Le sorveglianze PASSI e PASSI d’Argento: oltre 10 anni di raccolta dati sui fattori di rischio comportamentali a sostegno dei Piani Nazionali della Prevenzione
Maria Masoccoa, Valentina Minardia, Benedetta Contolia, Valentina Possentia, Pirous Fateh-Moghadamb, per il Gruppo Tecnico Nazionale PASSI e PASSI d’Argento*
Nota: Le Figure 2E, 3D, 4D pubblicate in questo articolo contengono errori dovuti a un problema tecnico. Le Figure corrette sono disponibili doi: https://doi.org/10.53225/BEN_058
aCentro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma
bAzienda Provinciale per i Servizi Sanitari, Provincia Autonoma di Trento
Citare come segue: Masocco M, Minardi V, Contoli B, Possenti V, Fateh-Moghadam P, per il Gruppo Tecnico Nazionale PASSI e PASSI d’Argento. Le sorveglianze PASSI e PASSI d’Argento: oltre 10 anni di raccolta dati sui fattori di rischio comportamentali a sostegno dei Piani Nazionali della Prevenzione. Boll Epidemiol Naz 2021;2(4):1-11. DOI: https://doi.org/10.53225/BEN_031. Errata corrige Masocco M, Minardi V, Contoli B, Possenti V, Fateh-Moghadam P, per il Gruppo Tecnico Nazionale PASSI e PASSI d’Argento. Le sorveglianze PASSI e PASSI d’Argento: oltre 10 anni di raccolta dati sui fattori di rischio comportamentali a sostegno dei Piani Nazionali della Prevenzione. Boll Epidemiol Naz 2021;2(4):1-11. DOI: https://doi.org/10.53225/BEN_058
PASSI and PASSI d'Argento surveillance systems: more than 10 years of data collection on behavioural risk factors in support of National Prevention Plans
Introduction
PASSI and PASSI d’Argento are two Italian ongoing population-based surveillance systems targeting, respectively, people aged 18-69 and over-65. They collect information on health and quality of life, behavioural risk factors associated with the main non communicable diseases (NCDs) onset (smoking and tobacco use, alcohol consumption, sedentary lifestyle, overweight) and compliance with the public health programs developed nationwide for disease prevention. These systems can analyze social inequalities in health and prevention, evaluate changes over time in the short-medium-long term and allow Regions and local health units to promptly access useful data for planning targeted interventions in public health.
Materials and methods
PASSI 2008-2020 data (about 420,000 interviews) and PASSI d’Argento 2016-2020 data (about 63,000 interviews) were analysed. For smoking, high-risk alcohol consumption, sedentariness and obesity, changes over time since 2008 and up to 2020 were analysed by gender, age, geographical area of residence and social determinants.
Results
Time series analysis of those four behavioural risk factors shows no improvement over the past decade. Except for cigarette smoking, which continues its slow reduction (although signs of concern remain for some groups), high-risk alcohol consumption, sedentariness and obesity worsen or remain stable at best, and social inequalities, gender differences and geographical gaps persist over time. Furthermore, the 2020 data show that pandemic crisis seriously risks drawing resources and attention away from prevention and even management of NCDs.
Discussion and conclusions
The surveillance systems are strategic tools for guiding public health policies but need to be enhanced and used more effectively for action. It could be necessary a widespread network of social and health workers to increase the offer of health promotion programs in order to improve the quality of life and well-being of people and to reduce inequalities in health opportunities and in access to prevention and care.
Key words: surveillance systems; behavioural risk factors; trends
Introduzione
Dal 2004 il Ministero della Salute e il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm), in collaborazione con le Regioni, ha promosso la progettazione, la sperimentazione e l’implementazione di sistemi di sorveglianza di popolazione, dedicati a diverse fasce di età, per raccogliere informazioni sui fattori di rischio modificabili associati all’insorgenza di malattie croniche non trasmissibili (MCNT) come strumenti per ASL e Regioni, utili alla costruzione dei profili di salute dei propri territori e finalizzati a indirizzare le politiche di prevenzione e promozione della salute e monitorarne l’efficacia nel tempo verso gli obiettivi di salute fissati nei Piani Nazionali della Prevenzione (PNP), declinati nei Piani Regionali di Prevenzione (PRP).
