L’attività del Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita (PMA): il quadro epidemiologico della PMA in Italia dal 2005 al 2021
Fabiola Fedele, Roberto De Luca, Roberta Spoletini, Simone Bolli, Vincenzo Vigiliano, Lucia Speziale, Anna Bertini, Monica Mazzola, Giulia Scaravelli
Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita, Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma
Citare come segue: Fedele F, De Luca R, Spoletini R, Bolli S, Vigiliano V, Speziale L, Bertini A, Mazzola M, Scaravelli G. L’attività del Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita (PMA): il quadro epidemiologico della PMA in Italia dal 2005 al 2021. Boll Epidemiol Naz 2023;4(3):1-11. DOI: https://doi.org/10.53225/BEN_069
The activities of the Italian Assisted Reproductive Techniques (ART) Register: the epidemiological picture of ART in Italy since 2005 to 2021
Introduction
The decree of the Minister of Health of October 7, 2005 established the Italian Assisted Reproductive Technology (ART) Register at the National Institute of Health in Italy. As a health surveillance system in the field of ART, the Register outlines the epidemiological picture of the assisted reproduction activity in our country, monitoring: the accessibility to services, the effectiveness of techniques and safety of their application, and the quality of the data collection system.
Materials and methods
The data collection of the Italian National ART Register has been required by law since 2005. It is carried out through the website www.iss.it/rpma, electronically, in aggregate and retrospectively, and collects information on over 1,400 variables describing the phenomenon in our country. The website is a service available to ART Centres, citizens, Regions and institutions.
Results
Since 2006, the Register has achieved 100% data coverage of all active ART Centres in Italy, all performed ART cycles and pregnancies obtained by the application of these techniques.
Discussion and conslusions
Over the period 2005-2021, the Register has monitored the application of ART techniques in our country, detected the impact of subsequent legislative changes, and outlined the scientific and technological progress achieved. Thanks to a project funded by the Italian Ministry of Health, it has also been possible to collect ART treatment procedures cycle-by-cycle, thus assess, and demonstrate the benefits of this type of data collection. The desirable transition to a nationwide cycle-by-cycle data collection would provide elements to implement evaluations and comparisons and improve levels of care, ensuring maximum effectiveness and safety of the ART treatments.
Key words: register; assisted reproductive technology; infertility
Introduzione
Ancora prima della promulgazione della Legge 40/2004 (1) che ha regolamentato l’applicazione delle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) in Italia, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), riconoscendo l’importanza della valutazione epidemiologica del fenomeno e la necessità di produrre dati nazionali rispetto all’applicazione delle tecniche di PMA sul territorio, già dal 2003 raccoglieva su base volontaria i dati sui trattamenti eseguiti nel nostro Paese.
I ricercatori dell’ISS hanno iniziato così un percorso di collaborazione, studio e consultazione con i principali esperti dei registri europei già esistenti, mettendo a punto una rete professionale e predisponendo un sito web dedicato, operativo già dal 2005, che sarebbe divenuto lo strumento operativo del futuro Registro Nazionale PMA.
Il Registro è stato istituito presso l’ISS con Decreto del Ministro della Salute del 7 ottobre 2005 (2), in attuazione a quanto previsto dall’articolo 11 comma 1 della Legge 40/2004 (1) e trova la sua collocazione all’interno del Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute, configurandosi come centro operativo per gli adempimenti della Legge 40/2004 con autonomia scientifica e operativa. Ogni anno l’ISS, entro il 28 febbraio, fornisce al Ministro della Salute una relazione che illustra l’attività dei centri di PMA presenti sul territorio e che valuta, sotto il profilo epidemiologico, la sicurezza e l’efficacia delle tecniche utilizzate e degli interventi effettuati.
Il Ministro, entro il 30 giugno di ogni anno, relaziona al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge 40/2004.
Ministero della Salute e Registro Nazionale PMA si occupano di emanare e aggiornare periodicamente le linee guida, vincolanti per i centri, che riportano indicazione di procedure e tecniche di PMA in rapporto all’evoluzione tecnico-scientifica (3). Come indicato nel decreto istitutivo (2), la finalità principale del Registro è quella di «censire le strutture operanti sul territorio nazionale e consentire la trasparenza e la pubblicità delle tecniche di PMA adottate e dei risultati conseguiti». Infatti il Registro, in collaborazione con le Regioni che autorizzano i centri presenti sul territorio, controlla, mantiene e aggiorna la documentazione autorizzativa che consente l’iscrizione al Registro stesso. Inoltre, recepisce istanze, informazioni, suggerimenti, proposte delle società scientifiche e degli utenti, diffonde le informazioni necessarie al fine di consentire la trasparenza e la pubblicità delle tecniche di PMA adottate e dei risultati conseguiti.
