Alcol e anziani: un obiettivo negletto della prevenzione
Emanuele Scafato - direttore Osservatorio nazionale alcol Cnesps, Istituto superiore di sanità, direttore Centro Coll. Oms per la Ricerca e la promozione della salute su alcol e problemi alcolcorrelati, presidente Sia - Società italiana di alcologia
28 ottobre 2010 - Nel corso degli ultimi anni, la prevenzione alcolcorrelata ha subito un notevole sviluppo alla luce di una serie di fenomeni e fattori sociali, culturali, economici estremamente complessi (per lo più sconosciuti in passato) che hanno modificato sostanzialmente l’impatto del bere a rischio. Questo comportamento è in via di costante e progressiva diffusione in vasti strati della popolazione italiana, “contaminando” anche le fasce dei più anziani con esiti non trascurabili sulla salute e sulla sicurezza.
Della prevenzione specifica, delle condizioni di consumo a rischio e della fragilità fisiologica, metabolica, cognitiva, sociale si parlerà nel Convegno monotematico nazionale della Società italiana di alcologia (Sia) “Alcol ed anziani” organizzato e promosso il 26 novembre 2010 a Pavia dalla Fondazione Salvatore Maugeri Irccs in collaborazione con la Sia e il Centro Oms per la ricerca sull’alcol dell’Istituto superiore di sanità.
Indipendentemente dall’età anagrafica, il consumatore è stato ed è oggi sollecitato al bere da pressioni molto intense (mediatiche, commerciali e sociali) e sempre meno controbilanciate da un’adeguata disponibilità di fattori di protezione capaci di contrastare, con pari intensità, i nuovi modelli e le nuove culture dell’uso dannoso di alcol e rischioso per la salute e per il benessere individuale e collettivo.
Salute da salvaguardare, come atteso di diritto, da politiche e strategie sull’alcol eque, efficaci ed efficienti; politiche di prevenzione e controllo, di tutela della salute, di sicurezza e, soprattutto, di protezione dei più deboli.
Dallo scenario epidemiologico tracciato dall’analisi annuale dei dati prodotta dall’Osservatorio nazionale alcol (Ona) del Cnesps per la Relazione 2007-2009 del ministro della Salute trasmessa al Parlamento (pdf 1,80 Mb) ai sensi della Legge 125/2001 emergono profonde differenze nelle modalità dei consumi a rischio. Questi sono infatti basati su culture che evidentemente risultano espressione diretta di una interpretazione e declinazione del bere che sono naturalmente funzione dell’età e che identificano negli estremi della curva della popolazioni le fasce più esposte al consumo dannoso di alcol: i giovanissimi e gli anziani.
È di rilievo notare che si rendono evidenti significative differenze di genere con il progredire dell’età: i dati rilevano che i maschi adulti e gli anziani sono più esposti al rischio rispetto alle femmine mentre, per le generazioni di adolescenti, si osserva una riduzione della forbice tra i due sessi con un preoccupante e sostanziale ribaltamento per le teen-ager e le ragazzine al di sotto dell’età minima legale (16 anni) che surclassano i coetanei per “relazioni pericolose” con l’alcol. Fenomeni che richiedono misure concrete, efficaci, idonee a contrastare l’uso dannoso e rischioso di alcol attraverso l’implementazione di interventi oggi disponibili, il cui rapporto costo-benefici e la cui valenza è oggi ampiamente sostenuta dalle evidenze prodotte dalla vasta e consolida rete europea di ricerca scientifica e di advocacy impegnata nel sollecitare i policy maker all’adozione di iniziative concrete di contrasto al dilagare dei modelli e delle culture del bere che minacciano la salute e la sicurezza individuale e collettiva.
Il rischio alcol correlato in Italia non è trascurabile né minimizzabile. I dati prodotti dall’Osservatorio nazionale alcol (Cnesps-Iss) e riportati nell’ultima Relazione del ministro della Salute al Parlamento e nella Relazione 2009 sullo Stato del Paese rivelano che, su circa 36 milioni di consumatori, la quota di coloro che assumono bevande alcoliche secondo una “modalità rischiosa o dannosa”, come la definisce l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), è di circa il 25% se si considera la popolazione maschile di tutte le età e di circa il 7-8% se si considera la popolazione femminile. In media, circa un uomo su quattro e una donna su dieci sono bevitori problematici.
Ogni generazione, accanto al suo modello di rischio, presenta ovviamente modalità, frequenza e contesti di consumo differenti che è importante identificare in funzione delle possibili iniziative di contrasto al consumo rischioso o dannoso di alcol che non riguardano solo il binge drinking dei giovani (fatto di cocktail, superalcolici e birre) ma in maniera parimenti prioritaria il bere tradizionale (costituito prevalentemente dal consumo di vino delle popolazioni maschili di ultra65enni, fascia di età per la quale si riscontra quasi il 50% dei bevitori a rischio).
