Disuguaglianze nell’assistenza sanitaria e negli esiti di salute tra cittadini provenienti da Paesi a forte pressione migratoria e cittadini provenienti da Paesi a sviluppo avanzato in Italia nel 2022
Erica Eugeni, Marcello Cuomo, Barbara Giordani, Giorgia Duranti, Elisa Guglielmi, Maria Roberta De Blasiis, Chiara De Marchi, Giovanni Baglio
Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, Roma
Citare come segue: Eugeni E, Cuomo M, Giordani B, Duranti G, Guglielmi E, De Blasiis MR, De Marchi C, Baglio G. Disuguaglianze nell’assistenza sanitaria e negli esiti di salute tra cittadini provenienti da Paesi a forte pressione migratoria e cittadini provenienti da Paesi a sviluppo avanzato in Italia nel 2022. Boll Epidemiol Naz 2024;5(1):1-7. DOI: https://doi.org/10.53225/BEN_081
Inequalities in healthcare and health outcomes between citizens from High Migration Pressure Countries and citizens from Developed Countries in Italy in 2022
Introduction
This article aims to provide an in-depth analysis on inequalities between citizens coming from High Migration Pressure Countries (HMPC) and citizens coming from Developed Countries (DC, which also include Italy) in the use of healthcare services and the subsequent outcomes, in Italy in 2022.
Materials and methods
A stratified analysis was conducted on some pre-existing indicators within the Italian National Outcome Programme (Programma Nazionale Esiti-PNE). This evaluation relies on data from Hospital Discharge Records, provided by Italian acute hospitals, both public and private, as well as on the emergency assistance monitoring system and tax registers (for the ascertainment of the patient's living status after hospitalisation).
Results
The analysis showed that women from HMPC had a significantly lower risk of primary cesarean section (CS) than those from DC (17.0% vs 24.3%; p<0.05), and this evidence concerns almost all the Italian regions. Moreover, a higher risk of readmission within 42 days after delivery through CS was observed among women from HMPC compared with women from DC (1.0% vs 0,8%; p<0.05). Finally, the avoidable hospitalisation rates for urinary tract infections, heart failure, short- and long-term diabetes-related complications and hypertension were higher among people from HMPC than for DC.
Discussion and conclusions
Close attention should be paid to the issue of inappropriateness and its negative health outcomes among vulnerable groups, and healthcare pathways should be implemented to integrate in-patient and out-patient settings. Moreover, in order to improve access to healthcare services, effective strategies may include strengthening proximity public health interventions and changing in healthcare policies.
Key words: migrants; inequalities in health care; outcome research
Introduzione
Nel 2022, secondo i dati Istat risultavano nel nostro Paese 5.030.716 cittadini stranieri (pari all’8,5% sul totale dei residenti), in leggera decrescita rispetto all’anno precedente (8,8% nel 2021). La percentuale di donne era pari al 51%. Nelle Regioni del Nord si concentrava il 59% delle presenze straniere (soprattutto in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto), al Centro il 26% (soprattutto nel Lazio), nel Sud il 10% e nelle Isole il 5%. Per quanto riguarda i Paesi di origine, la maggior parte degli stranieri proveniva da Romania (22%), Marocco (8,4%), Albania (8,3%) e Cina (6,0%) (1).
Rispetto alla necessità di produrre evidenze sullo stato di salute e sul ricorso ai servizi da parte degli stranieri presenti in Italia, si riscontrano criticità nel reperimento delle informazioni nei flussi informativi correnti, tanto per gli stranieri irregolari (per i quali, come noto, non esistono dati ufficiali sulla presenza in Italia), quanto per gli stranieri regolarmente presenti e/o residenti che non sono sempre correttamente identificabili all’interno delle banche dati sanitarie (2).
Specifiche spinte selettive tendono a mantenere complessivamente alto il livello di salute della popolazione straniera, tra queste l'effetto noto come "migrante sano", una forma di selezione per la quale tende a emigrare solo chi è in buone condizioni di salute, e quello conosciuto come "effetto salmone", relativo all'abitudine degli immigrati anziani o malati di fare ritorno al Paese di origine. Nonostante tali effetti, sullo stato di salute della popolazione straniera agiscono anche fattori di rischio legati alla precarietà abitativa e lavorativa, e allo svantaggio socioeconomico (3, 4). Su tale quadro di vulnerabilità e sulle conseguenze in termini di depauperamento del patrimonio di salute, si inserisce la relazione con i servizi sanitari potenzialmente in grado di ridurre i differenziali di salute determinati dalle condizioni sociali, culturali ed economiche (5). Nel nostro Paese ancora oggi si registrano, tuttavia, disparità nell’accesso ai servizi che rischiano di aggravare le diseguaglianze sociali di salute dei gruppi di popolazione in condizione di maggiore vulnerabilità sociale, nei confronti dei quali andrebbero maggiormente esercitate le funzioni di tutela da parte del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
Il presente articolo intende fornire alcuni approfondimenti sul tema delle disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari e negli esiti di salute tra cittadini provenienti da Paesi a forte pressione migratoria (PFPM) e cittadini provenienti da Paesi a sviluppo avanzato (PSA, inclusa l’Italia) in Italia (Tabella 1) (6), a partire dai dati del Programma Nazionale Esiti (PNE), con riferimento all’anno 2022. Il PNE, realizzato dall'Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, in collaborazione con il Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio e con l'Istituto Superiore di Sanità, e in raccordo con le Regioni e le Province Autonome (PA), le istituzioni centrali, la comunità scientifica e la società civile rappresenta un osservatorio nazionale sull'assistenza sanitaria, che si avvale di dati provenienti da circa 1.400 ospedali pubblici e privati accreditati; sviluppa analisi attraverso il calcolo di 195 indicatori di cui 170 relativi all'assistenza ospedaliera e 25 relativi all'assistenza territoriale, valutata indirettamente in termini di ospedalizzazione evitabile, esiti a lungo termine e accessi impropri in pronto soccorso.
