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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Annuario Istat 2008: sanità e salute in Italia

Nel 2006 sono circa 46 mila i medici di base presenti sul territorio nazionale: un valore

sostanzialmente stabile negli ultimi anni e che equivale a 8 medici ogni 10 mila abitanti. Per quanto riguarda i pediatri, se ne contano circa 7500, ovvero 9 ogni 10 mila bambini fino a 14 anni. Nel 2006, il numero medio di bambini assistiti è pari a 820. Gli ambulatori e i laboratori pubblici e privati convenzionati sono circa 17 ogni 100 mila abitanti nel 2006, in leggera riduzione negli ultimi tre anni. Rimane stabile l’offerta dei servizi di guardia medica: i medici addetti ammontano a 23 ogni 100 mila abitanti.

 

L’assistenza domiciliare integrata è sempre più importante in una società come quella italiana caratterizzata da un evidente processo di invecchiamento: su 180 Asl, sono 173 quelle che offrono questo servizio nel 2006. I pazienti assistiti a casa sono aumentati nel corso degli anni: da 396 mila nel 2005 a 414 mila nel 2006. Gli anziani ultrasessantacinquenni che usufruiscono dell’assistenza domiciliare costituiscono una quota molto rilevante del totale: a livello nazionale, la percentuale ammonta a 84,8%. Le strutture per l’assistenza semiresidenziale e residenziale nel periodo 2005-2006 hanno potenziato i propri servizi, aumentando sia il numero di posti letto, passati da circa 170 mila nel 2005 a circa 181 mila nel 2006 (+6%), sia il numero di posti per l’assistenza semiresidenziale, saliti da 36 mila a 38 mila (+6%).

 

Il servizio ospedaliero è il settore sanitario che negli ultimi anni ha mostrato i cambiamenti più significativi, nel tentativo di razionalizzare l’utilizzo delle risorse. Le novità hanno riguardato soprattutto la riduzione del numero di strutture e di posti letto e il trasferimento di una parte dell’attività dal regime ordinario al day hospital e agli altri servizi territoriali. Nel 2004, i posti letto ordinari sono 4 ogni mille abitanti (4,6 nel 2000). Alla diminuzione dell’offerta di posti letto corrisponde un’ulteriore riduzione delle degenze in regime ordinario (che scendono a 8,3 milioni nel 2004 dai circa 9,4 milioni del 2000). Analogo andamento si osserva per le giornate di degenza che, da oltre 72 milioni nel 2000, diminuiscono a circa 64 milioni nel 2004.

 

Si registra anche una progressiva diffusione della deospedalizzazione dei pazienti verso forme

alternative di ricovero, primo fra tutti il ricorso al day hospital. Questa forma di assistenza ha assunto un’importanza crescente testimoniata dal numero sempre più cospicuo di trattamenti effettuati (oggi i cicli di day hospital sono quasi 4 milioni) e da una dotazione crescente di posti letto, passati da oltre 27 mila nel 2000 a quasi 32 mila nel 2004 (14% circa del totale dei posti letto ordinari).

 

Aborto spontaneo e interruzione volontaria di gravidanza

Il fenomeno dell’abortività spontanea ha assunto un’importanza rilevante nel corso del tempo: il numero assoluto dei casi registrati è passato dai circa 56 mila del 1982 agli oltre 73 mila del 2005, con un aumento del 30%. I livelli di abortività crescono al crescere dell’età della donna e un rischio significativamente più elevato si nota a partire dalla classe di età 35-39 anni. In crescita (67% dal 1982 al 2005) il rischio di aborto spontaneo per le giovanissime di età compresa tra i 15 e i 19 anni. Le differenze territoriali sono abbastanza costanti nel tempo: i valori più alti si osservano quasi sempre al Nord e i più bassi al Sud. Nel 2005 il Lazio presenta il tasso di abortività spontanea più elevato (175,2 casi su mille nati vivi), la Campania quello più basso (106,3).

