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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Lo stato di salute dei Paesi Ocse

Scarica il comunicato stampa (pdf 128 kb) e consulta sul sito dell’Ocse i risultati del rapporto.

Continua a migliorare, nel complesso, la salute pubblica dei Paesi più sviluppati: l'aumento del tenore di vita, l’incremento dell’alfabetizzazione, il maggiore accesso ai servizi sanitari, sono tutti fattori che svolgono un ruolo cruciale per l’aumento dell’aspettativa di vita e la diminuzione della mortalità infantile nei Paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). È quanto emerge da “Health at a glance 2007”, il nuovo rapporto Ocse che fa il punto sull’assistenza sanitaria nei Paesi aderenti all’organizzazione. Le principali cause dei potenziali anni di vita persi prima dei 70 anni sono gli incidenti e le violenze (29%), seguite da tumori (21%) e malattie circolatorie (18%). Per le donne, i decessi sono causati principalmente da cancro (31%), cause esterne non mediche (17%) e malattie circolatorie (13%).

 

Malattie cardiovascolari e tumori

Insieme, cardiopatia ischemica e ictus rappresentano un quarto di tutti i decessi nei Paesi dell'Ocse nel 2004. Il tasso di mortalità dei pazienti per infarto e ictus a 30 giorni dal ricovero ospedaliero è stabile dagli anni Novanta complessivamente al 20%, ma è estremamente variabile da Paese a Paese. I dati supportano l'ipotesi che le differenze nei tassi di mortalità per cardiopatia ischemica siano dovuti a fattori di rischio come la dieta: livelli elevati si registrano in Ungheria, Repubblica Ceca e Finlandia, mentre sono molto bassi quelli di Giappone e Corea, seguiti da quattro Paesi del sud Europa (Francia, Spagna, Portogallo e Italia).

 

Il rapporto conferma anche la maggior incidenza delle malattie cardiache negli uomini piuttosto che nelle donne, oltre alla tendenziale diminuzione dei tassi di mortalità nell’area Ocse a partire dagli anni Ottanta (dovuta sia alla riduzione dei fattori di rischio come fumo e ipertensione, sia ai miglioramenti significativi nei trattamenti medici). Ulteriori elementi di prova per quanto riguarda l'importanza dell’organizzazione dei servizi viene dai bassi tassi di mortalità dei Paesi scandinavi, in particolare Islanda e Finlandia. Questi Paesi per primi hanno istituito unità dedicate all’ictus negli ospedali, una pratica che ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza e il funzionamento neurologico dei pazienti. Circa il 70% delle vittime di ictus in questi Paesi sono state trattate in unità di questo tipo già nel 1998.

 

I tumori rappresentano la seconda causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari, con una media del 27% dei decessi e tassi di mortalità più alti per gli uomini che per le donne: guarda la figura. Nel 2004, il divario di genere - spiegabile, almeno in parte, dalla maggiore prevalenza di fattori di rischio tra gli uomini e alla maggiore disponibilità delle donne all'uso di programmi di screening - è stato particolarmente ampio in Giappone, Corea, Francia, Lussemburgo, Spagna e Slovacchia. La differenza di genere è particolarmente evidente per il tumore polmonare: i tassi più elevati sono stati registrati in tutta l'Europa centrale e orientale, Grecia e Corea: Paesi in cui il numero di fumatori tra gli uomini è maggiore.

 

I Paesi che hanno adottato serie politiche di prevenzione e programmi di screening mostrano risultati apprezzabili: il tasso di mortalità del tumore al seno, la forma di cancro più comune tra le donne dei Paesi Ocse (con incidenza pari al 30%), è diminuito. È cresciuto invece quello di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi. Il cancro al seno è un tumore in cui la combinazione di interventi di sanità pubblica e il miglioramento della tecnologia medica ha contribuito a sostanziali miglioramenti in termini di sopravvivenza. Una maggiore consapevolezza della malattia e la promozione degli screening mammografici hanno portato all’individuazione della malattia a stadi precoci, mentre i progressi tecnologici e chirurgici hanno elevato il tasso di sopravvivenza delle donne colpite da tumore al seno. Guarda la figura.