Materiali e metodi
L’analisi effettuata nell’ambito del PNE è basata sulle schede di dimissione ospedaliera (SDO) relative agli istituti di ricovero italiani pubblici e privati accreditati, integrate con il sistema informativo per il monitoraggio dell'assistenza in Emergenza-Urgenza (EMUR) e con l’Anagrafe Tributaria per la verifica dello stato in vita dei pazienti. Per la realizzazione delle valutazioni inerenti al tema dell’equità nell’accesso ai servizi sanitari e negli esiti non sono state costruite misure specifiche, ma è stata condotta un’analisi stratificata di alcuni indicatori PNE già esistenti in aree per le quali la letteratura medico-scientifica riporta significative differenze nell’accesso ai servizi e nell’erogazione delle prestazioni tra stranieri e italiani (ad esempio, in termini di tempestività, appropriatezza e ospedalizzazione potenzialmente evitabile): l’ambito maternoinfantile, quello della primary care e dell’assistenza territoriale (7, 8).
Per quanto riguarda l’area materno-infantile sono stati considerati i seguenti indicatori: proporzione di parti con taglio cesareo (TC) primario (calcolata sull’anno 2022 selezionando una coorte di donne senza pregressi TC); rischio di riammissione in ospedale durante il puerperio in donne che hanno partorito con TC (calcolato sul triennio 2020-2022). Sono stati stimati i rischi relativi (RR) per singola struttura di ricovero e per provenienza, aggiustati per età e gravità clinica logistica. Le misure aggiustate sono state calcolate solo per i punti nascita che hanno raggiunto una soglia minima di numerosità totale (n ≥150 parti di donne senza pregresso TC/anno), secondo la metodologia e i riferimenti già utilizzati nel calcolo degli indicatori del PNE (9). La variabilità degli RR per i diversi punti nascita italiani è stata rappresentata attraverso la costruzione di box plot.
Per quanto riguarda il secondo degli ambiti considerati sono stati calcolati i tassi di ospedalizzazione “evitabile”, come misura indiretta della qualità dell’assistenza territoriale. Tali tassi, infatti, fanno riferimento a condizioni sanitarie per le quali un’adeguata gestione garantita nell’ambito delle cure ambulatoriali si rivela potenzialmente in grado di prevenire il ricovero ospedaliero (10). Il confronto tra la popolazione proveniente da PFPM e quella italiana/PSA è stato realizzato attraverso il calcolo degli RR standardizzati per età e sesso; il contesto di riferimento per l’analisi è rappresentato dalla Regione/PA. In particolare, sono stati considerati i seguenti indicatori:
- ospedalizzazione per amputazione degli arti inferiori nei pazienti diabetici;
- ospedalizzazione per complicanze a brevelungo termine del diabete;
- ospedalizzazione per broncopneumopatia cronica ostruttiva;
- ospedalizzazione per scompenso cardiaco;
- ospedalizzazione per ipertensione arteriosa;
- ospedalizzazione per infezioni del tratto urinario.
L’analisi fa riferimento all’anno di attività 2022. Nel caso dell’indicatore di rischio di riammissione in ospedale durante il puerperio in donne che hanno partorito con TC, la misura è calcolata sul triennio 2020-2022.
Risultati
Per quanto riguarda i dati relativi all’attività del 2022, l’analisi condotta ha mostrato come i ricoveri di cittadini provenienti da PFPM siano stati circa il 6,5% delle ospedalizzazioni totali e si siano concentrati soprattutto in Lombardia, Emilia- Romagna, Lazio e Veneto, in linea con il dato demografico. Per quanto riguarda i ricoveri per parto, circa il 18% è relativo a donne provenienti da PFPM.