Nascono così il sistema di sorveglianza PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), dedicato alla popolazione adulta di 18-69 anni di età e la sorveglianza PASSI d’Argento, dedicata alla popolazione over65.
Entrambi si caratterizzano come strumenti interni al Sistema Sanitario Nazionale: le ASL raccolgono direttamente dagli assistiti i dati e ne utilizzano i risultati per l’azione locale, le Regioni coordinano le attività di rilevazione nelle ASL e monitorano gli indicatori per la prevenzione; l’Istituto Superiore di Sanità coordina la raccolta e garantisce il supporto tecnico-scientifico e il rigore metodologico nella realizzazione dell’indagine e nell’analisi dei risultati.
Oggi, la cornice normativa dei sistemi di sorveglianza di popolazione è solida: sistemi di sorveglianza su MCNT e stili di vita ad esse associati come strumento per la costruzione dei profili di salute sono inclusi fra i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), che una Regione deve garantire nell’area prevenzione collettiva e sanità pubblica (1); PASSI e PASSI d’Argento sono riconosciuti come sistemi a rilevanza nazionale (2) e sono fonti di alcuni indicatori LEA nell’area della prevenzione (3, 4) e degli indicatori che descrivono gli obiettivi di salute fissati nei PNP (5) e declinati nei PRP.
Con oltre un decennio di raccolta dati questi sistemi offrono oggi l’opportunità di valutare l’impatto delle politiche di promozione della salute e prevenzione delle MCNT messe in campo a partire dal Programma nazionale Guadagnare Salute, attraverso l’analisi dei trend dei principali fattori di rischio modificabili connessi alle MCNT.
Materiali e metodi
Le fonti dei dati
PASSI si caratterizza come una sorveglianza in sanità pubblica sul modello della Behavioural Risk Factor Surveillance (adottato in molti Paesi, dagli Stati Uniti all’Australia) che, a regime dal 2008, raccoglie in continuo informazioni su salute e fattori di rischio comportamentali coinvolti nella genesi delle MCNT (abitudine tabagica, consumo di alcol, sedentarietà, eccesso ponderale, scarso consumo di frutta e verdura, rischio cardiovascolare legato a diabete, ipertensione, ipercolesterolemia) in campioni della popolazione adulta di 18-69 anni residente in Italia, e sul grado di conoscenza e adesione ai programmi di intervento che il Paese sta realizzando per la prevenzione delle MCNT (ad esempio, screening oncologici, vaccinazioni nell’adulto) (6-8).
PASSI d’Argento completa il quadro offerto dalla sorveglianza PASSI su salute e stili di vita, e si arricchisce di informazioni su alcune condizioni peculiari della popolazione over65 volte a descrivere la qualità di vita e i bisogni di cura e assistenza delle persone anziane, ma, con uno sguardo nuovo al fenomeno dell’invecchiamento, “misura” anche il contributo degli anziani alla società, “anziano risorsa”, e la loro partecipazione alla vita sociale.
Sperimentato per la prima volta nel 2009, realizzato nel 2012 come indagine trasversale, PASSI d’Argento è stato avviato come indagine in continuo dal 2016 (9, 10).
La flessibilità di questi sistemi consente di integrare il questionario per la raccolta standard con nuovi moduli di interesse regionale e/o nazionale legati a nuovi bisogni conoscitivi anche in situazioni di emergenza (ad esempio, terremoto a L’Aquila 2009, pandemia AH1N1 2009, pandemia COVID-19 attivo dal 2020) (11-15).
In PASSI dal 2008 al 2020 sono state raccolte circa 420mila interviste fra 18-69enni. Il numero complessivo di ASL partecipanti ha superato ogni anno il 90% delle aziende totali sul territorio italiano (il 70% nel periodo pandemico), con un tasso di risposta di oltre l’85% degli assistiti selezionati nel campione e un tasso di rifiuto che non eccede il 10%.
