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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Rimozione dei tatuaggi

La rimozione di un tatuaggio comporta l’eliminazione, attraverso tecniche chimico-fisiche e/o chirurgiche, del pigmento introdotto in modo permanente durante la sua realizzazione.

 

Con l’aumento della popolarità del tatuaggio sono aumentati anche i casi di “pentimento”. I pentiti in Europa vanno dal 5-20%, negli Stati Uniti i valori sono intorno al 14-17% e in Canada sono stimati al 17%. In Italia il 17,2% dei tatuati ha pensato di rimuoverli e il 4,3% li ha effettivamente rimossi per vari motivi.

 

Le motivazioni per cui ci si pente di un tatuaggio e si desidera rimuoverlo possono essere le più svariate: perdita di significato (51,3%), non piace più (39,3%), colore sbiadito (15,9%), incompatibilità con il lavoro (11,4%), motivi di salute (11,4%).

 

È importante sapere che la rimozione del tatuaggio è un atto medico. Solamente il medico può eseguire questo trattamento che è considerato, in alcuni casi, invasivo e in ogni caso non privo di rischi.

 

I fattori che influiscono sulla rimozione sono riconducibili a: dimensioni, profondità e sede del tatuaggio; caratteristiche del tatuaggio, numero di interventi e costi di rimozione; epoca del tatuaggio. Sulla base di questi fattori la rimozione si può realizzare con vari metodi.

 

In passato la rimozione era realizzata attraverso l’uso di metodi meccanici oppure con prodotti chimici o tramite asportazione chirurgica.

 

Tra i metodi meccanici vi sono:

  • la salabrasione consiste nella cancellazione del pigmento attraverso la causticazione del tessuto utilizzando il cloruro di sodio oramai quasi completamente abbandonata perché molto spesso si formano cicatrici discromiche con residui di pigmento ed evidenti alterazioni della texture cutanea
  • la dermoabrasione agisce sullo strato superficiale della cute fino ad arrivare al pigmento contenuto nel derma mediante l’uso di frese rotanti.

Mentre tra i metodi chirurgici vi sono:

  • la criochirurgia, utilizzata con ottimi risultati per la distruzione di verruche, neoformazioni tumorali benigne e maligne, agisce attraverso la necrosi dei tessuti interessati dal tatuaggio tramite applicazione di azoto liquido, attualmente poco praticata perché, oltre ad una guarigione molto lenta, procura una distruzione non selettiva dei tessuti spesso con esiti cicatriziali indesiderati e discromici
  • l'asportazione chirurgica, impiegata per rimuovere tatuaggi di piccole dimensioni e presenti in aree del corpo facili da trattare; in caso di reazione allergica l’escissione chirurgica o dermatome shaving viene impiegata poiché nessun residuo di pigmento e/o prodotti di degradazione vengono lasciati nella pelle.

I metodi chimici si basano sull’impiego di sostanze e preparati chimici con implicazioni di differente rilevanza sanitaria. Le sostanze utilizzate in passato (nitrato d’argento, acido tannico, fenolo, ecc) causavano profonde cicatrici.

 

Oggi si ricorre soprattutto all’acido tricloroacetico sulla cute che interagisce con gli strati cellulari più profondi dell’epidermide fino ad arrivare ai pigmenti posti nel derma. Se si opta per un peeling chimico profondo, è importante sapere che ciò può creare necrosi e infiammazione dell’epidermide, del derma papillare e del derma reticolare. La rimozione del tatuaggio realizzata con metodi chimici è attualmente poco praticata a causa dell’elevata probabilità di effetti indesiderati. La rimozione chimica del tatuaggio deve essere eseguita da personale medico, nei casi in cui non è possibile impiegare altri metodi.

 

Attualmente, in assenza di  reazioni allergiche, il metodo di rimozione maggiormente impiegato è il laser.

 

Negli ultimi decenni tramite la tecnologia laser e, in particolare, tramite lo sviluppo e l’impiego dei laser Q-Switched, progettati tenendo conto della teoria della “Fotoermolisi selettiva”, è possibile eliminare i tatuaggi in modo sicuro ed efficace senza gli effetti indesiderati delle metodiche prima illustrate.

