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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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L’Italia e la bassa fecondità: le politiche possibili

L’80% dei ragazzi intervistati nell’ambito del Progetto “Studio nazionale fertilità” pensa di avere figli in futuro, una percentuale che diminuisce leggermente tra gli studenti universitari e notevolmente tra gli adulti. Infatti, quasi 1 persona senza figli su 3 dichiara con certezza di non volerne o di non avere alcuna intenzione di averli o di non averci ancora pensato. Il motivo di queste differenze è stato affrontato durante il convegno di presentazione dei risultati del Progetto, che si è svolto a Roma il 19 febbraio 2019. La motivazione più frequentemente riportata per non volere figli, o per rinviare in futuro la decisione di averne, riguarda aspetti legati a fattori economici o lavorativi, come il costo per accudire un figlio, la paura di perdere il lavoro, la carenza di servizi alle famiglie, o la mancanza di un aiuto adeguato alle famiglie con bambini. Aiutare le coppie ad avere i figli che desiderano è un obiettivo importante che risponde a più esigenze, tra cui:

  • permettere di avere quanti figli si desidera (attualmente molte delle coppie che desiderano 2-3 figli, ne hanno 1-2, o non ne hanno affatto)
  • un numero rapidamente decrescente di giovani metterebbe a repentaglio sia il nostro sistema produttivo, sia il nostro welfare.

Non ultimo, è importante aiutare le famiglie con figli perché oggi i bambini con più fratelli sono penalizzati dal punto di vista economico.

 

Le esperienze internazionali di fisco amico delle famiglie

Le esperienze messe in campo in altri Paesi evidenziano la necessità di modificare il regime fiscale, spostando risorse a favore delle famiglie con figli. Tra questi sono interessanti i risultati ottenuti in Germania e Russia, dove il tasso di fecondità è passato rispettivamente da 1,33 figli per donna del 2006 a 1,60 del 2016 e da 1,30 del 2006 a 1,75 del 2016. Anche alcuni studi sull’Italia mostrano che, in qualche caso di erogazioni aggiuntive di reddito dovute a leggi regionali, la fecondità è aumentata in misura significativa, mentre è diminuita l’abortività.

 

Tra gli interventi che si potrebbero mettere in atto a livello nazionale in Italia, uno riguarda la gestione degli assegni familiari, ad oggi erogati quasi esclusivamente ai genitori con lavoro dipendente, e delle detrazioni per i figli a carico, possibili solo a chi è in grado di pagare le tasse. Misure che di fatto escludono disoccupati e lavoratori autonomi.

 

Un’altra possibilità – di più complessa realizzazione – è seguire l’esempio francese, puntando sul quoziente familiare, ossia scalando verso il basso il reddito imponibile di una coppia al crescere del numero di figli.

 

Politiche di conciliazione

Oltre al lato prettamente economico, le coppie avrebbero bisogno di servizi educativi per i figli a prezzi ragionevoli, essenziali per permettere il rientro al lavoro in serenità.

 

Inoltre l’accesso ai servizi va pensato con uno sguardo all’equità. Ad oggi, l’accesso ai nidi comunali per i bambini di età 0-2 non è quasi mai condizionato dal reddito (anche se si rileva per determinare il livello della retta da pagare), ma la Pubblica amministrazione investe in servizi circa 700 euro al mese per ogni bambino che va al nido (20% del totale dei bambini). A chi invece non accede al nido, la Pubblica amministrazione non versa nulla. Altre disuguaglianze riguardano poi le scuole per l’infanzia (bambini di 3-5 anni): in vaste aree del Paese non vi sono scuole statali o comunali e molti genitori non hanno altra scelta che ricorrere alle scuole paritarie, che costano alle famiglie ogni anno 1200 euro in più rispetto alle scuole direttamente gestite dalla Pubblica amministrazione.

 

Per rispondere a queste esigenze, non bisogna pensare al libro dei sogni, bisogna partire dalla realtà. Nel Veneto, attraverso un contributo regionale, i servizi per i bambini di età 18-35 mesi sono aumentati  in modo decisivo attraverso l’istituzione delle sezioni primavera, dove la scuola per l’infanzia paritaria accoglie i bambini di quell’età con costi molto inferiori rispetto ai nidi pubblici. Sulla scia di Regno Unito e Germania, in Provincia di Trento da anni è consolidato il finanziamento pubblico ai genitori che mandano i figli presso le “mamme di giorno” (tagesmutter) signore, organizzate fra loro in associazione di impresa, che accolgono a casa propria 2-4 bambini.

 

Un’altra idea è quella di erogare a tutte le madri la cifra che oggi viene versata solo a quante prolungano l’aspettativa post-partum oltre il periodo obbligatorio, ricevendo dall’Inps, per sei mesi, il 30% dello stipendio. Questa misura potrebbe agevolare il pagamento di un nido o di una baby-sitter per le donne che vogliono tornare presto a lavorare.

 

Cosa prevedono i dati sulla natalità

Dal 2010, anche se la fecondità non è poi variata di molto (1,32 figli per donna nel 2018 contro il massimo di 1,46 nel 2010), il numero di nati è drasticamente diminuito, raggiungendo 449 mila nel 2018, il minimo dell’Italia unita, a causa della diminuzione del numero di donne in età fertile (meno italiane e drastica diminuzione degli arrivi di giovani straniere). Se la fecondità resterà su questi livelli e non vi saranno nuovi flussi immigratori di giovani donne, il numero di nascite è destinato inevitabilmente a scendere portando a un invecchiamento della popolazione ancora più rapido di quello osservato nell’ultimo decennio (senza migrazioni, per ritornare nel 2030 ad avere 500mila nascite, sarebbero necessari 1,76 figli per donna).

 

Vale quindi la pena provare a combattere la denatalità perché il desiderio di avere figli per molte coppie è forte e ci sono segnali che anche da noi le coppie rispondano a condizioni più favorevoli, trovando il coraggio di mettere al mondo qualche figlio in più. Inoltre, tutte le misure illustrate vanno nella direzione di ridurre disuguaglianze e privilegi che, in un Paese disuguale come l’Italia, non sarebbe cosa da poco.

 

Risorse utili

 

Data di creazione della pagina: 14 marzo 2019

Autori: Maria Castiglioni e Gianpiero Dalla Zuanna - Dipartimento di Scienze Statistiche, Università di Padova