Analoghe le performance in PASSI d’Argento che dal 2016 al 2020 ha collezionato circa 63mila interviste fra ultra 65enni e ha visto coinvolte ogni anno circa il 90% delle ASL (il 60% nel periodo pandemico).
Gli indicatori
PASSI e PASSI d’Argento, sono distinti ma accomunati dallo stesso disegno di studio e procedure di raccolta dati; le domande sui fattori di rischio comportamentali sono spesso sovrapponibili e gli indicatori confrontabili, con alcune piccole differenze. Per le definizioni operative degli indicatori si rimanda al Materiale Aggiuntivo.
Le analisi statistiche
Per fumo, consumo di alcol a rischio, sedentarietà e obesità verranno: i) stimate le prevalenze medie di quadriennio 2017-2020 da PASSI e PASSI d’Argento, totali e per sottogruppi; ii) analizzati i trend temporali attraverso l’analisi delle serie storiche sui dati PASSI 2008-2019; iii) condotte analisi di regressione logistica per ciascun anno dal 2008-2019 per valutare il cambiamento nel tempo dell’associazione fra determinanti sociali e fumo, alcol, sedentarietà e obesità separatamente, aggiustati per genere, età, area di residenza e istruzione.
Per le analisi è stato utilizzato il software STATA 16 (StataCorp LP).
Risultati
Abitudine tabagica
Nel quadriennio 2017-2020 in Italia il 25% dei 18-69enni fuma (uno su quattro consuma più di un pacchetto di sigarette al giorno) e il 18% è ex fumatore.
Negli ultimi anni la percentuale di fumatori si è ridotta, lentamente ma significativamente, seguendo il trend in discesa che si osserva da almeno trenta anni. Fra il 2008 e il 2019 la quota di fumatori adulti scende dal 30% al 25%. Tale riduzione si osserva ovunque nel Paese, sia fra gli uomini che fra le donne e in ogni classe di età, tuttavia non ha coinvolto in egual misura i diversi sottogruppi della popolazione: si riduce decisamente la prevalenza di fumo fra i più giovani (con meno di 35 anni), fino a 10 punti percentuali, ma i 18-35enni restano quelli con prevalenze di fumo più elevate, mentre fra le generazioni più mature, con prevalenze più basse, la riduzione è meno importante; si riduce più velocemente la prevalenza di fumo nelle Regioni centromeridionali, dove era (ma comunque resta tale) maggiore la quota di fumatori. Restano significative le differenze per età, genere e determinanti sociali (Figura 1A, 1B, 1C).
Le differenze sociali nel fumo, che vedono più esposte le persone con minori risorse economiche e basso livello di istruzione sono significative e si mantengono inalterate nel tempo. La Figura 1D mostra che ogni anno la prevalenza di fumo fra le persone con svantaggio economico è 1,5 o 2 volte più elevata di quella osservata in persone senza difficoltà economica a parità di istruzione e caratteristiche anagrafiche.
Nel quadriennio 2017-2020 le prevalenze di fumo fra le persone con molte difficoltà economiche è del 36% (vs 22% fra chi non ne ha), fra le persone con basso titolo di studio (licenza media o meno) è del 30% (vs 19% fra i laureati) e mediamente del 29% fra gli uomini vs 21% nelle donne (PASSI 2017-2020).
Con l’avanzare dell’età diventa più difficile intercettare chi mantiene questa abitudine o perché via via si cumula il numero di persone che smette di fumare o perché gli effetti infausti dell’esposizione al fumo di sigaretta vanno manifestandosi: fra gli ultra65enni il 10% è fumatore (ma il dato scende a meno del 3% dopo gli 85 anni) e il 28% ex fumatore; tuttavia fra i fumatori ultra 65enni il consumo medio giornaliero resta alto (oltre 11 sigarette) e uno su 5 consuma oltre un pacchetto di sigarette al giorno (PASSI d’Argento 2017-2020).