Il Registro raccoglie i dati delle strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche di PMA, degli embrioni formati e dei bambini nati vivi. In Italia, le tecniche di PMA vengono effettuate in centri specializzati che, in base alla complessità e alle diverse applicazioni delle tecniche offerte, vengono identificati in centri di I livello e centri di II e III livello. I centri di I livello sono strutture in cui vengono applicate solamente procedure di inseminazione intrauterina semplice (IntraUterine Insemination, IUI) e offrono la tecnica di crioconservazione dei gameti maschili. I centri di II e III livello, oltre alle tecniche di IUI, usano metodologie più sofisticate con protocolli di fertilizzazione in vitro, tecniche di prelievo chirurgico di spermatozoi e di crioconservazione dei gameti maschili, femminili e di embrioni.
Il Registro è funzionalmente collegato con il Registro europeo delle tecniche di riproduzione assistita (European IVF Monitoring – EIM – Consortium), che raccoglie i dati dei Registri di altri 36 Paesi europei, e con il Registro mondiale ICMART (International Committee Monitoring Assisted Reproductive Technologies) (1).
La creazione del Registro Nazionale PMA ha permesso così di iniziare a delineare il quadro epidemiologico della riproduzione assistita nel nostro Paese, fornendo un panorama completo ed esaustivo di tutta l’attività svolta dai centri PMA operanti sul territorio. Questo permette di effettuare valutazioni e confronti delle diverse realtà regionali, sia sulla efficienza delle tecniche adottate, che sulla diversa fruibilità dei servizi pubblici, privati e privati convenzionati. In particolare, il Registro Nazionale PMA consente di monitorare: l’accessibilità ai servizi, l’efficacia delle tecniche di PMA, la sicurezza della loro applicazione e la qualità del sistema di raccolta dati, fornendo un quadro epidemiologico della PMA in Italia.
Lo scopo di questo articolo è quello di fornire una descrizione della modalità di funzionamento e di raccolta dati del Registro Nazionale PMA nell'analizzare il quadro epidemiologico dell’applicazione delle tecniche di PMA in Italia nel periodo compreso tra il 2005 il 2021.
Materiali e metodi
La raccolta dati del Registro Nazionale PMA è obbligatoria per legge dal 2005 ed è eseguita in forma elettronica, aggregata, retrospettiva tramite il sito web, www.iss.it/rpma, principale strumento operativo del Registro (2).
Le strutture, collegandosi all’area riservata del sito web, con specifiche credenziali, immettono i loro dati in forma aggregata, su schede web che raccolgono informazioni su più di 1.400 variabili che descrivono il fenomeno.
A seconda della tipologia delle tecniche applicate (di I o di II e III livello), i dati vengono inseriti in due schede differenti, la prima riguardante l’applicazione della tecnica di I livello, ossia l’IUI con e senza donazione di gameti e la seconda riguardante altre tecniche di II e III livello, anche con donazione di gameti: la fertilizzazione in vitro con trasferimento dell’embrione o FIVET (Fertilization In Vitro Embryo Transfer), la tecnica di fecondazione che prevede l’iniezione nel citoplasma dell’ovocita di un singolo spermatozoo o ICSI (Intra Cytoplasmatic Sperm Injection), il trasferimento di embrioni crioconservati, FER (Frozen Embryo Replacement), il trasferimento di embrioni ottenuti da ovociti crioconservati, FO (Frozen Oocyte), la tecnica di crioconservazione degli embrioni e degli ovociti. I centri di I livello hanno l’obbligo di compilare solamente la prima scheda, mentre quelli di II e III livello hanno l’obbligo di compilarle entrambe.
