L’INTERVENTO:Donne e painkiller. Quando il problema non viene solo dalla strada
Dipartimento Dipendenze Patologiche, ASL Taranto
Citare come segue: Lacatena AP. Donne e painkiller. Quando il problema non viene solo dalla strada. Boll Epidemiol Naz 2024;5(2):32-38. DOI: https://doi.org/10.53225/BEN_090
On the nod: women and Painkiller, when the problem does not come (only) from the street
Women respond differently to drugs and psychoactive substances than men, mainly due to physiological, anatomical and hormonal differences. Historically, the lack of habit of taking these differences into account, together with media manipulation and social stigmatisation, have led to inappropriate and in some cases harmful practices for women. The tragic nature of the painkiller epidemic in the United States and Canada confirms the need for gender-oriented responses in terms of screening, identification of those at increased risk of prescription opioid abuse and subsequent treatment from a public health perspective.
Key words: women; gender medicine; painkiller
Introduzione
L’interruzione del traffico di oppiacei, nel periodo relativo alle restrizioni imposte dalla pandemia da COVID-19, si è rivelata di breve durata e, come desumibile dai dati dell’European Union Drugs Agency, i sequestri di eroina sono tornati in breve tempo ai livelli prepandemici (1).
I Paesi che hanno segnalato una carenza nei rifornimenti degli oppiacei naturali illegali, tuttavia, hanno anche osservato la crescita del consumo di sostanze sostitutive, tra cui metadone, psicostimolanti e benzodiazepine, dirottati verso il cosiddetto mercato di strada. A tutto ciò va aggiunto il diffondersi dei farmaci oppioidi di prescrizione medica, i cosiddetti painkiller (PK), tra tutti ossicodone, fentanyl e tramadolo. A oggi Stati Uniti e Canada sono i Paesi più colpiti dall’epidemia di misuso di oppioidi sintetici, cioè l’assunzione di un farmaco da prescrizione senza la prescrizione e in modo diverso da quello prescritto, unitamente all’aumento della purezza media dell’eroina e alla diminuzione del suo costo (2).
Come spesso è accaduto in passato, continua a essere piuttosto ridotta l’attenzione in merito all’evoluzione del fenomeno consumo e dipendenza patologica al femminile, causato da sostanze d’abuso. Eppure, il numero dei decessi correlati all’overdose da PK tra le donne, registrato negli Stati Uniti e in Canada, si è ampliato del 400% solo tra il 1999 e il 2010, ossia nell’arco di tempo indicato come “le prime due ondate” di quella che è andata sempre più delineandosi come un’indubbia emergenza sanitaria (3).
A fronte di questi dati, è necessario un cambio di prospettiva, superando il forviante gender blindness - pratica diffusa nelle scienze mediche come in quelle sociali - e ponendo l’attenzione a una delle fasce più esposte e a rischio, a prescindere dall’età e dal ceto sociale: le donne. Nonostante le percentuali di donne in carico ai Servizi per le Dipendenze (SerD) varino dal 15% del nostro Paese al 30% di alcune realtà europee (2), ciò non vuol dire che le donne consumino meno sostanze d'abuso in generale, ma probabilmente chiedono meno aiuto.
A oggi, la prima sostanza di abuso in Europa, al di là di ogni distinzione di genere ed età, risulta essere l’alcol, la cui pericolosità sembra parzialmente emendata dalla sua stessa liceità (4). Nello specifico, però, differenze fisiologiche nell’attività dell’apparato gastrico (e non solo), a parità di quantità assunte e di periodo d’uso, rendono la salute delle donne bevitrici più a rischio rispetto a quella dei consumatori di sesso biologico maschile (5). Il tasso di mortalità femminile per ragioni correlate all’alcol (incidenti, suicidi, ictus, malattie cardiache, malattie epatiche, ecc.), oscilla tra il 50% e il 100% in più rispetto a quello relativo agli uomini, prevedendo, inoltre, specificità come la maggiore esposizione al rischio di tumore al seno (6).
Le dipendenze femminili in Italia
Per ciò che attiene all’universo delle droghe illegali nel nostro Paese, dall’ultima Relazione al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia (7), si evince che nel 2023, i SerD hanno assistito in totale 132.200 persone tossicodipendenti, in gran parte (87%) già in carico ai Servizi negli anni precedenti e per l’85% di genere maschile.
Per quanto riguarda l’utenza femminile (15%), il 27% delle nuove utenti è in trattamento per uso primario di oppiacei, il 37% di cocaina/crack, il 29% di cannabinoidi. Tra le utenti già note, invece, il 71% è in trattamento per uso primario di oppiacei, il 19% per uso primario di cocaina/crack, l’8% di cannabinoidi.
