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World No Tobacco Day 2014: aumentare la tassazione sui prodotti del tabacco

L’edizione 2014 del World No Tobacco Day (31 maggio) si concentra sulla dibattuta questione della tassazione dei prodotti del tabacco come strategia per il contrasto al fumo. Questa misura – associata eventualmente all’utilizzo dei proventi delle accise per il finanziamento di programmi di controllo del tabacco – è indicata dalla “Who Framework Convention on Tobacco Control, Fctc” come un intervento chiave per contenere quella che viene definita ormai una vera e propria epidemia globale.

 

Le stime di mortalità sono infatti drammatiche: si parla di 6 milioni di morti all’anno (in un caso su dieci tra i “fumatori passivi”), numero destinato a salire per il 2030 a 8 milioni. E poiché l’80% di questi decessi si concentra in nazioni a reddito medio-basso, la leva economica si prospetta interessante.

 

I dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) suggeriscono che a un aumento del prezzo delle sigarette del 10% corrisponderebbe una riduzione della prevalenza dei fumatori del 4% nelle nazioni ad alto reddito e dell’8% nei Paesi a basso reddito. Un’analisi del “World Health Report 2010”, effettuata su un perimetro di 22 Paesi a basso reddito stima che un incremento della tassazione del 50% sarebbe in grado di generare una crescita speculare (del 50%) sugli investimenti pubblici in spese sanitarie.

 

L’Oms sottolinea che la campagna 2014 del No Tobacco Day intende sensibilizzare sia le istituzioni, cui spetta la decisione di un intervento sulla tassazione, sia la società civile e i singoli cittadini, che devono diventare parte attiva nel processo di cambiamento.

 

Per approfondire questi argomenti, sul sito dell’Oms leggi anche:

Il Convegno Iss

In occasione del World No Tobacco Day il ministero della Salute, l’Istituto superiore di sanità, l’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” e la Società italiana di tabaccologia organizzano il XVI convegno nazionale “Tabagismo e Servizio sanitario nazionale - Tobacco Taxes, La tassazione sui prodotti del tabacco” (scarica il programma, pdf 285 kb). Rappresentanti delle istituzioni, esperti autorevoli, rappresentanti di cittadini, consumatori e pazienti si sono riuniti il 30 maggio a Roma, presso il Ministero per una giornata di lavori focalizzata sul tema individuato quest’anno dall’Oms. Durante il convegno è stata presentata anche l’indagine Doxa 2014 “Rapporto sul fumo in Italia”.

 

Cosa succede in Italia

La prevalenza dei fumatori italiani è da anni in lento e costante declino, ma continuano a preoccupare alcuni comportamenti in controtendenza tra alcuni sottogruppi della popolazione, come le donne e i giovani.

 

Proprio alle donne è dedicata una nuova iniziativa di comunicazione, “Polmone rosa” la campagna di sensibilizzazione alle malattie respiratorie e in particolare al tumore del polmone coordinata dall’Agenzia nazionale per la prevenzione (Anp) a cui aderiscono diverse associazioni e società scientifiche. Inoltre, nell’ambito di Guadagnare Salute, sono stati prodotti materiali informativi pensati specificamente per le donne: vedi ad esempio l’opuscolo “Donne e fumo”.

 

I dati del sistema di sorveglianza Passi relativi al quadriennio 2010-2013 indicano che in Italia, fuma il 28% delle persone di 18-69 anni e, di questi, uno su 4 fuma più di un pacchetto al giorno. In un quadro di lento ma costante declino dell’abitudine, si conferma le differenza su base socio-economica (le persone meno abbienti fumano di più e sono anche meno inclini a smettere). Questo andamento potrebbe essere il risultato delle politiche di tassazione ma allo stesso tempo rileva la difficoltà di individuare interventi efficaci di disassuefazione dal fumo per le categorie svantaggiate. Quanto al fumo passivo, mentre il divieto di fumo nei locali pubblici e nei luoghi di lavoro è rispettato da 9 persone su 10, resta insoddisfacente la sensibilità all’esposizione in ambiente domestico, dal momento che il fumo è ammesso nel 22% delle abitazioni e comunque nel 15% di quelle in cui vivono minori). Incoraggiante comunque che le case libere dal fumo siano in aumento. Secondo i dati Passi sui tentativi di cessazione, 4 italiani su 10, per quasi la metà giovani, dichiarano un tentativo di cessazione nell'anno precedente l'intervista, ma meno di 1 su 10 va a buon fine. La quasi totalità delle persone che tenta di smettere, lo fa autonomamente. Solo 3 fumatori su cento hanno usato prodotti nicotinici e solo 1 su cento si è rivolto ai servizi o corsi offerti dalle Asl.

 

La sorveglianza Passi d’Argento, rileva che tra gli anziani ultra64enni, il 10% è fumatore, il 26% ex-fumatore e il 64% non fumatore. L’abitudine al fumo è più frequente tra gli uomini (13%) e tra le persone con molte difficoltà economiche (13%). Al contrario degli adulti, però, negli anziani i fumatori si concentrano tra le persone più istruite (13%).