La quota di persone con cronicità (una o più patologie fra cardiopatie, ictus o ischemia cerebrale, tumori, malattie respiratorie croniche, diabete, malattie croniche del fegato e/o cirrosi, insufficienza renale) è maggiore fra chi fuma o ha fumato in passato; questa differenza è statisticamente significativa a 65-74 anni, quando la prevalenza di cronicità è pari al 57-59% fra i fumatori ed ex fumatori e del 48% fra chi non ha mai fumato. Nelle classi di età successive la differenza nella cronicità fra fumatori e non fumatori si mitiga (sia per l’aumento di cronicità legato all’invecchiamento sia perché la mortalità prematura ha già fatto le sue vittime fra le persone più esposte al fumo), ma le differenze restano comunque visibili (fra i 75-84enni la cronicità è pari al 72% fra i fumatori e gli ex fumatori e al 64% fra i non fumatori; fra gli over85enni è pari al 75% e 79% rispettivamente fra fumatori ed ex fumatori, contro il 70% fra i non fumatori).
Consumo di alcol
Nel quadriennio 2017-2020 il 16% degli adulti residenti in Italia fa un consumo di alcol a "maggior rischio" per quantità e/o modalità di assunzione: il 9% per consumi episodici eccessivi, binge drinking (5 o più unità alcoliche - UA in una unica occasione per gli uomini e 4 o più UA per le donne), l’8% per consumo alcolico esclusivamente/prevalentemente fuori pasto e il 2,5% per un consumo abituale elevato (3 o più UA medie giornaliere per gli uomini e 2 o più UA per le donne).
Dal 2010 al 2019 il consumo di alcol a “maggior rischio” nella popolazione adulta sembra stabile, ma è il risultato di direttrici diverse: un aumento nel Nord del Paese (dove è comunque più alto il consumo di alcol) e una riduzione al Sud; da un aumento fra le donne (fra le quali consumare alcol resta comunque abitudine meno frequente) e una riduzione fra gli uomini, sempre di modesta entità (± 2 o 3 punti percentuali) ma statisticamente significative. Allarmante il dato dei giovanissimi, 18-24enni, fra i quali il consumo di alcol a "maggior rischio" arriva a coinvolgere anche una persona su tre senza alcun accenno alla riduzione negli ultimi 10 anni (Figura 2A, 2B, 2C).
Il consumo a “maggior rischio” resta dunque caratterizzato da una maggiore frequenza fra i residenti del Nord, fra gli uomini e si caratterizza anche per essere più frequente fra le classi sociali più abbienti, senza difficoltà economiche e/o con livelli di istruzione elevati. Tuttavia l’indicatore del consumo a "maggior rischio" è un indicatore composito che dà conto di diverse modalità del bere e se l’analisi multivariata non mostra differenze significative per i determinanti sociali, se non occasionalmente e a svantaggio delle classi più abbienti, questo è vero solo per il bere fuori pasto e il binge drinking (le due componenti maggiori del consumo a "maggior rischio") ma non vero per il consumo abituale elevato che resta invece significativamente associato allo svantaggio sociale, per difficoltà economiche e bassa istruzione, con odds ratio per difficoltà economiche sempre significativamente superiori all’unità e in aumento nel tempo (Figura 2D, 2E, 2F) (PASSI 2017-2020).
I giovani e soprattutto i giovanissimi restano i più esposti (il 33% fa un consumo di alcol a “maggior rischio” e il 14% è binge drinker), ma con l’età si riduce il consumo a rischio anche se non diventa trascurabile e fra gli ultra65enni, nella classe di età in cui le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sul consumo alcolico medio giornaliero fissano la soglia a 1 UA al giorno (equivalente di un bicchiere di vino), il 19% ne consuma quantità maggiori.
Fra gli over65 che fanno un consumo di alcol rischioso per la salute, bevendo mediamente più di 1 UA al giorno più della metà (11%) non consuma più di 2 UA al giorno e questo fa pensare che si tratti del bere (il bicchiere di vino) durante i pasti, abitudine acquisita nel corso della vita che, si può immaginare, non venga percepita come rischiosa per la salute (PASSI d’Argento 2017-2020).
