Obesità e economia della prevenzione: il rapporto Ocse 2010
28 ottobre 2010 - Rispetto al 1980 il tasso di obesità nei Paesi Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – Organization for economic co-operation and development, Oecd) è salito del 10%, in alcuni casi è raddoppiato o triplicato, mentre circa la metà della popolazione è in sovrappeso. Lo riferisce il nuovo rapporto Ocse “Obesity and the economics of prevention: fit not fat” che confronta per la prima volta dati provenienti da 11 Paesi e offre un’analisi dell’impatto economico e sanitario di una serie di interventi per la prevenzione dell’obesità in 5 Paesi Ocse, svolta in collaborazione con l’Oms.
L’epidemia
L’obesità rappresenta sempre più un pericolo per la salute della popolazione dei Paesi Ocse: ogni 15 chili di peso in eccesso una persona perde in media dagli 8 ai 10 anni di vita (all’incirca quanto un fumatore) e il rischio di morte prematura aumenta del 30%. Le proiezioni dell’Ocse prevedono che in Paesi come Stati Uniti e Inghilterra entro 10 anni più di 2 persone su 3 saranno in sovrappeso.
La probabilità di diventare obesi è maggiore tra le persone con un basso livello di reddito o d’istruzione e in particolare i dati rivelano che tra le donne con un basso livello di educazione la probabilità di essere in sovrappeso è doppia o tripla rispetto a quelle più istruite. Anche la famiglia può influenzare lo sviluppo dell’obesità: bambini con almeno un genitore obeso hanno una probabilità 3 o 4 volte superiore di essere obesi, sia per una questione genetica, sia per l’esempio negativo dei genitori che conducono stili di vita poco salutari.
L’impatto sull’economia
L’obesità ha anche un grosso peso sui bilanci della spesa pubblica: una persona obesa costa al sistema sanitario il 25% di una persona con un peso nella norma e nella maggior parte dei Paesi Ocse l’obesità è responsabile di circa l’1-3% della spesa sanitaria totale.
Un dato interessante riguarda anche il tasso di occupazione: i soggetti obesi senza lavoro sono molto più numerosi di quelli con peso normale perché i datori di lavoro preferiscono assumere soggetti non obesi, da cui si aspettano una maggiore produttività, meno giorni di assenza dal lavoro e una minore richiesta di sussidi. Negli Usa, per esempio, la percentuale di donne bianche gravemente obese disoccupate è pari al 40%, contro il 30% di quelle con peso normale.
La prevenzione
Una soluzione efficace per la lotta all’obesità è la prevenzione. Coprendo diverse fasce di età e in particolare i gruppi a rischio, si potrebbe infatti garantire un guadagno di salute importante a prezzi contenuti. Una strategia simile in Italia costerebbe al Paese circa 17 euro a persona, una quota impercettibile della spesa sanitaria che però, nel nostro Paese, potrebbe salvare circa 75 mila vite.
Risorse utili
- sul sito dell’Ocse: la pagina di presentazione del rapporto e la sintesi in italiano (pdf 496 kb)