Le schede riportano indicazioni sull’accessibilità ai servizi (caratteristiche dei centri, numero di pazienti trattati, migrazione interregionale dei pazienti); sull’efficacia dell’applicazione della tecniche (indicazioni cliniche alla PMA, cicli iniziati e cicli sospesi, numero e tipo di tecniche utilizzate, informazioni relative al prelievo di gameti utilizzati, sul numero di embrioni formati trasferiti e congelati, sui trasferimenti eseguiti e sulle gravidanze ottenute e sui nati); sulla sicurezza dell’applicazione delle tecniche (complicanze, sugli esiti dell’applicazione delle tecniche); sulla qualità della raccolta dati (copertura dei centri e dei cicli e completezza dei dati). Per alcune di queste variabili l’informazione viene poi suddivisa per classe di età delle pazienti, tipo di tecnica utilizzata, genere di gravidanza/parto (singolo, gemellare, trigemino). La raccolta dei dati dell’attività avviene in due momenti diversi che si riferiscono a due differenti flussi di informazioni:
- la prima fase riguarda l’attività svolta e i risultati ottenuti nell’annualità di riferimento (maggio-luglio);
- la seconda fase le informazioni sugli esiti delle gravidanze ottenute da trattamenti di PMA iniziati nell’anno preso in considerazione (ottobre-dicembre).
Un confronto e una riflessione critica sui principali risultati emersi dall’analisi dei dati vengono effettuati annualmente con i consulenti del Registro Nazionale PMA, un panel di esperti nel settore, e con professori esperti in materia rappresentanti dell’EIM per un riscontro con i dati europei.
Per valutare l’efficacia delle tecniche di PMA vengono utilizzati diversi outcome intermedi a seconda dello step del trattamento (stimolazione ovarica, prelievo di ovociti, congelamento e scongelamento di ovociti e/o embrioni, fertilizzazione e successivo trasferimento degli embrioni, gravidanza), ma il vero endpoint del trattamento è la nascita di un bambino sano (4, 5).
Negli ultimi anni, con il miglioramento delle tecniche di congelamento/scongelamento degli embrioni, e la modifica dei protocolli terapeutici utilizzati viene usato a livello internazionale l’indicatore del “tasso cumulato di parto” calcolato ogni 100 prelievi di ovociti, che definisce la probabilità di ottenere un parto per una donna che si sottopone a un ciclo di PMA, avendo anche l’opportunità di effettuare cicli di scongelamento ovocitario e/o embrionario (6-8). Nei Risultati sono presentati i seguenti indicatori per valutare offerta, efficacia e sicurezza della PMA a livello nazionale e regionale:
1) offerta: il numero di cicli iniziati con tecniche di PMA per milione di abitanti, il numero di cicli iniziati con tecniche di PMA per milione di donne in età fertile (15-45 anni) (8, 9) e il numero di bambini nati vivi con tecniche di PMA per mille bambini nati vivi nella popolazione generale (8);
2) efficacia: la percentuale di gravidanze ottenute perse al follow up e la percentuale cumulata di parti ottenuti per prelievi effettuati;
3) sicurezza: la percentuale di parti multipli, il tasso di mortalità neonatale, cioè bambini nati vivi e morti entro il 28° giorno di vita, la percentuale di bambini nati vivi con malformazioni congenite, la percentuale di bambini nati pretermine, cioè nati entro la 37a settimana di gestazione e la percentuale di bambini nati sottopeso, cioè nati con un peso inferiore ai 2.500 grammi.
Risultati
L’adesione dei centri alla raccolta dati del Registro ha raggiunto il 100% già dal secondo anno di attività; quindi, dal 2006 il Registro ottiene una copertura totale dei dati di tutti i centri attivi nel territorio, di tutti i cicli di PMA effettuati e delle gravidanze ottenute dall’applicazione delle tecniche.
In questi 17 anni di attività, il Registro ha raccolto informazioni su 1.089.029 cicli iniziati con tecniche di II e III livello, 223.115 gravidanze ottenute e 169.346 bambini nati vivi.