Con riferimento all’area materno-infantile e al TC primario (Tabella 2), i risultati del PNE 2023 evidenziano un ricorso alla pratica chirurgica significativamente minore tra le donne straniere provenienti da PFPM rispetto alle italiane/PSA al netto dell’età e delle comorbosità (17,0% vs 24,3%; RR = 0,70; p<0,05), in linea con quanto già evidenziato nelle precedenti edizioni (11-13) e coerentemente con altre fonti dati disponibili (14, 15).
La Figura 1 mostra come tale differenza sia presente in quasi tutte le Regioni italiane (a eccezione del Molise e del Friuli Venezia Giulia), con RR inferiori all’unità nella gran parte dei punti nascita.
Emerge, peraltro, un rischio di riammissione durante il puerperio (entro 42 giorni dal parto) a seguito di TC leggermente più elevato per le donne immigrate da PFPM rispetto alle italiane/ PSA (1% vs 0,8%; RR = 1,34; p<0,05). La Figura 2 mostra come nel 2022 si siano registrati in quasi tutti i punti nascita italiani RR superiori all’unità, nel quadro di una spiccata variabilità inter e intraregionale.
Infine, per quanto riguarda la primary care e l’assistenza territoriale, gli indicatori di ospedalizzazione evitabile mostrano una tendenza da parte dei soggetti provenienti da PFPM a presentare tassi superiori a quelli della popolazione italiana o da PSA in molti contesti regionali per infezioni del tratto urinario, complicanze del diabete a breve-lungo termine, amputazione degli arti inferiori in pazienti diabetici e ipertensione arteriosa, anche se non sempre si raggiunge la significatività statistica a causa dell’esiguità dei numeri (Tabella 3).
Discussione e conclusioni
A tutt’oggi gli stranieri rappresentano una delle fasce più vulnerabili della popolazione, in quanto maggiormente esposti ai fattori di rischio per la salute associati alle condizioni di povertà e marginalità sociale (16).
Rispetto agli ambiti considerati nell’analisi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha evidenziato come proporzioni di TC superiori al 10-15% possano essere indice di inappropriatezza clinica (17-19). I nostri risultati relativi al contesto italiano mostrano, dunque, un rischio di ricorso non appropriato alla pratica chirurgica tanto per le donne immigrate da PFPM, quanto per le italiane/ PSA. La minore percentuale di TC tra le prime potrebbe in parte associarsi alla sorveglianza prenatale minore nelle donne immigrate da PFPM che hanno una ridotta possibilità di programmare un TC; ciò diminuisce presumibilmente anche una quota di ricorso inappropriato. In base al rapporto CedAP 2023, relativo a dati 2022, infatti, la percentuale di donne italiane che effettuano la prima visita oltre il primo trimestre di gravidanza è pari a 1,9%, mentre tale percentuale sale a 10,5% per le donne straniere (15). Non sembra avere, invece, un ruolo significativo come confondente l’età media al primo TC.
Per quanto riguarda gli esiti del ricorso al TC, è possibile ipotizzare che il maggior rischio di riospedalizzazione evidenziato dall’analisi dei dati sia attribuibile almeno in parte a complicanze derivanti da condizioni di vita precarie e da una minore presenza di tutele sociali e lavorative (precarietà abitativa, minore supporto di reti familiari/sociali, ecc.). Il 42% delle donne straniere, infatti, risulta caratterizzato da fragilità economica e lavorativa, a fronte del 27% delle donne italiane e del 29% degli uomini stranieri (20).
I dati relativi all’eccesso di ospedalizzazione evitabile a carico dei cittadini provenienti da PFPM, infine, potrebbero dipendere da un minore accesso di questi ultimi all’assistenza territoriale, ma anche da una diversa prevalenza di condizioni morbose, quali diabete e ipertensione in alcuni gruppi presenti nel nostro Paese (21-23).
Nel caso di gruppi particolarmente fragili, emerge, quindi, la necessità di una specifica attenzione al tema degli esiti negativi sulla salute in termini di complicanze associate a specifiche pratiche sanitarie, quali il TC, unitamente all’urgenza di implementare percorsi assistenziali integrati in grado di assicurare una maggiore continuità tra cure ospedaliere e presa in carico territoriale. Una strategia utile al fine di sostenere l’accesso ai servizi e alle prestazioni potrebbe implicare l’intensificazione degli interventi di sanità pubblica di prossimità (24, 25), nel contesto della più generale riorganizzazione dei servizi territoriali avviata con il Decreto del Ministero della Salute n. 77 del 23 maggio 2022 (26). Di contro, si rende necessario affiancare, a tali tipologie di interventi, trasformazioni organizzative strutturali e politiconormative che vadano oltre il solo ambito sanitario e mirino a intervenire più ampiamente anche su altri determinanti della salute, quali l’occupazione, l’alloggio e l’istruzione (27, 28).
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.
Finanziamenti: nessuno.
Authorship: tutti gli autori hanno contribuito in modo significativo alla realizzazione di questo studio nella forma sottomessa.
Riferimenti bibliografici
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