 

La diagnosi precoce e i programmi di screening hanno aumentato i tassi di sopravvivenza anche per i pazienti colpiti da tumore del colon retto e tumore alla cervice.

 

Alcol, fumo, alimentazione: vecchi e nuovi fattori di rischio

Obesità e fumo sono tra le principali cause delle malattie cardiovascolari nelle società del benessere e colpiscono mortalmente il 38% dei cittadini dei Paesi più sviluppati. In molti Paesi Ocse l’utilizzo del tabacco si è notevolmente ridimensionato, anche se rimane comunque una delle cause più alte di mortalità prematura. Questo declino è in gran parte dovuto alle politiche mirate alla riduzione del consumo di tabacco attraverso campagne pubblicitarie e l’incremento delle tasse sul prodotto. A partire dal 2000, le politiche antifumo hanno fatto registrare una notevole flessione dei consumi di tabacco in Belgio (dal 31% al 20%), Canada (dal 22% al 17%), Danimarca (dal 30% al 26%), Corea (dal 30% al 25%) e Lussemburgo (30% al 23%). Al contrario, in Grecia i fumatori non accennano affatto a diminuire, anzi aumentano costantemente (dal 35% al 39%). Come per il fumo, le variazioni tra Paesi nel consumo di alcol riflettono non solo un cambiamento nelle abitudini dei cittadini, ma anche il successo delle politiche adottate dai governi: le limitazioni in materia di pubblicità, i severi controlli sulle vendite e l’elevata imposizione fiscale hanno abbattuto i consumi nella maggior parte dei Paesi nordici.

 

Nell’area Ocse, la crescita del sovrappeso tra bambini e adulti sta rapidamente diventando una delle principali preoccupazioni di salute pubblica, interessando in modo trasversale tutti i gruppi socioeconomici, indipendentemente da sesso, età, razza, reddito o livello di istruzione. Oltre il 50% degli adulti è considerato in stato di sovrappeso o obeso in 15 Paesi Ocse e, negli ultimi vent’anni, il tasso di obesità è più che raddoppiato negli Stati Uniti, si è triplicato in Australia e si è più che triplicato nel Regno Unito. Quasi il 23% degli adulti di Regno Unito, Grecia, Australia e Nuova Zelanda sono obesi. Al contrario, le nazioni più “snelle” sono Giappone, Corea, Francia e Svizzera. In Italia gli obesi sono il 10% della popolazione, contro una media Ocse del 14,6%. Guarda la figura.

 

Suicidi, malattie infettive e salute del cavo orale

Il suicidio è una causa di morte piuttosto rilevante nei Paesi sviluppati: sono almeno 130 mila i suicidi rilevati nell’area Ocse nel 2004. I dati confermano una generale diminuzione del fenomeno in Europa, ad eccezione dell’Ungheria, e un costante aumento dal 1990 dei tassi di suicidio in Corea e Giappone, ben al di sopra della media Ocse. Il rapido ammodernamento sociale e l'erosione della famiglia tradizionale sembrano aver determinato l’incredibile aumento dei suicidi tra i maschi asiatici che, triplicatisi, sono arrivati a toccare quota 36 ogni 100 mila abitanti.

 

I problemi dentali, per lo più in forma di carie e gengiviti, colpiscono il 60-90% dei bambini in età scolare e la stragrande maggioranza degli adulti dei Paesi sviluppati. Disturbi dentali e malattie trasmissibili per via orale rappresentano un importante problema di salute pubblica nei Paesi Ocse: l’elevato costo dei trattamenti delle malattie del cavo orale, infatti, comporta la ricaduta dei costi sociali in particolar modo sui gruppi più svantaggiati.