L’attività di PMA in Italia è quasi triplicata, passando dai 37.257 cicli iniziati nel 2005 ai 92.407 nel 2021. L’applicazione delle tecniche è cambiata nel corso del tempo. A partire dal 2009, anno in cui è stata modificata la Legge 40 con la rimozione del divieto di creare un massimo di tre embrioni e il loro contemporaneo impianto (10), si è assistito a un costante aumento dell’applicazione della tecnica FER, sia in termini assoluti, passando da 508 cicli nel 2008 a 27.204 cicli nel 2021, sia in termini percentuali, dall’1,1% di tutte le tecniche nel 2008 al 29,4% del 2021. Un’altra modifica importante per le coppie infertili italiane è stata la sentenza della Corte Costituzionale del 2014 (11) che ha rimosso il divieto di applicazione delle tecniche di PMA di tipo eterologo, permettendo una rapida diffusione del ricorso alla donazione di gameti sia maschili che femminili anche contemporaneamente: i cicli che prevedono la donazione di gameti sono passati da 2.287 nel 2015 (pari al 3,2% di tutti i cicli) a 13.461 nel 2021 (pari al 14,6%) (12).
Va segnalato che nel 2020 l’attività di PMA di II e III livello ha subito una contrazione del 17,4% a causa della diffusione della pandemia da SARSCoV- 2. Nel corso del 2020, infatti, sono state frequenti le sospensioni delle attività di PMA in relazione all’aumentare dei casi di infezione con ricovero dovuti alla diffusione del virus, che hanno impedito l’attività soprattutto nelle strutture pubbliche (13). Il 2021 si è caratterizzato per una forte ripresa dell’attività di PMA, facendo registrare un incremento del 36% di cicli iniziati rispetto al 2020 e del 12% rispetto al 2019 (12) (Figura 1).
I centri che svolgono attività di PMA in Italia sono ampiamente diffusi con una maggiore presenza nelle Regioni del Nord. In particolare, nel 2021, ultimo anno di rilevazione dei dati, si evidenzia come circa la metà dei centri attivi siano concentrati in quattro Regioni: Campania con 25 centri, pari al 13,5%, Lazio con 24 centri, pari al 13%, Lombardia con 23 centri, pari al 12,4% e Veneto con 18 centri, ovvero il 9,7% del totale. La distribuzione regionale secondo il tipo di servizio offerto dai centri, ovvero di tipo pubblico/privato convenzionato e di tipo privato, fotografa le politiche sanitarie adottate dalle diverse Regioni italiane: nel 2021 la presenza di centri pubblici era maggiore in quasi tutte le Regioni del Nord e del Centro Italia, mentre i centri privati erano presenti in numero maggiore in quasi tutte le Regioni del Sud e nel Lazio (12) (Figura 2A).
Dobbiamo notare come la distribuzione e il numero di centri sul territorio non sempre corrisponda alla numerosità dei cicli che questi eseguono e anche all’offerta di cicli coperti dall’SSN (Figura 1). Tra il 2005 e il 2021 i centri pubblici o privati convenzionati sono sempre stati in numero minore rispetto ai centri privati, dal 48,5% del 2005 al 45,4% del 2021 (Figura 2B); nonostante ciò l’attività di PMA è sempre stata maggiormente a carico del SSN, con quote che vanno dal 66,3% registrato nel 2007 al 57,1% del 2021 (Figura 2B).
In Italia, sia l’indicatore relativo alle donne in età fertile (15-45 anni), che la proporzione di nati vivi sui nati della popolazione generale sono in costante crescita anche se lievemente inferiori alla media dei Paesi europei (8): i cicli per milione di donne in età fertile passano da 2.683 nel 2005 a 9.077 nel 2021, mentre i bambini nati vivi da PMA passano da 7 ogni 1.000 nati vivi nella popolazione generale del 2005 a 38 nel 2021 (Figura 3A, 3B) (12).
Una delle variabili che maggiormente influisce sul buon esito dell’applicazione delle tecniche di fecondazione assistita è l’età della paziente che effettua un trattamento di PMA sottoponendosi a una stimolazione ormonale e al conseguente prelievo di ovociti. L'età media delle donne che ha iniziato un ciclo di PMA con gameti propri è aumentata da 35 anni nel 2005 a 37 anni nel 2021, a causa dell'incremento delle pazienti con età superiore ai 40 anni che passano dal 20,7% al 34,4% e a una corrispondente riduzione della quota di pazienti con meno di 35 anni che passa dal 39,3% al 27,1% (Figura 4) (12).
La quota di pazienti over 40 che inizia un trattamento di PMA con i propri gameti è tra le più alte dei Paesi europei, terza dopo Grecia (45,8%), Serbia (39,6%) e molto più alta rispetto ad altri Paesi come Francia (14,4%), Germania (16,4%), Regno Unito (17,4%) e alla media europea generale che è pari al 21% (8).