Gli psicofarmaci senza prescrizione medica nel 2023 hanno raggiunto le prevalenze più alte mai registrate: 170.000 minorenni ne hanno fatto uso nel corso dell’anno (11%), con una diffusione più che doppia tra le ragazze. Oltre 1milione e 200.000 giovani, pari al 50% della popolazione studentesca, riferisce di aver fumato una sigaretta almeno una volta nella vita e 950.000 (39%) nel corso del 2023; in entrambi i casi i consumi più elevati sono tra le studentesse (7).
Nel corso del 2022 gli aperitivi alcolici sono stati consumati da oltre 21 milioni e 600.000 persone di età superiore a 11 anni con una prevalenza del 48,4% per gli uomini e del 32,9% per le donne. Questi dati confermano il trend in crescita negli ultimi 10 anni che vede un aumento significativo nel consumo di aperitivi alcolici rispetto al 2012 sia fra i maschi (+15,5%) che fra le femmine (+51,6%) (8).
Secondo lo studio IPSAD®, condotto dall’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IFC) sono circa 20 milioni (43%) gli italiani tra i 18 e gli 84 anni che hanno giocato d’azzardo nel corso del 2022. Focalizzando l’analisi sul gioco online, se nella popolazione maschile si è assistito al raddoppiarsi delle percentuali registrate prima della pandemia da COVID-19, in quella femminile il dato è addirittura triplicato (9).
Una specifica peculiarità dettata dalla differenza di genere è immediatamente riscontrabile: la distanza tra i dati del consumo di sostanze e dei comportamenti a rischio nei maschi e nelle femmine si riduce notevolmente per ciò che attiene a nicotina, alcol, psicofarmaci (benzodiazepine, barbiturici di vecchia generazione, ansiolitici, ecc.) e gioco patologico. Per queste tipologie di consumi e di comportamenti a rischio i dati relativi a maschi e femmine diventano sovrapponibili, segnando un’interessante discriminante: la liceità del comportamento e la legalità della sostanza.
In estrema sintesi, sembrerebbe quasi che l’accettazione sociale e una certa normalizzazione del consumo di alcune sostanze e di condotte non sanzionabili dalla normativa vigente (fatta eccezione per i limiti imposti alla presenza di alcol nel sangue), restringano il più ricorrente e consueto gap a proposito di consumi, condotte a rischio e genere.
Va segnalata, comunque, una minore tendenza delle donne alla dipendenza - non all’instaurarsi della stessa che per contro, registra tempi più brevi - da imputare alle caratteristiche specifiche dell’uso, alle principali sostanze di abuso prescelte e agli effetti immediati e a lungo termine (6).
La condizione di maggiore sensibilità e di esposizione al dolore, la maggiore probabilità di soffrire di disturbi come dolori cronici, depressione, disturbi d’ansia e insonnia (10), potrebbero aver contribuito al crescente numero di prescrizioni di oppioidi, benzodiazepine e antidepressivi per le donne che vivono negli Stati Uniti e in Canada, ma non di meno in Italia (11).
Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale sull'Impiego dei Medicinali (OsMed) nel 2021, in Italia, il 67% delle donne ha ricevuto almeno una prescrizione contro il 58% degli uomini. È stato registrato un aumento delle prescrizioni di antidepressivi del 2,4% nel 2021 rispetto all’anno precedente e di antidepressivi del 7%, con punte del 10% in Toscana e Liguria. A questi vanno aggiunti gli antipsicotici (disturbo dell’umore, disturbo bipolare, ecc.) con un’impennata del 20% tra il 2014 e il 2020 (12). Secondo il Rapporto OsMed 2023 in Italia i farmaci del sistema nervoso centrale continuano a posizionarsi al quarto posto in termini di consumi (97,8 dosi giornaliere per 1.000 abitanti) e al sesto in termini di spesa farmaceutica pubblica complessiva (2.061 milioni di euro) (13).
Donne e farmaci
In generale, le donne rispondono ai farmaci in maniera diversa rispetto agli uomini e questo è principalmente connesso a differenze fisiologiche, anatomiche e ormonali. Mostrano un profilo farmacocinetico più vulnerabile sia per assorbimento che per distribuzione, metabolismo ed eliminazione del farmaco. Inoltre, hanno un peso corporeo medio inferiore, una percentuale di massa grassa più alta, un minore volume plasmatico e uno specifico profilo di legame tra farmaco e proteine plasmatiche. Finora le donne sono state sottorappresentate nelle sperimentazioni cliniche in senso sia quantitativo sia qualitativo (analisi dei dati rispetto al genere). Le ragioni sono di ordine etico (gravidanza e fattori teratogeni), economico (la ricerca è più costosa per parametri fisiologici e ormonali), socioculturale (disponibilità, tempo richiesto, particolari necessità), fisiologico/ ormonale e per una più accentuata possibilità di eventi avversi (14).
