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Diossine e animali nella catena alimentare: azioni preventive e di controllo della Asl Napoli 4

Alfredo Pecoraro - dirigente veterinario, Asl Napoli 4

 

La confusione che è nata intorno ad alcuni temi legati all’emergenza rifiuti dipende anche dal fatto che si tratta di argomenti tecnici, complessi, sui quali è molto facile che si generino equivoci a catena. È così che a volte si sentono affermazioni senza fondamento, come per esempio che tutti i rifiuti contengono diossina. È vero, invece, che la diossina viene immessa nell’ambiente dalla combustione dei rifiuti, ma anche dal traffico veicolare alimentato con benzene e gasoli e dalla combustione degli oli: si tratta di problemi che riguardano in generale le zone fortemente antropizzate e industrializzate, praticamente in ogni parte del mondo.

 

È importante sottolineare un aspetto: in base alle leggi vigenti, c’è una forbice ampia fra normativa ambientale e normativa sanitaria. In pratica, in base a queste norme il territorio dell’Asl Napoli 4 risulta idoneo per le attività umane, ma non sempre per il pascolo delle pecore.

 

La normativa sanitaria tiene conto in particolare del fatto che una pecora, quando bruca l’erba, ingerisce anche una certa quantità di terreno, che si può stimare intorno al 10-12% di quanto ingerito. Dato che il suolo può veicolare la diossina, è comprensibile che le norme per gli allevamenti e il pascolo siano rigide. In base ai limiti di legge, alle modalità di alimentazione delle pecore, al sistema di allevamento dei greggi e alla situazione epidemiologica ambientale, l’Asl Napoli 4 ha chiesto e ottenuto l’emissione di apposite ordinanze sindacali tese a vietare il pascolo vagante su gran parte del territorio; dal 2004 gli allevamenti ovini sono così diventati stanziali. Nei casi in cui questa ordinanza non viene rispettata scatta il sequestro; attualmente c’è un solo allevamento sequestrato. Nel 2003 sono stati abbattuti 5025 capi ovini contaminati da diossine. Dopo l’abbattimento, l’allevatore poteva decidere di ricostituire l’allevamento, a patto naturalmente di trasformare il sistema di allevamento, da pascolo vagante ad allevamento stanziale, ma nella pratica nessun allevamento è mai stato ricostituito.

 

In Campania da qualche mese viene attuato un piano di sorveglianza delle diossine, che si caratterizza per una programmazione a più ampio respiro, per la razionalizzazione delle strategie di monitoraggio, con possibilità di acquisizione di dati più attendibili e con valenza scientifica maggiore, per il coinvolgimento attivo degli allevatori e dei titolari di caseifici e per una più fattiva collaborazione tra i servizi veterinari delle Asl e l’Arpac.

 

I controlli effettuati

Per quanto riguarda gli allevamenti, l’Asl Napoli 4 effettua dal 2001 controlli sul latte, e dal 2005 anche sulla carne e sul foraggio. In questi anni ci sono stati casi non a norma: in tutto sono stati abbattuti 5050 animali, tra bovini e ovi-caprini, sono stati sequestrati 620 mila litri di latte, 300 forme di pecorino e 1500 quintali di foraggio. Nel 2008, finora, sono stati esaminati 3 campioni, tutti risultati entro i limiti consentiti, con tutto che, in base a un regolamento comunitario (pdf 99 kb) entrato in vigore nel 2006, le norme sono diventate anche più severe, in quanto si ricercano non solo le diossine e i furani ma anche i Pcb diossina-simili. Da quest’anno, poi, in base a una legge della Regione Campania del 2005, l’Asl farà anche i controlli sui prodotti finiti.

 

In assoluto, è praticamente impossibile che i livelli di diossina siano pari a zero, e questo discorso vale per tutto il mondo. L’importante è che questi livelli restino molto bassi, e comunque inferiori alla soglia stabilita per legge.

 

Gli effetti della diossina sulle pecore

È noto che la diossina ha un’azione immunosoppressiva e questo potrebbe favorire, in generale in tutti i mammiferi, l’azione abortigena e teratogena di alcuni virus, altrimenti non espressa.

Il discorso vale soprattutto per le pecore, considerate animali sentinella proprio perché brucano il terreno. È comunque da tenere presente che per gli animali da pascolo non si esclude anche l’eventuale ingestione di altri contaminanti ad azione teratogena, come per esempio i metalli pesanti. Va poi ricordato che negli allevamenti ovini è frequente la nascita di feti malformati a causa degli accoppiamenti tra consanguinei.