 

Le vaccinazioni infantili si sono dimostrate una delle misure preventive più efficaci nel ridurre malattie e mortalità infantile e, in termini di costi, tra gli interventi più efficaci di politica sanitaria. Attraverso la vaccinazione di massa, la polio e la difterite sono state debellate in tutta l'Ocse. Circa due terzi dei Paesi ha ottenuto una copertura di oltre il 95% di vaccinazioni contro difterite, tetano e pertosse, ovvero il livello indispensabile per assicurare l’immunizzazione generale della popolazione. In Europa la diffusione del vaccino per il morbillo ha fatto calare i contagi di circa dieci volte rispetto ai livelli dei primi anni Novanta. Guarda la figura. Da segnalare come il morbillo, nonostante sia una malattia pericolosa, registri tassi di vaccinazione inferiori a quelli delle altre malattie infettive. Ciò è dovuto probabilmente alle preoccupazioni, prive di fondamento scientifico, che il vaccino contro il morbillo determini l’insorgenza dell’autismo. Nel 2006, la conseguente riduzione delle vaccinazioni ha provocato nel Regno Unito la più grave epidemia di morbillo degli ultimi vent’anni. In Irlanda, Francia, Giappone, Italia e Svizzera si sono verificati episodi simili.

 

Costi sanitari in crescita

Dal 1960 (anno di fondazione dell’Ocse), la spesa sanitaria dei Paesi aderenti è salito mediamente di circa 5 punti percentuali attestandosi al 9% del Pil, con una spesa media pro-capite di 2759 dollari. Un dato che indica l’accresciuta attenzione dei governi nazionali nei confronti del settore della sanità. Questa percentuale varia tra il 6% circa di Corea, Polonia e Messico e il 15,3% degli Stati Uniti.

 

Il settore pubblico continua a essere la principale fonte di finanziamento della salute in tutti i Paesi Ocse (a parte Messico, Stati Uniti e Grecia). Nel 2005 la quota pubblica della spesa sanitaria è in media del 73%, cui si sommano il 20% per beni e prodotti sanitari e 3% per la prevenzione. Di questo totale, solo l’11% è destinato alle cure di lunga durata, ovvero ai pazienti cronici. Gli Stati Uniti si confermano con ampio margine come il Paese con la maggiore spesa sanitaria complessiva (pubblico + privato), più che doppia della media Ocse. All’altro estremo della graduatoria, Turchia, Messico e Polonia, la cui spesa è ben al di sotto dei 1000 dollari pro-capite.

 

L’incremento della spesa sanitaria dei Paesi Ocse si deve in gran parte alla forte domanda di farmaci avutasi negli ultimi anni. Nel 2005, gli Stati Uniti hanno avuto il maggior tasso di spesa pro capite destinata ai farmaci, maggiore dell’86% della media Ocse (pari a 792 dollari a testa). Gli Stati Uniti sono seguiti da Canada, Francia, Spagna e Italia. I Paesi che spendono meno sono invece Messico, Polonia e Danimarca. L’uso di farmaci è in aumento in tutto i Paesi Ocse non solo in termini di spesa, ma anche in termini di quantità di farmaci consumati. Senza dubbio uno dei fattori che contribuisce di più a questa tendenza è l'invecchiamento della popolazione, oltre all'aumento della prevalenza del diabete e dei disturbi psicologici. Il consumo di antidepressivi è particolarmente elevato in Islanda, Australia, penisola scandinava, Belgio e Francia. Guarda la figura.

 

Qualità dell’assistenza e malattie croniche

La qualità dell’assistenza sanitaria, misurata in base all’offerta di interventi appropriati o in base agli effetti sulla salute della popolazione, sta migliorando nei paesi dell’area Ocse. Il progresso nelle cure e nello sviluppo di nuove medicine ha contribuito al continuo miglioramento dello stato di salute dei cittadini. Allo stesso tempo, però, la spesa sanitaria non è mai stata così alta.