È facilmente intuibile, dunque, come tutti questi parametri dovrebbero essere tenuti in considerazione nello studio e nella sperimentazione dei farmaci, provando a sistematizzare la gender pharmacology, ossia quella branca della farmacologia in grado di evidenziare e definire in termini di efficacia e sicurezza le differenze relative agli effetti dei farmaci in relazione al genere.
Epidemie di oppiodi sintetici
Nella storia recente delle quattro ondate dell’epidemia di oppioidi negli Stati Uniti e in Canada - ossia le prime due da oppioidi prescritti come farmaci (1999-2010), la terza da eroina e fentanyl (2011-2020), la quarta da fentanyl e stimolanti illeciti, soprattutto xilazina, a partire dal 2020 e a tutt’oggi - in generale la dipendenza patologica da analgesici e antidolorifici al femminile è stata in parte il risultato di pratiche inappropriate, di un marketing aggressivo da parte di alcune aziende farmaceutiche, di prescrizioni talvolta eccessive di farmaci da parte di medici e lì dove consentito anche da parte di farmacisti (come negli Stati Uniti); lo stesso fenomeno è accaduto in passato, a proposito soprattutto di psicofarmaci, anche in conseguenza di manipolazione dei media o di tentativi individuali di far fronte alle barriere sociali o professionali impedenti l’uguaglianza e l’autorealizzazione delle donne (15).
Per ciò che attiene al pericolo legato ai PK, i fattori specifici di genere non possono essere misconosciuti nell’identificazione dei soggetti a più alto rischio di abuso di oppioidi da prescrizione, così come dovrebbero essere raccomandate iniziative di prevenzione e intervento con un approccio specifico di genere per evitare rischi ulteriori relativi soprattutto, ma non solo, al sovradosaggio e al misuso, solitamente a scopi non medici (4, 16, 17).
Il National Survey on Drug Use and Health (18) ha stimato che sul territorio degli Stati Uniti il 13,2% delle donne over 18 abbia problemi di uso di sostanze e alcol. La sostanza più utilizzata resta la cannabis, seguita dai farmaci di prescrizione come psicostimolanti, tranquillanti, sedativi e analgesici.
Inoltre, negli Stati Uniti le prescrizioni di oppioidi sintetici continuano a riguardare con più facilità pazienti con comorbilità (disturbo psichiatrico e disturbo da uso di sostanze) e specificatamente con problemi di depressione e ansia che, tra l’altro, sono proprio i disturbi più ricorrenti nelle donne consumatrici, unitamente ai disturbi di personalità (istrionico e borderline) e a quelli del comportamento alimentare; negli uomini è, invece, più frequente osservare comportamenti antisociali e passivoaggressivi (19).
Il misuso e la diversione dei PK, ossia l’approvvigionamento del farmaco per vie illecite o illegali, utilizzando una prescrizione destinata ad altri, sottraendolo o acquistandolo attraverso canali non ufficiali, presentano rischi più elevati per le donne, a cominciare da quello di overdose, in modo particolare durante i primi anni di assunzione e specificatamente a causa della pericolosa combinazione con altri farmaci prescritti (20). “Ne risulta che oppiacei, benzodiazepine e ipnotici sono più frequentemente prescritti in combinazione, nonostante gli effetti negativi derivanti dalle interazioni di questi farmaci, compreso il potenziale di abuso condiviso. Non è un caso che la compresenza di questi farmaci sia stata frequentemente rilevata dalle analisi tossicologiche delle persone decedute per overdose” (21).
Prescrizione, misuso e diversione
Se in molti Paesi esiste una rete di Servizi specializzati a cui rivolgersi con modalità standardizzate e vincoli di controllo e vigilanza ben definiti per accedere agli oppiodi di sintesi (come metadone, buprenorfina, suboxone), che rappresentano una chiara forma di tutela, nel caso delle prescrizioni di PK negli Stati Uniti, l’assenza di un sistema analogo, l’approccio opportunistico dell’industria farmaceutica e la spinta a cancellare culturalmente l’esperienza del dolore hanno aperto, continuando ad autoalimentarla nel tempo, a una certa “disinvoltura” prescrittiva e, di conseguenza, all’instaurarsi di dipendenze e di casi - certo non voluti - di overdose, spesso fatali.