Altro dato preoccupante riguarda l’assunzione di alcol in condizioni di assoluta controindicazione, come in presenza di patologie croniche del fegato (il 50% fra gli adulti e il 28% degli ultra65enni con patologia epatica dichiarano di consumare alcol) o in gravidanza (il 17% delle donne in gravidanza riferisce di aver consumato alcol nei 30 giorni precedenti l’intervista) o durante l’allattamento (il 24% delle donne con bimbi di meno di un anno di vita che allattano al seno riferisce di aver consumato alcol nei 30 giorni precedenti l’intervista).
Sedentarietà
Secondo i livelli di attività fisica (AF) raccomandati dall’OMS (16) oggi il 47% della popolazione adulta in Italia può essere classificata come “fisicamente attiva”, il 23% “parzialmente attiva”, ma il 30% è “sedentaria”.
Dal 2008 la sedentarietà è andata aumentando ovunque nel Paese (ma in particolare nel Meridione, dove è passata da valori che sfioravano il 35% nel 2008 a valori che raggiungono quasi il 45% nel 2019), sia nelle donne che fra gli uomini e a tutte le età; si amplia il gradiente geografico a sfavore del Sud, mentre si mantengono nel tempo le differenze di genere (a sfavore delle donne) (Figura 3A, 3B, 3C).
La sedentarietà aumenta con l’età, dopo i 50 anni raggiunge il 35% (27% e 34% rispettivamente per uomini e donne) e oltre il chiaro gradiente geografico disegna anche un gradiente sociale (Figura 3D) a svantaggio delle persone socialmente meno abbienti, per difficoltà economiche (43% vs 25% rispettivamente fra chi riferisce di avere difficoltà economiche e chi non ne ha) o basso livello di istruzione (51% fra chi ha conseguito la licenza elementare vs 27% laureati) (PASSI 2017-2020).
Fra gli ultra65enni il 32% raggiunge i livelli di AF raccomandati dall'OMS (16), il 28% svolge qualche forma di AF ma non raggiunge i livelli raccomandati, mentre il 40% risulta completamente sedentario. Queste stime si riferiscono al 72% del campione di intervistati autonomi nella deambulazione e nel sostenere l’intervista, ovvero eleggibili al PASE (17, 18), lo strumento utilizzato in PASSI d’Argento per misurare l’AF negli anziani (Materiale Aggiuntivo). La sedentarietà aumenta all’avanzare dell’età e raggiunge il 64% dopo gli 85 anni e in linea con quanto emerge fra le generazioni più giovani; si confermano le differenze di genere a sfavore delle donne, il gradiente geografico a sfavore del Sud e il gradiente socioeconomico a sfavore delle persone con molte difficoltà economiche e basso livello di istruzione (PASSI d’Argento 2017-2020).
I livelli di AF fra gli over65 sono per lo più ottenuti dal movimento prodotto nello svolgimento delle attività quotidiane, come le attività domestiche, il giardinaggio o la cura dell’orto, oppure camminando, mentre molto meno frequentemente derivano da AF strutturata, che pure sarebbe raccomandata in questa fascia d'età.
L'eccesso ponderale
I dati riferiti di peso e altezza portano a stimare che più di 4 adulti su 10 sono oggi in eccesso ponderale, ovvero il 32% in sovrappeso e l’11% obesi.
Dal 2008 la quota di adulti in sovrappeso resta sostanzialmente stabile, tuttavia l’obesità, soprattutto negli ultimi anni, è aumentata, in modo contenuto ma statisticamente significativo ovunque nel Paese ad eccezione delle Regioni del Centro, dove si registra una riduzione. L’obesità è aumentata negli uomini come nelle donne e nelle classi di età prima dei 50 anni. Significativo il gradiente sociale dell’obesità e gli odds ratio che misurano l’associazione fra obesità e difficoltà economiche, aggiustati per altre caratteristiche anagrafiche, sono sempre maggiori dell’unità e non accennano a ridursi (Figura 4A,4B, 4C,4D).