 

Gli allevamenti di Acerra

Nelle aree della Campania più interessate dall’emergenza rifiuti c’è molta preoccupazione per quanto riguarda gli effetti della diossina, accompagnata peraltro da informazioni spesso travisate. Diversi mezzi di comunicazione hanno parlato, per esempio, della presenza di un elevato rischio ambientale in particolare in un allevamento di pecore di Acerra, di proprietà della famiglia Cannavacciuolo. L’allevamento era stato sequestrato, con il divieto di commercializzare le produzioni zootecniche, nell’ottobre del 2003, dopo che le analisi su campioni di latte prelevati ad aprile dello stesso anno avevano dato esito positivo alla diossina. In seguito, in questo allevamento si è verificata una moria di animali accompagnata da aborti con feti malformati.

 

Allo stato attuale, data l’assenza di una sistematica anagrafe delle malformazioni ovine e la frequenza con cui si osservano questi eventi, non è possibile stabilire se la quantità di feti malformati osservati in quell’allevamento sia un evento anomalo.

 

Per quanto riguarda la moria, la diossina al massimo può essere stata una concausa, perché il suo effetto immunosoppressore può aver favorito l’azione di virus e batteri. La morte degli animali comunque è da mettere in relazione anche, e soprattutto, al decadimento delle condizioni di gestione del gregge per il mancato guadagno legato all’impossibilità di poter vendere i prodotti. Questo è avvalorato dal fatto che in un altro allevamento di Acerra, sequestrato più o meno nello stesso periodo, è stato osservato un minore tasso di mortalità:

mentre al momento del sequestro l’allevamento dei Cannavacciuolo aveva una consistenza numerica pari a circa il doppio dell’altro, al momento dell’abbattimento, alla fine del 2007, gli erano rimaste solo 126 pecore, contro le 1016 dell’altro allevamento. Questo lascerebbe ipotizzare che la mortalità nel primo allevamento sia attribuibile alle condizioni di gestione piuttosto che a reali rischi ambientali. Nel secondo allevamento anche il tasso di malformazioni era minore, e non si discostava troppo dalla norma: questo può essere dovuto alla diversità della miscela tossica ingerita.

 

Nessun pericolo per la mozzarella

Completamente diverso è il discorso per quanto riguarda i bovini e bufali. Infatti, mentre le pecore brucano l’erba e, quindi, il terreno, mucche e bufale non pascolano, e vengono nutrite con mais e fieno. Inoltre l’allevamento bovino e bufalino è più redditizio e quindi il bestiame viene gestito sicuramente con maggiore accortezza.

 

I controlli effettuati dall’Asl Napoli 4 sul latte di bufala hanno sempre dato, salvo rari casi, risultati negativi, anche nelle zone dove erano stati segnalati alti valori di diossina nel terreno. Va detto comunque che, fra i Comuni della Asl, solo Acerra fa parte del territorio della mozzarella di bufala campana Dop,ma nessun caseificio ha aderito al disciplinare: in pratica, la mozzarella di bufala prodotta con latte di bufale allevate nel territorio dell’Asl è sicura quanto a diossina, ma non è contrassegnata dal marchio Dop, caratteristico invece di altre zone della Campania.

 

Interessanti sono i risultati di una ricerca del Cnr condotta in Campania sia su campioni di latte bufalino sia sui relativi prodotti finiti. Non solo nessun campione ha superato i livelli previsti per diossine, furani e Pcb diossina-simili, ma si è accertato anche che nel prodotto finito questi livelli erano inferiori a quelli del latte di partenza: evidentemente nel processo di lavorazione una parte dei (pochi) contaminanti presenti viene eliminata nelle sieroproteine.

 

Per una sicurezza ancora maggiore, l’Asl Napoli 4 ha comunque consigliato agli allevatori alcuni rimedi utili per limitare ancora di più la presenza di diossina: per esempio, coprire con teloni il fieno e gli insilati di mais che servono come nutrimento per gli animali per evitare la contaminazione da diossine per ricaduta aerea, cercare di eliminare il più possibile il terreno presente nel silomais e nel fieno perché potrebbe veicolare le diossine, non disgiungendo ciò da un’opera di informazione sulle pratiche agricole e zootecniche che potrebbero generare diossine. È un esempio delle iniziative da parte della Asl che cercano di venire incontro alle esigenze degli allevatori, anche al di là degli obblighi di legge, per il bene della popolazione.