Le gravidanze ottenute con l’applicazione delle sole tecniche di PMA di II e III livello che utilizzano i gameti della coppia nel periodo 2005-2021, sono state 204.991, ma nel 12,7% dei casi i centri di PMA non sono riusciti a raccogliere la documentazione sull’esito della gravidanza. Le 178.986 gravidanze che invece sono state monitorate hanno portato a 133.817 parti e a 45.169 esiti negativi (aborti spontanei, terapeutici e gravidanze ectopiche). Il tasso cumulato di parto per prelievi effettuati fornisce l’indicazione circa la probabilità di ottenere un parto per una donna che si sottopone a un ciclo di PMA, avendo anche l’opportunità di effettuare cicli di scongelamento ovocitario e/o embrionario. Questo indicatore, calcolato con i dati aggregati per centro, ci restituisce solo una stima del valore reale, evidenziando il contributo presunto dell’applicazione delle tecniche di scongelamento, che è in continua crescita (Figura 1) e che determina un aumento considerevole dell’indicatore, rispecchiando più fedelmente la realtà dell’applicazione delle tecniche di PMA nel nostro Paese. Di conseguenza, anche il tasso cumulato di parto è in costante crescita, passando da circa 10 parti ogni 100 prelievi di ovociti nel 2005 a 24 nel 2021 (Tabella 1).
Un’altra variabile che influenza la probabilità di ottenere una gravidanza, ma anche il rischio di ottenere una gravidanza (o parto) multipla, è il numero di embrioni che vengono trasferiti in utero; tale scelta viene effettuata in base alle caratteristiche della coppia, al tipo di infertilità diagnosticata, all’età della paziente, alla qualità dei gameti prelevati e degli embrioni sviluppati e anche al numero di trattamenti eseguiti. A seguito dell'eliminazione dell'obbligo di trasferimento di tutti gli embrioni creati fino a un massimo di tre (10), si è assistito a un graduale e marcato cambiamento del numero di embrioni trasferiti in utero con le tecniche di PMA: prima del 2009 più del 45% dei trasferimenti veniva effettuato con tre embrioni, circa il 20% con un solo embrione e la quota restante con due embrioni; dopo il 2009 è avvenuta una graduale e drastica diminuzione dei trasferimenti con tre embrioni (2,9% nel 2021), mentre quelli con un solo embrione rappresentano ormai circa i due terzi di tutti i trasferimenti (66,3% nel 2021).
Come conseguenza di questi cambiamenti il numero medio di embrioni trasferiti per ogni trasferimento si è quasi dimezzato, passando da 2,3 embrioni per trasferimento prima del 2009 a 1,4 embrioni nel 2021 (12).
Il trasferimento di più embrioni può, d’altro canto, determinare l’ottenimento di gravidanze multiple molto rischiose per le madri e di conseguenza di parti multipli anche questi a grande rischio sia materno che neonatale con la possibilità di eventi quali prematurità, morbilità e mortalità perinatale dei bambini.
Come conseguenza di una riduzione del numero di embrioni trasferiti si è assistito a una graduale e significativa riduzione della percentuale di parti multipli che è passata da circa il 23% prima del 2009 al 7,1% del 2021 (Figura 5).
Dal 2005 al 2021 sono nati vivi a seguito dell’applicazione di tecniche di PMA di II-III livello 169.346 bambini. Nel 2005 i bambini nati da PMA rappresentavano il 7‰ di tutte le nascite nazionali, mentre nel 2021 erano pari a 38‰. I dati che il Registro ottiene sui nati risentono della percentuale di gravidanze perse al follow up, cioè della quota di gravidanze di cui non si conosce l’esito, e delle segnalazioni sulle malformazioni che in alcuni casi sono fatte direttamente dalle coppie di genitori e non da professionisti. Nello stesso periodo sono stati registrati 1.452 bambini nati vivi a cui sono state diagnosticate malformazioni alla nascita, per un tasso totale pari a 9‰ e 850 morti neonatali (quest’ultimo indicatore viene raccolto solo a partire dal 2008), per un tasso totale pari a 6 bambini su mille (12). Consideriamo che nella popolazione generale nel 2021 sono stati rilevati 4.486 casi di malformazioni diagnosticate alla nascita per un tasso pari all’11‰ (14), mentre il tasso di mortalità neonatale è stato nel 2020 pari all’1‰ (15).