 

L’indagine sulle interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg) rileva che il tasso di abortività (calcolato per mille donne di età 15-49 anni), per l’anno 2005 è pari al 8,9. Nell’anno 2005 si osserva un generale decremento dei tassi in tutte le classi di età. Rispetto agli anni Ottanta bisogna segnalare la trasformazione del modello di abortività in Italia: una parte sempre più consistente di donne che ricorre all’aborto volontario in maniera più estemporanea. A ulteriore conferma di ciò, si osserva che nel 1981 ricorrevano all’Igv in maggioranza donne coniugate (72% del totale), mentre nel 2005 questa quota è scesa al 46%. Dal punto di vista territoriale, il valore più elevato spetta alla Liguria, con 11,9 Ivg ogni mille donne, seguita dalla Puglia (11,8) e dal Lazio (11,2). La Provincia autonoma di Bolzano e la Sardegna hanno invece valori più bassi, pari rispettivamente a 5,2 e a 5,7.

 

Le principali cause di morte

Con una media di 419,2 decessi ogni 100 mila abitanti, le malattie cardiovascolari si confermano la prima causa di decesso in Italia nel 2003. Al secondo posto si collocano i tumori (il 28,4% del totale dei decessi) con 344,1 morti tra gli uomini e 238,8 tra le donne ogni 100 mila abitanti. Al terzo posto, in crescita rispetto al 2002, si trovano le malattie dell’apparato respiratorio, che causano la morte di 70,8 persone ogni 100 mila. Più colpiti gli uomini con l’82,4% del totale. Per le cause di morte violenta si rileva un tasso pari a 44,5 ogni 100 mila abitanti.

 

Se negli adolescenti e nei giovani adulti maschi (15-29 anni) la maggior parte dei decessi è da ascrivere a cause di natura violenta (67,8% del totale dei decessi tra giovani maschi) - in prevalenza incidenti stradali, autolesioni e suicidi - in età adulta (30-59 anni) le principali cause di morte sono i tumori maligni (44,5% del totale dei decessi). Al crescere dell’età i decessi riconducibili a malattie del sistema circolatorio costituiscono la causa di morte più frequente (il 50% dei decessi degli ultraottantenni).

 

Malattie croniche

Nel 2007, il 73,3% della popolazione ha valutato come “buono” il proprio stato di salute: circa tre persone su quattro hanno dato un punteggio compreso tra 4 e 5 (su una scala che va da 1 a 5), con differenze di genere a svantaggio delle donne (70,2% contro 76,6% degli uomini). La presenza di patologie croniche costituisce un importante indicatore per comprendere lo stato di salute della popolazione. Il 39,2% dei residenti in Italia dichiara di essere affetto da almeno una delle principali patologie croniche oggetto della rilevazione. Quelle più frequentemente riferite sono l’artrosi/artrite (17,9%), l’ipertensione (15,8%), le malattie allergiche (10,6%), l’osteoporosi (7,3%), la bronchite cronica e l’asma bronchiale (6,4%), il diabete (4,8%).

 

Alimentazione e abitudine al fumo

La dieta tipica del nostro Paese è basata principalmente sul consumo di cereali: pane, pasta e riso, che rappresentano la principale fonte di carboidrati. Nel 2007, l’85,5% della popolazione di oltre 3 anni ne consuma almeno una volta al giorno, con una lieve flessione rispetto all’anno precedente (86,8%). Risulta anche molto elevato il consumo giornaliero di frutta, verdura e ortaggi tra le donne e gli anziani (85-90%), un po’ meno tra bambini e giovani (72,4%). Solo il 60,1% consuma pesce con una frequenza almeno settimanale a fronte del 71,8% che dichiara un consumo almeno settimanale di carni bovine.

 

L’abitudine al fumo nel 2008 riguarda il 22,2% della popolazione di 14 anni e oltre. Il dato è complessivamente stabile negli ultimi tre anni, sebbene tra il 2000 e il 2005 si sia registrata una riduzione della quota di fumatori di circa due punti percentuali. Il tabagismo è più diffuso negli uomini della fascia di età 25-34 anni (36,9%) e nelle donne di età compresa tra i 45 e i 54 anni (24,3%). I non fumatori sono il 52,9% della popolazione sopra i 14 anni ed evidenziano forti differenze di genere: il 38,9% degli uomini e il 65,9% delle donne.

 

Scarica la sezione dell’Annuario “Sanità e salute” (pdf 244 kb) e consulta sul sito dell’Istat l’intero rapporto 2008, suddiviso per capitoli.