Rapporto sull’evento nascita in Italia (CeDAP) - anno 2020
Nel corso del 2020 in tutte le aree del Paese prosegue il calo delle nascite, scese a 404.260 rispetto alle 421.913 del 2019. Il fenomeno legato al cambiamento della struttura per età della popolazione femminile dipende in parte dalla minore propensione ad avere figli legata anche alla compromissione delle prospettive di stabilità lavorativa ed economica introdotte dalla pandemia COVID-19. Come descritto nel Primo rapporto del Gruppo di esperti “Demografia e COVID-19” è chiaro che, affinché questa crisi non si traduca in ulteriore compressione della scelta di avere un figlio, serve tempestività nello sviluppare politiche che sostengano fortemente i giovani nella realizzazione di propri progetti di autonomia e familiari, nonostante le difficoltà e le incertezze dovute alla recessione e al perdurare del rischio sanitario.
Anche le cittadine straniere, che hanno finora compensato questo squilibrio strutturale, hanno registrato negli ultimi anni una diminuzione della fecondità. Il tasso di natalità presenta una media nazionale di 6,8 nati per mille donne in età fertile, con differenze regionali comprese tra 5,1 della Sardegna e 9,6 della PA di Bolzano. La fecondità si mantiene pressoché costante rispetto agli anni precedenti: nel 2020 il numero medio di figli per donna è pari a 1,24 (nel 2010 era 1,46).
Sono alcuni dei dati riportati dal rapporto sull’evento nascita in Italia, pubblicato dall’Ufficio di Statistica del ministero della Salute a dicembre 2021. Il documento riporta quanto rilevato dal flusso informativo del Certificato di Assistenza al Parto (CeDAP). La rilevazione, istituita nel 2001 dal ministero della Salute, rappresenta la fonte più ricca e attendibile rispetto all’assistenza in gravidanza e al parto nel nostro Paese e di conseguenza è un fondamentale strumento per la programmazione sanitaria in ambito ostetrico e perinatale. Lodevole l’iniziativa del Ministero della Salute di pubblicare l’annualità 2020 del Rapporto CeDAP in tempi rapidi, con l’obiettivo di facilitare la disponibilità di dati preziosi per verificare l’eventuale impatto della pandemia sugli esiti materni e perinatali.
Il documento in breve
L’88,2% dei parti nel 2020 è avvenuto negli istituti di cura pubblici ed equiparati, l’11,6% nelle case di cura e lo 0,2% altrove (altra struttura di assistenza, domicilio, ecc) senza significative differenze rispetto agli anni precedenti.
L’età media delle madri al momento del parto continua a presentare differenze tra le donne italiane e straniere: 33 anni le prime e 30,8 le seconde. L’età media al primo figlio per le donne italiane è superiore a 31 anni in quasi tutte le Regioni, con differenze sensibili tra le Regioni del Nord e quelle del Sud. Le donne straniere partoriscono il primo figlio in media a 28,9 anni.
Nel 2020, circa il 21% dei parti è relativo a madri di cittadinanza non italiana. Tale fenomeno è più diffuso nelle aree del Paese con maggiore presenza straniera, superando il 30% in Emilia-Romagna, Lombardia, Liguria e Marche, e le aree geografiche di provenienza più rappresentate sono quella africana (27,9%) ed europea (21,4%).
Delle donne che hanno partorito nell’anno 2020:
il 42,6% ha una scolarità medio alta, il 24,8% medio bassa e il 32,7% ha conseguito la laurea; fra le straniere prevale invece una scolarità medio bassa (43,3%)
il 56,2% delle madri lavora, il 27,5% sono casalinghe e il 14,3% sono disoccupate o in cerca di prima occupazione; tra le straniere il 52,2% sono casalinghe.
Per quanto riguarda le gravidanze:
- il ricorso a una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA) è stato pari a 3,2 gravidanze ogni 100 gravidanza in media; la tecnica più utilizzata è stata la FIVET (fecondazione in vitro con trasferimento di embrioni in utero), seguita dall’ICSI (fecondazione in vitro tramite iniezione di spermatozoo in citoplasma)
- tra le donne italiane il 2,2% ha effettuato la prima visita oltre il primo trimestre di gravidanza, tale percentuale sale al 12,1% tra le donne con titolo di studio elementare o senza nessun titolo, al 13,7% nelle donne sotto i 20 anni di età e all’11,3% tra le straniere
- nell’89,4% dei casi sono state effettuate più di quattro visite ostetriche in gravidanza
- nel 73,9% dei casi le donne hanno eseguito più di 3 ecografie, 5 in media senza differenze tra gravidanza fisiologica e patologica, a fronte della raccomandazione nazionale di eseguirne 2 in caso di gravidanza fisiologica
- sono state effettuate in media 3,1 amniocentesi ogni 100 parti.
Per quanto riguarda il parto si conferma il ricorso eccessivo alla chirurgia nonostante una tendenza alla diminuzione ancora insufficiente rispetto a quanto raccomandato dalle indicazioni delle “Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo”. Va tuttavia segnalato che nel 2020 l’Italia è stato uno dei Paesi europei più virtuosi nel contenere il tasso di tagli cesarei nel rispetto delle raccomandazioni nazionali e internazionali che affermano che la positività COVID-19 non costituisce di per sé un’indicazione al taglio cesareo di elezione, rimanendo valide le indicazioni correnti all’espletamento del parto per via vaginale o chirurgica. In media, il taglio cesareo è stato effettuato nel 31,12% dei casi con forte variabilità, per area geografica e tra Regioni, compresa tra il 19,6% della Provincia Autonoma di Trento e il 50% della Regione Campania.
Il tasso di parti pretermine si è mantenuto basso (6,3%) nonostante l’aumento (11,1%) rilevato tra le donne SARS-CoV-2 positive arruolate nello studio nazionale ItOSS. Lo 0,9% dei nati ha un peso inferiore a 1500 grammi, il 5,9% ha un peso compreso tra 1500 e 2500 grammi.
- scarica il documento completo sul sito del ministero della Salute