Gravidanza, parto, allattamento al seno: risultati dell’indagine Istat 2004-2005
Le donne italiane godono di un buon livello di assistenza in gravidanza, che però appare sempre più medicalizzata: è questa in sintesi la conclusione dell’indagine multiscopo dell’Istat “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari” per il 2004-2005.
L’indagine è stata condotta su un campione complessivo di 60 mila famiglie, per un totale di 2 milioni e 736 mila donne che hanno avuto l’ultimo figlio nei cinque anni precedenti la rilevazione dei dati (avvenuta in quattro momenti, con cadenza trimestrale).
In Italia, le donne in gravidanza sono mediamente ben assistite: rispetto al 1999-2000, le donne che hanno effettuato la prima ecografia entro il terzo mese di gestazione sono aumentate dall’84,5% all’87%. Si mantiene alta anche la quota di donne che hanno fatto la prima visita entro il primo trimestre (94,3%). In aumento la percentuale di donne che hanno ricevuto informazioni sulla possibilità di diagnosi prenatale (dall’83,3% all’86,8%) e che vi hanno fatto ricorso (dall’84,9% all’88%).
Per contro, dai dati emerge un aumento della tendenza alla medicalizzazione della gravidanza e all’utilizzo eccessivo delle prestazioni diagnostiche: mentre le raccomandazioni nazionali parlano di un massimo di tre ecografie per le gravidanze fisiologiche, ben il 78,8% delle donne ha fatto più di 3 ecografie (il dato, comunque elevato, relativo al 1999-2000 era del 75,3%) e il 29% ne ha fatte più di 7 (23,8% nel 1999-2000).
Il divario rispetto a quanto raccomandato non è spiegabile semplicemente dalla quota di gravidanze con disturbi gravi (22,7%), anche perché il numero medio di ecografie effettuate dalle donne che hanno avuto gravidanze difficili (6,2) non è sostanzialmente diverso da quello medio complessivo (5,5), così come il numero medio delle visite (8 contro 7). Sono soprattutto le donne seguite da ginecologi privati, compresi quelli che lavorano in ospedale, a eccedere nel numero delle ecografie (rispettivamente 81,7% e 81%), in particolare nel Sud e nelle Isole.
La situazione è analoga anche per quanto riguarda i parti cesarei. L’Italia è il Paese con il numero più alto di parti con taglio cesareo dell’Unione Europea: secondo il ministero della Salute, la percentuale era del 36,9% nel 2003, oltre il doppio della quota massima del 15% raccomandata dall’Oms fin dal 1985. L’aumento della quota di cesarei è particolarmente alta al Sud (dal 34,8% al 45,4%) e nelle Isole (dal 35,8% al 40,8%) e nelle strutture private (56,9%) rispetto alle strutture pubbliche (33,3%).
Questi dati si scontrano con quelli che sono i desideri delle future mamme: dall’indagine è emerso anche che l’87,7% delle donne preferiscono partorire in modo spontaneo. Una preferenza che è del 75% anche fra le donne che hanno avuto un figlio con parto cesareo.
Un altro aspetto messo in luce dall’indagine è quello della preparazione al parto, che è ormai riconosciuta come uno degli elementi fondamentali per ridurre gli esiti negativi per la salute della madre e del bambino. Per quanto riguarda la partecipazione ai corsi di preparazione al parto, ci sono ancora differenze molto marcate fra Centro-Nord e Sud e Isole: 40% contro, rispettivamente, 12,7% e 14,9%. Lo stesso vale per il sostegno e la presenza di familiari o amici al momento del parto, raccomandati nelle linee guida dell’Oms e in quelle nazionali: mentre il padre è quasi sempre presente al Nord (87,8% nel Nord-Ovest e 83,9% nel Nord-Est) e spesso al Centro (68,9%), solo il 31,1% delle partorienti al Sud e il 47,15% nelle Isole ha avuto il proprio partner accanto al momento del parto. Sia per quanto riguarda i corsi, sia per la presenza in sala parto, la minore partecipazione al Sud e nelle Isole è da attribuire in buona parte a una minore offerta dei servizi e a una minore disponibilità da parte delle strutture sanitarie del territorio.
Infine, si mantiene stabile rispetto al 1999-2000 la percentuale di donne che allatta al seno il proprio bambino (81,1%), mentre cresce la durata dell’allattamento: da 6,2 a 7,3 mesi. L’Italia insulare, soprattutto per effetto dei dati della Sicilia, si distingue per la percentuale più bassa di donne che allattano al seno (74,2%) e per la minore durata dell’allattamento, che è superiore a 6 mesi solo per il 26,6% delle donne di quest’area.