumibilmente ridotta e ciò ha influito in particolare sul coinvolgimento delle madri straniere che richiedono maggior assistenza nella compilazione.
La prevalenza del rischio di sintomatologia depressiva valutata con la nostra indagine è risultata essere del 7%, in linea con i risultati riportati in un precedente studio che utilizzava la stessa metodologia in un periodo compreso tra la 6a e la 12a settimana dopo il parto (13) e con quanto riscontrato in lavori simili condotti in Italia (14). Rispetto ad altre indagini internazionali invece (1, 2) la prevalenza della positività è risultata più bassa. Tale riscontro potrebbe essere almeno parzialmente motivato dalle caratteristiche territoriali e socio-culturali della provincia, in cui le donne risiedono per la maggior parte in piccoli Comuni, dove è molto più disponibile l’aiuto da parte di parenti, amici e vicini di casa.
Inoltre, si è osservato che le madri positive hanno preferito nella maggior parte dei casi essere seguite presso il Consultorio familiare piuttosto che proseguire l’iter dallo specialista psichiatra presso il Dipartimento di Salute Mentale, forse perché ritenevano il Consultorio più rassicurante e/o per paura di stigmatizzazioni.
Una criticità da non sottovalutare ha riguardato la difficoltà di coinvolgere le madri straniere, che rappresentano un gruppo che si è dimostrato significativamente a maggior rischio, anche per problematiche linguistiche che ci auguriamo di riuscire a superare in futuro, avvalendoci dell’aiuto di associazioni locali di volontariato.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno
Finanziamenti: nessuno.
Authorship: tutti gli autori hanno contribuito in modo signifi cativo alla realizzazione di questo studio nella forma sottomessa.
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