I bambini nati pretermine e quelli sottopeso alla nascita sono indicatori fortemente correlati alla gemellarità dei parti, rispettivamente 35.045 (207‰) e 36.026 (213‰). I risultati riportati relativi alla salute dei bambini nati, sono indicatori della sicurezza nell’applicazione delle tecniche di PMA. In questi 17 anni di attività del Registro tali risultati hanno evidenziato una costante diminuzione: il tasso di nati vivi con malformazioni è passato dal 16‰ al 6‰, il tasso di mortalità neonatale a 28 giorni da 7‰ nel 2008 a 2‰ nel 2021, il tasso di bambini nati pretermine da 225‰ a 125‰ e il tasso di nati sottopeso da 240‰ a 126‰ (Tabella 2).
Discussione e conclusioni
Nell’intervallo preso in esame l’attività del Registro ha potuto monitorare l’applicazione delle tecniche di PMA, riuscendo a documentare e a evidenziare macro-fenomeni che hanno caratterizzato e caratterizzano l’applicazione di suddette tecniche in Italia. Dal 2005 al 2021, si è potuto osservare un incremento di quasi tre volte dell’attività di PMA svolta dai centri presenti sul territorio, che ha garantito un’offerta sempre maggiore, soprattutto per le donne in età fertile, e un incremento delle nascite di bambini ottenute da queste tecniche, in controtendenza con quanto avviene nella popolazione generale. In questi anni l’offerta, oltre a essere aumentata, si è anche modificata anche grazie alle modifiche della Legge 40/2014. In particolare, queste hanno prima permesso una più ampia applicazione della tecnica FER a partire dal 2009 (10) e poi una rapida diffusione del ricorso alla donazione di gameti maschili e femminili, anche se per la quasi totalità importati da banche estere, a partire dal 2014 (11).
La maggior parte dell’attività di PMA svolta in questi anni è stata sempre effettuata in centri pubblici e privati convenzionati, quindi a carico del SSN, con una lieve diminuzione a partire dal 2020 a causa delle frequenti sospensioni di attività dovute alla pandemia di SARS-CoV-2, che hanno impedito l’attività soprattutto nelle strutture pubbliche (13). Per quanto riguarda l’offerta e l’accessibilità delle procedure di PMA a carico del SSN, rimane comunque un’accentuata disparità a livello regionale, ancor più evidente se si considera il gradiente Nord-Sud, dovuta alla diversa concentrazione sul territorio di centri pubblici e privati convenzionati, maggiormente diffusi nelle Regioni del Nord.
L’età media delle pazienti che iniziano un trattamento di PMA è aumentata di due anni, passando dai 35 del 2005 ai 37 del 2021, principalmente a causa di una quota sempre maggiore di pazienti over 40, percentuale che è tra le più alte dei Paesi europei (8). Difatti, l’Italia è il Paese con l’età media più alta al primo figlio (16) e questo si riflette anche in un accesso ritardato ai trattamenti di PMA.
L’età della donna che si sottopone a un ciclo di PMA è una delle variabili che influisce maggiormente sul buon esito dell’applicazione di tecniche di fecondazione assistita, ma nonostante “l’invecchiamento” delle pazienti si è assistito a un miglioramento dell’efficacia delle tecniche di PMA evidenziato dal progressivo aumento del tasso cumulato di parto ogni 100 prelievi di ovociti effettuati. Una migliore efficacia è dovuta al continuo progresso scientifico sia nel campo strettamente medico sia in quello della tecnologia di laboratorio. Tali progressi hanno anche portato a un utilizzo sempre più frequente delle tecniche di crioconservazione e successivo scongelamento degli ovociti e/o degli embrioni soprannumerari ottenuti, che offrono alle pazienti più chance per il raggiungimento del parto e quindi della nascita di un bambino. Per ultimo, ma non per questo meno importante, è il trend che riguarda la netta diminuzione del numero di embrioni che vengono trasferiti in utero, andamento iniziato a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 151/2009 che ha modificato la Legge 40/2004 con la rimozione del divieto di creare un massimo di tre embrioni e il loro contemporaneo impianto (10). La diminuzione del numero di embrioni che vengono trasferiti ha comportato una contemporanea e proporzionale diminuzione di gravidanze e di parti multipli con un conseguente miglioramento delle condizioni di salute sia materne che neonatali.
