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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Come va interpretato lo studio della Protezione civile

Pietro Comba, Lucia Fazzo - reparto di Epidemiologia ambientale, dipartimento Ambiente e connessa prevenzione primaria, Istituto superiore di sanità

 

 

Il recente intervento in questa discussione di Luigi Bisanti, nell’illustrare la valutazione effettuata dalla segreteria dell’Associazione italiana di epidemiologia delle conoscenze a oggi disponibili dell’impatto sanitario del ciclo dei rifiuti, fa riferimento, tra gli altri, allo studio epidemiologico svolto in Campania da Oms, Iss e Cnr. Dato che anche altri interventi precedenti ne hanno fatto cenno, senza che sia mai stato illustrato in termini di obiettivi, metodologia e risultati, riteniamo opportuno illustrarne i punti principali.

 

Nel 2004 il capo del dipartimento della Protezione civile della Presidenza del consiglio ha commissionato al Centro europeo ambiente e salute dell’Oms uno studio sull’impatto sanitario del ciclo dei rifiuti nei Comuni delle Province di Napoli e Caserta. È stato così costituito un gruppo di lavoro formato, oltre che dall’Oms, dai reparti di Epidemiologia ambientale e Suolo e rifiuti dell’Iss, dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa, dall’Osservatorio epidemiologico e dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Campania. Hanno collaborato ai lavori del gruppo il Registro tumori Campania, il Registro campano difetti congeniti e le Asl territorialmente competenti (Napoli 1, 2, 3, 4, 5; Caserta 1 e 2).

 

Le analisi sono state svolte a livello comunale, il livello di disaggregazione più fine disponibile al momento dell’inizio dell’indagine, utilizzando i dati dei sistemi informativi regionali, dell’Osservatorio epidemiologico per la mortalità (dati Istat, anni 1994-2001) e del Registro campano difetti congeniti per la prevalenza delle malformazioni congenite (anni 1996-2002).

In una prima fase, sono stati calcolati i rapporti standardizzati di mortalità per le principali cause tumorali e i rapporti standardizzati di prevalenza di malformazioni congenite per ciascuno dei 196 Comuni rispetto alla popolazione regionale. Inoltre, sono stati elaborati gli stimatori Bayesiani per meglio tenere conto della variabilità geografica degli esiti sanitari indagati.

 

Studi diversi, stesse aree critiche

Sono emersi eccessi di rischio per la mortalità generale, per tutti i tumori e per alcune sedi tumorali specifiche (stomaco, fegato e dotti biliari, polmone, pleura, rene e vescica) e di prevalenza per tutte le malformazioni congenite e per alcuni gruppi specifici (cardiovascolari, urogenitali e degli arti) in Comuni concentrati in un’area a cavallo delle due Province, nel nord della Provincia di Napoli e nel sud della Provincia di Caserta [1].

 

Successivamente si è proceduto per alcune cause tumorali associate dalla letteratura scientifica alla residenza in prossimità di siti di smaltimento di rifiuti, e per alcuni gruppi di malformazioni, a un’analisi dei cluster per evidenziare l’eventuale aggregazione di Comuni con eccessi di queste patologie all’interno dell’area costituita dalle due Province. Dato che molte delle patologie in esame riconoscono un forte ruolo eziologico dello stato socioeconomico, l’analisi è stata effettuata standardizzando per indice di deprivazione comunale: questi risultati sono dunque da considerarsi “al netto” di questo fattore.

 

L’analisi ha evidenziato gruppi di Comuni con eccessi, rispetto al resto dell’area in studio, di mortalità per alcune sedi tumorali (stomaco, fegato, polmone, reni e vescica) e di prevalenza alla nascita delle malformazioni totali e di alcuni difetti congeniti specifici (sistema cardiovascolare, apparato urogenitale e degli arti). Questi gruppi di Comuni sono concentrati nella parte nord della Provincia di Napoli e nel sud della Provincia di Caserta, come già evidenziato dall’analisi precedente [2].

 

In definitiva, due studi svolti indipendentemente, con procedure di analisi diverse, hanno quindi evidenziato la medesima area, che si andava a sovrapporre con l’area che veniva indicata come quella più interessata dai siti di smaltimento di rifiuti pericolosi, gestiti con modalità illegali e dalle combustioni incontrollate di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani.

 

Lo studio di correlazione

Si è allora proceduto al disegno di uno studio di correlazione tra gli esiti sanitari in esame e un indicatore che tenesse conto della presenza dei siti di smaltimento di rifiuti e della loro pericolosità. È stato così costruito un indicatore comunale di “pressione ambientale da rifiuti”, utilizzando i dati forniti dall’Arpa Campania. Si tratta di informazioni riguardanti i siti presenti sul territorio nel periodo 1995-2003, in base ai flussi di dati delle notifiche per quanto riguarda i siti legali e di sopralluoghi ad hoc per i siti illegali.