 

Una fotografia sui consumi proviene invece dai grafici pubblicati su Epidemiologia & Prevenzione, la rivista della Società italiana di epidemiologia, da cui emerge un calo della prevalenza di fumatori registrato in Italia nel quinquennio 2008-2013 (la riduzione è tanto più marcata quanto minori sono le difficoltà economiche del fumatore) e un aumento delle disuguaglianze sociali di salute (il divario tra le persone più abbienti e quelle più svantaggiate passa da 11 punti percentuali nel 2008 a 15 punti nel 2013). Dai grafici risulta poi che negli ultimi 4 anni il minor potere d’acquisto riconducibile alla crisi economica ha modificato le quote di mercato (meno 16% per le sigarette confezionate, più 141% i trinciati per sigarette fatte a mano). Il consumo di tabacchi trinciati, meno costosi anche perché soggetti a minore tassazione, rappresenta il 4,9% delle sigarette fumate e, a conferma, ha una distribuzione prevalente tra i ceti meno abbienti. Una efficace strategia di contrasto al fumo dovrebbe perciò prevedere l’equiparazione della tassazione per i tabacchi trinciati e le sigarette confezionate.

 

Questi temi sono stati anticipati anche da Giuseppe Gorini epidemiologo dell’Ispo (Istituto per lo Studio e la prevenzione oncologica) di Firenze sul Sole 24Ore (pag 16, 27 maggio-2giugno 2014).

 

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Cosa succerebbe in Italia se…

…aumentasse la tassazione dei prodotti del tabacco?

La risposta c’è ma richiede una premessa. In Italia, secondo i dati pubblicati nel 2013 dall’Irish Tobacco Manufacturers’ Advisory Committee, il prezzo del pacchetto di sigarette (5 euro) si colloca più o meno a metà tra i massimi di Norvegia e Paesi anglosassoni (intorno ai 10 euro) e i minimi di alcune nazioni comunitarie economicamente depresse, come la Turchia e alcuni Paesi dell’ex Unione Sovietica (poco sopra 1 euro). C’è quindi spazio per un aumento della tassazione che, stando a due recenti studi condotti nell’ambito del progetto Ccm 2010 “Scenari futuri dell’abitudine al fumo in Italia tramite modelli di simulazione di impatto di politiche di controllo del tabagismo”, avrebbero effetti positivi.

 

Il primo studio, pubblicato Bmc Public Health su nel 2012, simula gli effetti di un progressivo incremento dei prezzi nel periodo 2010-2015 (più aggressivo all’inizio, più graduale successivamente), in modo da condurre quasi a un raddoppio del prezzo del pacchetto che, al termine dell’intervento, oscillerebbe tra 7,97 e 9,96 euro. In questo scenario, si otterrebbe una significativa riduzione della prevalenza dei soggetti che fumano, con uno scarto, rispetto allo uno scenario di non intervento, del 12% tra gli uomini (ovvero oltre 720 mila fumatori in meno) e del 9% tra le donne (cioè quasi 440 mila fumatrici in meno). Le ricadute sulla salute sarebbe altrettanto consistenti: tra gli uomini si eviterebbero 33 mila decessi, tra le donne 14 mila.

 

Le assunzioni del secondo studio, pubblicato su Cancer Preventio Research nel 2012, sono meno drastiche, ma comunque sufficienti a produrre benefici per la salute: un aumento secco della tassazione delle sigarette del 20% nel 2010 determinerebbe una riduzione dei decessi per tumore del polmone attribuibili al fumo del 2% nel 2030 e del 2,8% nel 2040, sia tra gli uomini sia tra le donne. La riduzione dei decessi per qualsiasi causa attribuibili al fumo si manifesterebbe a partire dal 2020 (meno 1,7% tra gli uomini e meno 1,8% tra le donne) e si consoliderebbe progressivamente fino al 2040 (meno 3,4% tra gli uomini e meno 3,5% tra le donne).

 

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Il divieto di fumo nelle scuole

A partire da aprile 2013, per monitorare la pratica del fumo di tabacco nella scuola, il ministero della Salute ha avviato e affidato al Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps) dell’Istituto superiore di sanità (Iss) il progetto Monitoraggio degli effetti della Legge 3/2003 e del Decreto Legge 104/2013 convertito con modificazioni nella Legge 8 novembre 2013, n. 128 (in G.U. 11/11/2013, n. 264). “Divieto di fumo per la tutela della salute nelle scuole”. Il progetto, che si colloca nell’ambito del programma interministeriale Guadagnare salute, è finalizzato ad acquisire informazioni oggettive sulla frequenza del fumo in ambiente scolastico e a valutare l’impatto delle normative introdotte (vieta di fumare in tutte le aree all’aperto di pertinenza degli istituti scolastici) tramite interviste ai dirigenti scolastici di un campione di scuole di primo e secondo grado e l’osservazione diretta dei luoghi interni, esterni e limitrofi alle scuole stesse, da parte di operatori sanitari. Il progetto, inoltre, si propone di valorizzare le iniziative di comunicazione e formazione sviluppate in ambito scolastico, orientate alla diffusione delle informazioni e alla crescita della consapevolezza del rischio connesso al tabagismo. Leggi l’approfondimento.

 

Risorse utili

 

Data di creazione della pagina: 5 giugno 2014