Più esposta fisiologicamente a rischi e conseguenze, più soggetta a sovradosaggi e prescrizioni tarate su esigenze al maschile, la donna, in quella che si potrebbe definire l'emergenza PK, si fa protagonista di pattern comportamentali su cui sarebbe opportuno avviare una riflessione.
Le modalità di “procacciamento” dei farmaci antidolorifici, di benzodiazepine e di ansiolitici in genere, da utilizzare per usi non conformi e difformi nelle indicazioni autorizzate alle prescrizioni mediche potrebbero, infatti, aver investito le donne di un ruolo più centrale anche nell’approvvigionamento per l’uso personale e non solo.
Proprio le benzodiazepine si confermano per il 2022, nel nostro Paese (e non solo) - insieme a contraccettivi e farmaci utilizzati nella disfunzione erettile - la categoria a maggiore spesa tra i farmaci di fascia C (22).
Circa il 7% della popolazione italiana, nel 2021, ha utilizzato antidepressivi, con un aumento di uso nel sesso femminile, correlato al crescere dell’età, sebbene i dati dell’ultimo Studio Espad sugli studenti di 15-16 anni - trend 1996-2015 - confermino questa tendenza anche tra le giovanissime (23).
La durata media di trattamento è 8 mesi, anche se un’elevata percentuale di soggetti rimane aderente al progetto terapeutico per meno di 6 mesi e il 12,2% riceve una sola prescrizione (12).
Le donne hanno più probabilità degli uomini di ricevere prescrizioni di farmaci come oppioidi e benzodiazepine e quindi possono essere particolarmente vulnerabili a problemi con il loro abuso (24).
In generale, in 14 Paesi europei, il consumo di antidepressivi in 20 anni è più che raddoppiato, con un aumento del 20% anche di farmaci antipsicotici per schizofrenia, disturbi deliranti, disturbi dell’umore, come il disturbo bipolare (25).
Negli Stati Uniti, le donne hanno circa il doppio di probabilità degli uomini di ricevere una prescrizione di benzodiazepine (26).
La relativa facilità di prescrizione di questi prodotti nei confronti dell’universo femminile (di tutte le età) presenta un’origine multifattoriale. Tra i possibili motivi va segnalata anche una certa precarietà economica e finanziaria che aumenta con l’età, incidendo sul senso di sicurezza e di fiducia nel futuro. Nel 2018, infatti, nell'Unione Europea le donne hanno guadagnato il 14,8 % in meno degli uomini, se si confronta la retribuzione lorda oraria media. Mediamente questo divario retributivo di genere è presente in tutti gli Stati membri, ma varia da Paese a Paese (27). Secondo il Gender Gap Report 2019 la differenza salariale in Italia tra un uomo e una donna si aggira intorno ai 2.700 euro lordi, pari al 10% in più a favore del collega uomo (28).
Allo stesso tempo le donne si fanno carico del lavoro fuori e dentro le mura domestiche. Questo, in molti casi significa che, tra i 50 e i 60 anni di età, devono gestire le esigenze di accudimento della famiglia di origine e della propria. Per il Global Study on Homicide dello United Nations Office on Drugs and Crime, nel 2018 sono le donne a risultare più esposte alla violenza da parte del partner (29).
Non ultimo, a partire dalla seconda metà del Novecento, in alcuni Paesi è stata lanciata una vera campagna di persuasione a opera di pubblicità e media, mirata a favorire l’utilizzo di psicofarmaci nelle donne.
In Italia, come nella maggior parte dei Paesi europei, è vietata la pubblicità diretta al consumatore dei medicinali soggetti a prescrizione, ma nel mondo anglosassone, in particolare negli Stati Uniti, ancora oggi vengono promossi prodotti per la schizofrenia o per il disturbo bipolare con claim orientati all’attenzione femminile e/o con donne come protagoniste.
La pubblicità di un prodotto a base di oxazepam negli anni ’60 si rivolgeva all’universo maschile con un “Non puoi liberarla, ma puoi aiutarla ad alleviare la sua ansia”.
Nello stesso periodo il diazepam viene proposto all’attenzione del pubblico ricorrendo alla figura di una donna dall’espressione estasiata la cui cornice è lo slogan “Dolce, rinfrescante, …..”.
Negli anni ’70 per la prima volta si affaccia la figura dell’uomo come target bersaglio circondato da donne (moglie, madre, suocera). Il claim recitava: “Le donne dominano il suo universo. La tensione psichica può rovinargli la vita.”
Più di recente, grande è la copertura mediatica per quella che è stata ribattezzata come “la pillola della felicità” - fluoxetina - e anche in questo caso la testimonial d’elezione è ancora la donna, non più in versione casalinga (30).