 

Queste informazioni e la loro localizzazione geografica sono state verificate con l’archivio di fotografie aeree in possesso del dipartimento della Protezione civile. Ai siti selezionati in base alla presunta presenza di rifiuti pericolosi indipendentemente dalla volumetria, e di cumuli di rifiuti anche non pericolosi di volume al di sopra dei 10 mila metri cubi, è stato assegnato un punteggio di pericolosità potenziale in base alle caratteristiche dei rifiuti e alla loro localizzazione. È da notare che al momento non erano disponibili in modo sistematico dati analitici sulle sostanze chimiche presenti nei singoli siti.

 

Per ogni Comune si è quindi calcolato un “indice di rischio da rifiuti”, tenendo conto della popolazione residente nell’area circolare di raggio di 1 km da uno dei siti considerati e del punteggio di pericolosità a essi associato. Per l’utilizzazione dell’indicatore nel modello di correlazione si sono quindi costruite 5 classi di “rischio” crescente, con una metodologia che massimizza l’omogeneità dei Comuni all’interno di una stessa classe e la diversità tra classi. Sono così risultati 104 Comuni, dei 196 totali, nella classe I, ovvero con nessun’area di impatto di siti di rifiuti. Sono invece 8 i Comuni nella classe V, di maggiore pericolosità, per la presenza di aree di impatto di siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi. I rimanenti Comuni sono così distribuiti nelle classi intermedie: 24 nella classe II, 25 nella classe III e 35 nella classe IV. Come nell’analisi di clustering, anche l’analisi di correlazione ha tenuto conto dell’indice di deprivazione comunale, per cui anche in questo caso i risultati sono al netto del possibile effetto dello stato socioeconomico, anche se un effetto di confondimento residuo non si può escludere.

 

L’analisi ha evidenziato un trend crescente, passando da una classe inferiore di “rischio da rifiuti” a quella successiva di rischio di mortalità totale e per tutti i tumori (in entrambi i generi) e per alcune patologie neoplastiche (tumore del fegato e dei dotti biliari, in entrambi i generi; tumore polmonare e gastrico nei soli uomini) e di prevalenza alla nascita di alcune tipologie di malformazioni congenite (del sistema nervoso e dell’apparato urogenitale). Questi risultati vanno letti non per singolo Comune, ma per la media dei Comuni di ogni classe [3].

 

Priorità per l’intervento e per gli studi futuri

I risultati suggeriscono che la residenza in prossimità di siti illegali di smaltimento di rifiuti abbia avuto un ruolo nel determinare gli eccessi osservati, così come valutato anche dal recente position paper dell’Aie, nonché in accordo con le conclusioni del rapporto del 2007 dell’Oms “Population health and waste management: scientific data and policy options” [4] (pdf 1,63 Mb). Il nesso causale non è tuttavia accertato, visti i limiti propri degli studi di tipo geografico a livello comunale. È utile a questo proposito ricordare che questo ruolo va inquadrato nel complesso meccanismo eziologico multifattoriale delle patologie prese in esame, all’interno del quale lo stato socioeconomico riveste un ruolo importante. Motivo per il quale le analisi sono state standardizzate per indice di deprivazione, anche se un effetto di confondimento residuo, come si è detto, non può essere escluso.

 

In quest’ottica, dunque, lo studio nel suo complesso fornisce elementi per l’identificazione di priorità di bonifica ambientale e di interventi di sanità pubblica, per il beneficio dello stato di salute delle popolazioni. Inoltre, le aree emerse in questo studio potranno essere oggetto privilegiato per futuri studi di tipo analitico per valutare l’ipotesi di specifici nessi causali.

 

 

Note

[1] P. Comba, F. Bianchi, L. Fazzo, L. Martina, M. Menegozzo, F. Minichilli, F. Mitis, L. Musmeci, R. Pizzuti, M. Santoro, S. Trinca, M. Martuzzi, Health Impact of waste management Campania Working Group, “Cancer Mortality in an Area of Campania (Italy) Characterized by Multiple Toxic Dumping Sites”. In: Ann NY Acad Sci 2006; 1076:449-461.

 

[2] L. Fazzo, S. Belli, F. Minichilli, F. Mitis, M. Santoro, L. Martina, R. Pizzuti, P. Comba, M. Martuzzi, F. Bianchi, the Working Group, “Cluster analysis of mortality and malformations in the Provinces of Naples and Caserta (Campania Region)” (pdf 735 kb). In: Ann Ist Super Sanità 2008; 44(1): 99-111.

 

[3] M. Martuzzi, F. Bianchi, P. Comba, L. Fazzo, F. Minichilli, F. Mitis, “Trattamento dei rifiuti in Campania: impatto sulla salute umana. Studio di correlazione tra rischio ambientale da rifiuti, mortalità e malformazioni congenite. 2007”.

 

[4] Oms Europa, “Population health and waste management: scientific data and policy options. Report of a Who Workshop, Rome, Italy, 29-30 March 2007” (pdf 1,63 Mb).