 

La corrispondente termofotolisi indotta dalla lunghezza d’onda (λ) consente il targeting selettivo dei coloranti senza distruggere la pelle.

 

I tre tipi di laser preferiti sono le versioni Q-switch del laser ruby (λ=694 nm; efficace contro il nero, blu e verde), del laser Nd: YAG (λ=1064 nm e 532 nm; efficace contro il nero e il buio blu o rosso arancione e alcuni gialli) e del laser alessandrite (λ=755 nm; efficace contro il nero, il blu e il verde). In genere occorrono da quattro a dieci sedute per eliminare un tatuaggio. In alcuni casi, la rimozione completa non viene mai raggiunta (in particolare per i tatuaggi multicolori), spesso a causa da pigmenti inorganici come ferro, zinco e ossidi di titanio, oppure a volte per eliminare completamente un tatuaggio multicolore può occorrere più di un sistema laser. I tatuaggi eseguiti da tatuatori professionisti in genere sono più difficili da rimuovere a causa della profondità di deposizione e della concentrazione dei pigmenti.

 

I laser sfruttano energia luminosa con lunghezze d’onda variabili. Il colore viene frammentato e quindi eliminato dal sistema immunitario. Recentemente sono stati messi a punto Laser con impulsi ancora più brevi e cioè dell’ordine dei picosecondi (un picosecondo corrisponde alla millesima parte di un nanosecondo). Questi laser di ultima generazione si sono dimostrati ancora più efficaci nel rimuovere selettivamente i diversi tatuaggi, in particolare i tatuaggi color pastello e i tatuaggi già trattati con i laser a nanosecondi ma non completamente schiariti, poiché in questi casi i granuli di pigmento risultano essere più piccoli e quindi un impulso più breve risulta essere più efficace.

 

Rischi e complicanze

La rimozione del tatuaggio non può essere effettuata dal tatuatore, ma presso strutture sanitarie da personale medico.

Infatti, molte di queste tecniche possono presentare complicanze ed effetti indesiderati di rilevanza sanitaria come: alterazioni della pigmentazione, la formazione di croste e vescicole, l’eritema transitorio o il sanguinamento dei piccoli vasi sanguigni e dei capillari causati dai picchi energetici del laser.

 

Nei trattamenti di rimozione con il laser, tra i disordini della pigmentazione, l’ipopigmentazione rappresenta la complicazione più frequente; a seguire l’iperpigmentazione. Altro possibile effetto collaterale è il viraggio permanente del tatuaggio, in un colore solitamente più scuro.

 

Inoltre, la rimozione del tatuaggio può dare luogo a reazioni di ipersensibilità. Non è solo il pigmento che può innescare una reazione ma anche i suoi prodotti di degradazione. Le reazioni allergiche locali, a seguito di rimozione con il laser, sono state osservate prevalentemente con il pigmento rosso (presenza di mercurio), verde (presenza di cromo) e blu (presenza di cobalto).

Nella tabella seguente (tratta dalle Linee guida regionali per la prevenzione dei rischi da attività di tatuaggio e piercing del Friuli Venezia Giulia) sono riportate le possibili complicanze legate alla rimozione con il laser, la presentazione clinica e l’inizio dei sintomi.

 

rimozione tatuaggi

 

Infine, è bene ribadire che la rimozione del tatuaggio può essere lunga e costosa e che i risultati non sono sempre quelli desiderati. I tatuaggi monocromatici e i pigmenti naturali possono essere rimossi più facilmente dei policromatici e dei pigmenti artificiali. Va sottolineato che i tatuaggi più vecchi vengono eliminati più agevolmente. Inoltre alcune sedi del corpo sono più difficili da trattare tutte le aree genitali dell’uomo e della donna, il viso, il petto e l’area di flessione degli arti in cui la pelle è estremamente delicata, il dorso delle mani o dei piedi sui quali l’asportazione del tatuaggio rischia di lasciare cicatrici permanenti.

 

Risorse utili

 

Data di creazione della pagina: 17 ottobre 2019

Autori: Antonia Pirrera e Alberto Renzoni - Centro nazionale Tecnologie innovative in sanità pubblica (Tisp), Iss