 

La salute della popolazione Ocse è infatti determinata principalmente da fattori socioeconomici e dallo stile di vita, più che dalla fornitura delle cure sanitarie. L’aumento dei problemi di salute legati all’obesità riflettono un cambiamento nelle abitudini nutrizionali e uno stile di vita più sedentario, che programmi sanitari pubblici ben organizzati potrebbero prevenire e tenere sotto controllo nel lungo periodo.

 

I Paesi Ocse si dimostrano efficienti nelle fasi acute e carenti nella gestione delle malattie croniche, meno nella gestione a lungo termine di queste patologie. In altre parole, i sistemi sanitari si dimostrano poco capaci di rispondere alle esigenze di tutti quei malati di lunga durata, che necessitano di assistenza prolungata e educazione sanitaria. Una carenza che il rapporto mette in luce attraverso l’analisi del trattamento delle due patologie croniche più comuni: asma e diabete.

 

Asma e diabete: due casi emblematici

L'asma è la più comune malattia cronica in età pediatrica, e negli ultimi decenni è in costante crescita. Stati Uniti e Unione europea hanno speso rispettivamente circa 14 miliardi e 26 miliardi di dollari per la cura dell’asma e, di questi, i costi di ospedalizzazione rappresentano quasi un terzo del totale. Gli alti tassi di mortalità e di ospedalizzazione e le complicanze sono fuori controllo. In media, infatti, nell’area Ocse si ricoverano annualmente 6 asmatici su 10 mila, cifra che raddoppia in Finlandia e in Usa.

 

Il diabete è diventata una delle più importanti sfide di sanità pubblica del millennio. Nel mondo oltre 150 milioni di adulti ne sono affetti e il numero dovrebbe raddoppiare nei prossimi 25 anni, alimentato in gran parte dalla crescita dell’obesità. Il diabete è anche la principale causa di cecità nei Paesi industrializzati e la causa più comune di malattie renali all'ultimo stadio negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone. Mentre i recenti progressi della medicina hanno portato a una riduzione della mortalità da malattie cardiovascolari nei paesi Ocse, una tendenza altrettanto positiva non è stata riscontrata per i pazienti diabetici. Questa patologia necessita di stili di vita salutari, di periodici controlli della glicemia e della vista. Esami a cui però ci si sottopone molto poco: per esempio, soltanto poco più della metà dei pazienti malati di diabete effettua visite oculistiche annuali, per evitare complicanze agli occhi. Anche nel Regno Unito, il Paese Ocse più attento al controllo del diabete, quasi un sesto dei diabetici non effettua alcun controllo. Guarda la figura.

 

La carenza di risorse per la sanità

La carenza di medici e infermieri è infine una problematica rilevante in molti Paesi Ocse. Il numero, la distribuzione e la composizione della classe medica è influenzata da diversi fattori, tra cui le restrizioni nell’accesso alla professione, la scelta della specializzazione, la retribuzione, le condizioni lavorative e la mobilità professionale. Il numero dei dottori pro-capite risulta scarso in Turchia, Messico e Corea, ma è appena sufficiente anche in Giappone, Canada, Regno Unito e Nuove Zelanda, Paesi che tradizionalmente controllano maggiormente l’accesso alle facoltà di medicina. Nei Paesi anglosassoni come Nuova Zelanda, Regno Uniti, Stati Uniti e Canada la percentuale di specialisti formati all’estero è superiore al 20%, mentre in Giappone, Austria e Francia è molto più bassa. Migrazioni internazionali possono incrementare la flessibilità dei mercati del lavoro per i medici e altre professionalità sanitarie, ma allo stesso tempo creano preoccupazione per una "fuga dei cervelli" nel lungo periodo dai Paesi a bassa retribuzione a quelli con remunerazione elevata.

 

Scarica il comunicato stampa (pdf 128 kb) e consulta sul sito dell’Ocse i risultati del rapporto.