Vaccinazione anti SARS-CoV-2 per persone ospiti di Centri di accoglienza e/o in condizioni di marginalità sociale
Quasi il 60% delle persone ospitate nelle strutture di accoglienza (migranti, ma anche italiani senza dimora) non sono inclini ad aderire alla vaccinazione anti-COVID-19: è quanto emerge dal documento “Dossier COVID-19. Indagine sulla disponibilità a vaccinarsi contro il COVID-19 da parte delle persone ospitate nei centri/strutture di accoglienza in Italia”, pubblicato a luglio 2021 dal Tavolo Asilo e Immigrazione (TAI) e il Tavolo Immigrazione e Salute (TIS).
L’indagine è stata condotta a maggio 2021 con l’obiettivo di intercettare eventuali sacche di resistenza o perplessità tra gli ospiti delle strutture di accoglienza e cercare di migliorare la comunicazione verso queste persone, migliorando la loro conoscenza sui benefici della vaccinazione.
Come nelle precedenti rilevazioni, le organizzazioni parte del TAI e del TIS hanno diffuso il questionario fra le reti di accoglienza sparse su tutto il territorio nazionale, chiedendo ai referenti di ciascuna struttura di sottoporre il questionario agli ospiti. Alla rilevazione ha contribuito anche l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), supportando TAI e TIS nella preparazione della scheda di rilevazione delle informazioni e nell’elaborazione dei dati.
Il report in breve
Una percentuale importante di persone ospiti (circa il 37%) ha manifestato una indisponibilità a essere vaccinata e un’altra percentuale non trascurabile (circa il 20%) ha espresso dubbi ed esitazioni al riguardo (la cosiddetta esitazione vaccinale), arrivando a quasi un 60% di persone non inclini ad aderire a un‘eventuale offerta vaccinale.
Dall’analisi delle risposte fornite emergono alcune piste di riflessione e intervento.
- I pregiudizi rispetto al vaccino sono piuttosto trasversali a una serie di variabili e attraversano caratteristiche, come la durata del soggiorno in Italia o il livello di istruzione, senza particolari distinzioni. La propensione alla vaccinazione sembra polarizzata fra chi è appena (o quasi) arrivato e chi si trova in Italia da più tempo. Allo stesso modo c’è maggiore inclinazione fra chi ha un livello medio-basso di istruzione rispetto a chi non ne ha nessuno e a chi ha un’istruzione di livello secondario/universitario. Questo sembra attestare la duplice necessità di semplificare e diffondere il più possibile una corretta informazione rivolta alle persone senza alcun livello d’istruzione e affinare gli strumenti informativi rivolti a diplomati/laureati.
- Una variabile significativa è quella rappresentata dalla provenienza geografica: c’è più resistenza fra chi proviene dai Paesi dell’Africa subsahariana (prevalentemente dalla Nigeria) - e questo è un dato che era stato già riportato dagli operatori della rete dell’accoglienza e che ha trovato conferma nelle interviste del presente monitoraggio - piuttosto che fra i cittadini asiatici (prevalentemente pakistani e del Bangladesh), che sono più inclini a farsi vaccinare. Si tratta di un dato importante, che richiede uno sforzo comunicativo mirato e l’uso di un linguaggio e strumenti specificamente rafforzati attraverso l’ausilio della mediazione interculturale, così da veicolare meglio l’importanza dell’obbligo vaccinale.
- La mancanza di una campagna informativa specifica e mirata crea una bassa propensione ad aderire all’eventuale offerta vaccinale. Per questo motivo, le organizzazioni che hanno lavorato al Dossier ritengono necessario intervenire quanto prima per limitare i contagi, le sintomatologie gravi, le ospedalizzazioni, e favorire in tutte le persone socialmente più fragili - italiane e straniere - l’acquisizione del grado di consapevolezza necessario ad accettare la vaccinazione come strumento di tutela della salute individuale e collettiva.