Più soggette a specifici trattamenti farmacologici, più propense, in assenza di alternative, a cercare rimedi farmacologici che di altro tipo (ad esempio, la psicoterapia non praticabile per ragioni economiche o di controllo esercitato dal partner, la mindfulness), gli studi sui modi attraverso i quali le persone ottengono farmaci da prescrizione rivelano che ancora oggi le fonti di approvvigionamento più frequenti restano quelle della prescrizione medica legale (solitamente un unico prescrittore) e del passaggio tra parenti e amici; il fenomeno che coinvolge maggiormente le donne sembra essere quello del cosiddetto doctor shopping (31). Con questo termine si intende l’abitudine a rivolgersi a più professionisti per poter ottenere illecite prescrizioni multiple del farmaco di cui il paziente o la paziente sono dipendenti (32).
Per una donna accedere allo studio privato di un medico per una prescrizione è certamente meno stigmatizzante di recarsi in un Servizio già esplicitamente qualificante (33). Conseguentemente, anche il misuso e la diversione di prodotti leciti potrebbero essere percepiti dalla stessa come comunque meno pericolosi e meno soggetti a conseguenze legali rispetto all’acquisto e alla detenzione di droghe illecite.
Se al dolore dell’anima la "risposta" sono le benzodiazepine, per quello del corpo ci sono gli oppiodi. Se potrebbe non essere impossibile farsi prescrivere le prime, pur restando nell’alveo delle probabilità e fuori da grossolane generalizzazioni rispetto ai prescrittori, potrebbe non essere altrettanto impossibile procurarsi i secondi, in particolar modo negli Stati Uniti (34).
Uno dei primi esempi di misuso in Italia è stato scoperto dal Nucleo Antisofisticazione e Salute (NAS) di Latina nel 2021, in cui sono stati coinvolti un dirigente medico di pronto soccorso, un tossicodipendente, un farmacista e una paziente oncologica: sono state prescritte 1.810 confezioni di uno specifico spray nasale a base di fentanyl.
Le modalità più comunemente praticate oltre alle prescrizioni e agli acquisti multipli (doctor shopping), sono l’overscripting (dosaggio più elevato o aggiunta di prescrizione di altri farmaci), il riportare l’utilizzo di quantitativi superiori alla prescrizione con conseguente contrattazione con i prescrittori per evitare condotte illecite o pericolose da parte dei consumatori/dipendenti (furti, estorsioni, prostituzione, ricorso all’acquisto di farmaco di strada, ecc.), la richiesta di prescrizione anticipata dettata dal presunto smarrimento, furto, danneggiamento del farmaco, il riportare una dipendenza o sintomi da astinenza e sofferenza indotta dalla stessa, il riferire di cambi di residenza o di domicili temporanei per potersi rifornire da più medici, il rubare negli studi medici, negli ospedali o in farmacia (più facile per chi lavora all’interno dei contesti sanitari e in questo campo la presenza femminile è più significativa che in altri settori, in Italia come negli Stati Uniti).
Conclusioni
Il 12 marzo 2024 in Italia è stato presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, unitamente al Dipartimento Politiche Antidroga, il Piano Nazionale di Prevenzione contro l’uso improprio di Fentanyl e di altri oppioidi sintetici (35).
Nonostante il consumo/dipendenza da tali prodotti nel nostro Paese e in Europa sia lontano dalla tragicità assunta dal fenomeno negli Stati Uniti e in Canada, ormai alla sua quarta ondata con i suoi 73.000 decessi, è necessario alzare il livello di vigilanza attraverso la prevenzione e l’appropriatezza delle prescrizioni mediche, evitando utilizzi prolungati come analgesici nel dolore cronico benigno - ossia non oncologico - o come anestetici nella sofferenza psichica, considerato l’alto rischio di sviluppare un disturbo da uso di oppioidi.
Non di meno, una particolare attenzione dovrebbe essere attribuita al consumo/ dipendenza, alle vie di approvvigionamento, agli effetti e ai rischi specifici per le donne. Infatti, nonostante vi siano da diversi anni ripetute richieste di attenzione alle problematiche legate al genere nel campo del consumo delle droghe, il riconoscimento di un approccio di genere tarda ancora a riflettersi nella prassi comune.
È auspicabile che questa enorme tragedia che stanno vivendo gli Stati Uniti possa contribuire a creare risposte di attenzione, prevenzione e cura più specifiche, facilmente accessibili e di maggiore disponibilità per le donne, in un’ottica di salute pubblica.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.
Finanziamenti: nessuno.
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