La cospicua quantità di dati raccolta, seppure in una modalità aggregata per centro di PMA, evidenzia come nell’intervallo di tempo analizzato, grazie all’istituzione del Registro, sia stato possibile monitorare nel nostro Paese sia l’applicazione delle tecniche di PMA che la rilevazione dell’impatto in tale ambito dei cambiamenti legislativi e del progresso scientifico e tecnologico, permettendo così alle Regioni e alle istituzioni, di avere un quadro maggiormente aggiornato ed esaustivo per poter prendere decisioni coerenti nell’ambito della regolamentazione e delle risorse da destinare alla PMA nel nostro Paese e poter orientare politiche sociali adeguate.
Tuttavia, si deve riconoscere la presenza di alcune limitazioni. Innanzitutto, la tipologia della raccolta dati di tipo retrospettivo e aggregato per centro di PMA. La natura retrospettiva fa sì che il Registro inizi la raccolta di informazioni nell’anno successivo a quello dell’attività oggetto di analisi; inoltre per completare la raccolta dei dati occorre attendere la naturale conclusione delle gravidanze ottenute a seguito dell’applicazione delle procedure di PMA, con un’ulteriore posticipazione temporale nella produzione e nella divulgazione dei risultati.
Il dato aggregato, invece, permette di realizzare analisi epidemiologiche puntuali e temporali limitate a macro-fenomeni della PMA a livello nazionale e/o regionale.
Un altro limite è quello relativo all’ottenimento delle informazioni riguardanti l’esito delle gravidanze ottenute, dovuto essenzialmente alle difficoltà dei centri di PMA, soprattutto nei casi in cui questi non siano dotati di punti nascita nella loro struttura o di personale dedicato, a ricontattare le coppie/pazienti una volta ottenuta la gravidanza al termine del loro percorso. In questi anni l’intenso e costante sforzo, da parte dello staff del Registro, nel sensibilizzare i centri a un maggiore impegno nel reperire le informazioni sull’esito delle gravidanze ha permesso di ridurre nel tempo la percentuale di gravidanze perse al follow up a valori che oscillano tra il 10% e il 12%.
Il potenziamento epidemiologico del sistema di raccolta dati del Registro, realizzabile attraverso il passaggio dall’attuale database formato da “dati aggregati” cumulati per centro di PMA a uno basato sul “ciclo singolo” di trattamento permetterebbe di individuare con maggiore chiarezza eventuali relazioni di causaeffetto, utili a indagare l’efficacia e la sicurezza delle procedure eseguite. Inoltre, renderebbe possibile assolvere più facilmente e in maniera più esaustiva e completa agli innumerevoli compiti del Registro Nazionale PMA, fornendo, come già fa da 17 anni, gli elementi necessari per attuare valutazioni e confronti, e continuare a promuovere così un miglioramento dei livelli di assistenza garantendo massima efficacia e sicurezza nei percorsi di PMA.
Questa nuova modalità di raccolta dati del Registro, basata sul ciclo singolo, è già in fase di sperimentazione grazie a un progetto finanziato dal Ministero della Salute e alle sue successive proroghe* , progetto che vede la partecipazione di 18 centri di PMA, che rappresentano circa il 25% dell’attività svolta in Italia.
In conclusione, nel corso di questi anni, il lavoro svolto per il costante adempimento dei numerosi compiti assegnati per legge al Registro, fra i quali anche garantire la pubblicità dei risultati e la loro disseminazione, effettuati soprattutto attraverso il sito web ha fatto sì che il Registro Nazionale PMA si configurasse come un importante riferimento informativo in Italia nel campo della prevenzione e cura dell’infertilità sia per i cittadini che per gli operatori dei centri e per le istituzioni.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.
Finanziamenti: nessuno.
Authorship: tutti gli autori hanno contribuito in modo significativo alla realizzazione di questo studio nella forma sottomessa.
Riferimenti bibliografici
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(*) Progetto CCM 2015 Azioni Centrali di sorveglianza dati. Implementazione della raccolta dati sui cicli singoli di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) al fine di migliorare l’efficacia del Sistema di Sorveglianza Nazionale/Registro Nazionale PMA.