Complessivamente oggi si può delineare una platea di oltre 9 milioni di consumatori a rischio che sarebbero suscettibili di un’azione di identificazione precoce o di un intervento breve (per esempio un colloquio motivazionale) e meritevoli di una valutazione clinica indirizzata a evidenziare eventuali danni alcol correlati già presenti. Di questi 9 milioni, circa un milione e mezzo sono giovani, di cui circa la metà ragazzi e ragazze sotto l’età minima legale e oltre 3 milioni e 200 mila gli ultra65enni.
Anziani che sarebbe opportuno e doveroso intercettare attraverso sistemi di identificazione precoce attualmente disponibili ma inapplicati e che dovrebbero giovarsi di competenze mediche e psicologiche capaci di utilizzare le moderne metodologie messe a disposizione in Italia dall’Osservatorio nazionale alcol attraverso il progetto europeo Phepa e il progetto internazionale Oms E.I.B.I. che hanno individuato il training degli operatori sanitari e le modalità di identificazione precoce e di intervento breve come l’intervento di più basso costo e di massimo beneficio.
Purtroppo, nonostante nel Piano alcol e salute 2009-2012 e nel Programma triennale di prevenzione approvato dalla Conferenza Stato-Regioni sia stata riconosciuta la centralità dell’Audit (pdf 140 kb) (Alcohol use disorder identification test, una griglia di dieci domande in grado di discriminare il bevitore problematico candidato al colloquio motivazionale finalizzato al ripristino di regimi di consumo alcolico non nocivi per la salute), nessun iniziativa specifica, pur richiesta, è stata sinora formalizzata per la sua implementazione, attraverso per esempio, corsi di formazione che sino al 2008 erano stati assicurati dal Centro Oms per la Ricerca sull’Alcol dell’Istituto superiore di sanità attraverso un finanziamento specifico.
Il problema del consumatore a rischio anziano, di per sé preoccupante, diventa drammatico se valutato alla luce dell’organizzazione corrente del sistema sanitario e sociale che non è dotato di un’articolazione age-oriented degli strumenti di approccio e riabilitazione alcol correlati, calibrati più selettivamente per gli adulti e meno per le fasce dei giovani e degli anziani. Un sistema che peraltro appare sostanzialmente disimpegnato anche rispetto alla necessità di garantire risorse e finanziamenti a ricerche e programmi in grado di sviluppare metodi di riabilitazione efficaci e validati per questi soggetti che sono “differenti tra simili”, consumatori a rischio o alcoldipendenti con differenti caratteristiche di “ingaggio” in una pratica di recupero o motivazionale che oggi manca di una reale integrazione nelle attività quotidiane dei Medici di medicina generale e di quelli impegnati nella prevenzione. Le tecniche e i programmi di recupero oggi disponibili, messi a punto considerando criticità, personalità, abitudini e schemi comportamentali e sociali tipici dell’adulto, non sono particolarmente comprensivi delle modalità di percezione, interiorizzazione, rappresentazione e socializzazione di un adolescente o di un anziano. In questo modo la presa in carico, già estremamente complessa, diventa ancora più ardua, e così anche un ricorso all’approccio motivazionale che ovviamente deve privilegiare valori umani e sociali coerenti con il contesto e il vissuto individuale.
Appare, in conclusione, indispensabile riconsiderare con attenzione le priorità da affrontare in tema di prevenzione alcol correlata. Gli anziani appaiono un target negletto, così definito anche nelle recenti deliberazioni degli organismi europei, ma oggettivamente considerabile come “il” target per eccellenza della prevenzione, come sta dimostrando il progetto europeo Vintage, coordinato dall’Osservatorio nazionale alcol del Cnesps, che ha recepito l’orientamento espresso dalla Conclusione del Consiglio europeo del dicembre 2009 provvedendo a contribuire a delineare un approccio differenziato basato sulle good practice oggetto di una indagine europea coordinata dall’Italia.
La realizzazione di una rete formale di competenze e di un modello dedicato di continuità assistenziale, di case management più che di disease management, contribuirebbe a formalizzare l’uso di un modello validato di identificazione precoce dell’abuso alcolico e di intervento breve nei bevitori problematici, privilegiando la prevenzione per ridurre i costi della cura. Un investimento irrinunciabile e da riconsiderare a livello nazionale e regionale nell’interesse dei più vulnerabili.
Risorse utili
Scarica il programma (pdf 252 kb) e la locandina (pdf 475 kb) del Convegno monotematico nazionale della Società italiana di alcologia (Sia) “Alcol ed anziani”.
Leggi anche:
- la presentazione (pdf 4,8 Mb) di Emanuele Scafato al convegno Sia 2010
- il viewpoint pubblicato da Emanuele Scafato sull'European Journal of Public Health "Alcohol in the elderly: the time to act is now!"
- il Report finale sulla revisione sistematica della letteratura su alcol e anziani del progetto Vintage (pdf 1 Mb).