Oggi l’eccesso ponderale, sovrappeso e obesità, è più frequente fra gli uomini (51%) e meno fra le donne (34%); coinvolge il 51% delle persone con molte difficoltà economiche (34% in sovrappeso e 17% obesi) contro il 38% di chi non ne ha, il 65% delle persone con basso livello di istruzione (41% in sovrappeso e 24% obesi) contro il 31% dei laureati (PASSI 2017-2020).
L’eccesso ponderale infine aumenta con l’età, perché aumenta sia il sovrappeso che l’obesità, ma diventa una condizione meno frequente superati i 75 anni, poiché l’indice di massa corporea è soggetto a variazioni legate a fattori biologici e patologici, per cui dopo questa età aumenta progressivamente la quota di persone che perdono peso indipendentemente dalla loro volontà, fattore questo potenzialmente fragilizzante. Se l’eccesso ponderale riguarda il 26% dei 18-34enni (21% in sovrappeso e 5% obeso) sale al 54% dopo i 50 anni e raggiunge il 61% fra i 65-74enni per ridursi progressivamente dopo i 75 anni fino al 48% fra gli over 85enni (PASSI e PASSI d’Argento 2017-2020).
Le differenze di genere e il gradiente sociale come quello geografico, in linea con quanto osservato per gli adulti, si confermano anche dopo i 65 anni.
Discussione
Dall’analisi delle serie storiche dei fattori di rischio comportamentali non si evincono miglioramenti in questo ultimo decennio. Ad eccezione della prevalenza di fumo di sigaretta, che continua la sua lenta riduzione, in corso però da oltre trenta anni e che comunque non tiene conto della quota progressivamente crescente di persone che vanno orientandosi negli ultimi anni verso i nuovi prodotti del tabacco, il consumo di alcol a rischio, la sedentarietà e l’eccesso ponderale peggiorano o al più restano stabili.
Il fumo di sigaretta si riduce, ovunque nel Paese, negli uomini e nelle donne e in ogni classe di età. La prevalenza di fumatori è scesa dal 2008 ad oggi mediamente di circa 5 punti percentuali, tuttavia non ha coinvolto allo stesso modo i diversi gruppi della popolazione e non mancano elementi su cui porre attenzione e che è necessario tener presente per la programmazione di politiche efficaci e mirate di contrasto al tabagismo: i) le generazioni di giovani adulti sono e restano le generazioni più coinvolte, anche se è a loro che si deve la gran parte della riduzione; ii) le generazioni più mature, che hanno già decenni di esposizione agli effetti dannosi del fumo di tabacco, sono invece le più restie al cambiamento e abbandonano difficilmente questa cattiva abitudine; iii) le differenze di genere restano rilevanti, dal momento che la prevalenza di fumo fra gli uomini è maggiore di circa 10 punti percentuali, anche se molta attenzione va posta al fumo fra le donne, in particolare nelle classi centrali di età e fra le residenti nel Meridione che più difficilmente delle altre generazioni o delle coetanee residenti altrove, sembrano voler abbandonare questa abitudine (19).
Il consumo di alcol a "maggior rischio" sembra stabile nel tempo ma è il risultato di andamenti opposti delle diverse componenti di questo indicatore composito e di miglioramenti in alcuni gruppi e peggioramenti in altri: aumenta nel Nord Italia (soprattutto il binge drinking) e si riduce nel Meridione, si riduce negli uomini ma aumenta nelle donne, resta stabile, peraltro a livelli allarmanti, fra i più giovani sotto i 25 anni.
Solo dal 2018 sembra ci sia un’inversione di tendenza nel consumo di alcol a "maggior rischio", confermata nel periodo pandemico. Presumibilmente con le chiusure dei locali e le restrizioni imposte per il contenimento dei contagi da SARS-CoV-2 si sono ridotte le occasioni di socialità e del bere in compagnia e dunque il binge drinking e il bere fuori pasto, ma il rischio che questo si traduca in un aumento del consumo abituale non è da escludere dal momento che proprio il consumo abituale elevato, pur coinvolgendo una quota ridotta di persone (sotto il 3%), sembra nel 2020 rallentare la discesa che si osservava negli anni.
La sedentarietà aumenta ovunque nel Paese e in particolar modo nel Sud Italia, come l’obesità che negli ultimi anni è aumentata al Sud come al Nord.
Il quadro che emerge del Sud del Paese è preoccupante per l’alta prevalenza di fumo fra gli uomini e per l’aumento o la resistenza che si intravede fra le donne, per la maggiore presenza di sedentari e obesi, che si accompagnano ad una maggiore prevalenza di altri fattori di rischio, come il diabete, ma anche ad una non ancora sufficiente offerta e/o adesione agli screening per la diagnosi precoce dei tumori (6, 20).
In questo ultimo decennio le disuguaglianze sociali nella salute e nella prevenzione non si sono colmate e ancora oggi sono significative. Con l’unica eccezione per alcune modalità di consumo di alcol a rischio (binge drinking e il bere fuori pasto), il consumo di alcol abituale elevato, il fumo, la sedentarietà e l’obesità, condividono lo stesso gradiente sociale e sono più frequenti fra le persone socialmente più svantaggiate, per difficoltà economiche e/o bassa istruzione. Così i determinanti comportamentali e i determinanti sociali della salute si concentrano negli stessi individui, aumentandone l’esposizione al rischio di malattia che si accompagna alla maggiore difficoltà di accesso alla prevenzione e alle cure e ad una maggiore vulnerabilità agli outcome di malattia (21-23).
Peraltro il counselling sanitario, strumento di provata efficacia nel promuovere il cambiamento verso stili di vita salutari e l’adesione ai programmi di prevenzione delle MCNT (24-30), sembra poco utilizzato; i dati PASSI e PASSI d’Argento mostrano che l’attenzione dei medici e degli operatori sanitari a queste tematiche è ancora bassa e orientata più ad una riduzione del danno, perché rivolta soprattutto alle persone con una condizione di salute in parte già compromessa, piuttosto che essere orientata ad una vera azione di prevenzione primaria e promozione della salute: nel 2017-2020 la quota di adulti intervistati che riferisce di aver ricevuto nei 12 mesi precedenti l’intervista il consiglio medico di smettere di fumare è del 51%, di perdere peso è del 37% fra le persone in sovrappeso e del 72% fra le persone obese, di praticare AF è del 29% e di bere meno solo del 6% (6, 9, 31, 32).
I dati 2020, raccolti in piena pandemia, mettono in luce che questa emergenza sanitaria rischia seriamente di sottrarre risorse e attenzione alla prevenzione e anche alla gestione delle MCNT. I dati di marzo-dicembre 2020 opportunamente analizzati mostrano che:
- rallenta la discesa dei fumatori e si accentua il calo dei tentativi di smettere di fumare, soprattutto fra le donne;
- si conferma la riduzione del bere fuori pasto e del binge drinking, intravista negli ultimi 2 anni dopo un continuo aumento, supportata evidentemente dalle ridotte occasioni di socialità, ma il consumo abituale elevato, anche se riguarda una quota contenuta della popolazione, sembra arrestarsi proprio nel 2020;
- emergono nuove vulnerabilità nella salute mentale: la giovane età, la buona istruzione e vivere al Sud si caratterizzano come nuovi profili di rischio per i sintomi depressivi e perdono la loro connotazione di caratteristiche “protettive”;
- cala anche l’adesione alle misure di prevenzione e/o di controllo delle MCNT: c’è una quota consistente di anziani che hanno rinunciato a visite mediche ed esami diagnostici (circa il 40%); si riduce significativamente la copertura degli screening oncologici; si riducono persino i controlli della emoglobina glicata nei diabetici.
Conclusioni
La ricchezza di informazioni, la continuità di raccolta dati, la tempestività nel rilascio dei risultati caratterizzano queste sorveglianze e ne rappresentano dei punti di forza, che consentono di far emergere e analizzare le disuguaglianze sociali nella salute e nella prevenzione, di valutare i cambiamenti nel tempo su breve-medio-lungo periodo e permettono a Regioni e ASL di disporre, in tempi molto brevi, di dati utili a programmare, monitorare, valutare e riorientare, attraverso interventi e misure mirate, le azioni di prevenzione e promozione della salute.
Queste sorveglianze sono dunque uno strumento strategico per orientare le politiche di sanità pubblica e oggi godono di una cornice normativa più solida di sempre, ma vanno valorizzate e utilizzate in modo più efficace per l’azione. Nonostante questo, in diverse realtà regionali, si è assistito a un graduale e paradossale impoverimento di risorse impiegate in queste attività e al lavoro collegato alla raccolta dati della sorveglianza a livello di ASL, continua ad essere attribuito un valore inferiore rispetto ad altre attività come le vaccinazioni, nonostante rappresentino entrambi dei LEA. Questo è dovuto verosimilmente alla scarsa disponibilità culturale dei Dipartimenti di Prevenzione ad integrare le proprie attività classiche di prevenzione con quelle, più complesse, di promozione della salute. Per superare le difficoltà e per aumentare ulteriormente la sostenibilità e l’utilità dei sistemi e la gratificazione del lavoro di sorveglianza, occorre costruire un contesto nel quale i dati raccolti siano di primaria importanza nel lavoro quotidiano sul territorio, non solo per predisporre la parte epidemiologica di documenti. È quindi necessario intensificare l’offerta di programmi di promozione della salute, progettando e implementando azioni mirate e intersettoriali con la partecipazione della società civile rendendo più capillare la rete degli operatori sociosanitari sul territorio, al fine di migliorare la qualità di vita e il benessere delle persone e ridurre le disuguaglianze nelle opportunità di salute e nell’accesso alla prevenzione e alle cure.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.
Finanziamenti: Ministero della Salute-Ccm, Istituto Superiore di Sanità.
Authorship: tutti gli autori hanno contribuito in modo signifi cativo alla realizzazione di questo studio nella forma sottomessa.
Ringraziamenti
Si ringraziano tutti gli Intervistatori, Coordinatori e Referenti locali, a livello aziendale e regionale, delle reti PASSI e PASSI d’Argento che con il loro impegno rendono possibile la disponibilità di queste informazioni. Le reti dei Coordinatori e Referenti locali sono disponibili ai seguenti indirizzi:
-
PASSI: www.epicentro.iss.it/...
-
PASSI d’Argento: www.epicentro.iss.it/...
Riferimenti bibliografici
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- Italia. Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2017. Identificazione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie. Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 109 del 12 maggio 2017.
- Italia. Decreto Ministeriale del 12 marzo 2019. Nuovo sistema di garanzia per il monitoraggio dell'assistenza sanitaria. Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 138 del 14 giugno 2019.
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(*) Componenti del Gruppo Tecnico Nazionale PASSI e PASSI d’Argento
- Maria MASOCCO, Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità
- Valentina MINARDI, Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità
- Benedetta CONTOLI, Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità
- Nicoletta BERTOZZI, Dipartimento di Sanità pubblica Ausl Romagna, Cesena
- Stefano CAMPOSTRINI, Dipartimento di economia, Università Ca’ Foscari, Venezia
- Giuliano CARROZZI, Dipartimento di sanità pubblica, AUSL Modena
- Marco CRISTOFORI, Unità operativa sorveglianza e promozione della salute, AUSL Umbria 2, Orvieto
- Angelo D’ARGENZIO, Igiene, Sicurezza Luoghi di Lavoro e OER, Regione Campania, Napoli Amalia Maria Carmela DE LUCA, ASP Catanzaro, Catanzaro
- Pirous FATEH-MOGHADAM, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, Trento
- Susanna LANA, Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità
- Valentina POSSENTI, Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità
- Mauro RAMIGNI, Dipartimento di Prevenzione, Aulss 2 Marca Trevigiana, Treviso Massimo ODDONE TRINITO, Dipartimento di Prevenzione, ASL Roma 2
- Stefania VASSELLI, Ministero della Salute, Roma