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Dossier statistico immigrazione 2019



Il Dossier statistico immigrazione si pone come obiettivo di contribuire a una corretta consapevolezza del panorama migratorio italiano, attraverso una lettura ragionata dei dati e delle dinamiche strutturali del fenomeno; uno strumento conoscitivo che intende porsi al servizio della società. Giunto alla 29ma edizione, viene realizzato dal Centro studi e ricerche IDOS in partenariato con il Centro Studi Confronti e il contributo di decine di studiosi ed esperti in materia.

 

Popolazione residente

Non si sono verificate significative espansioni della popolazione straniera residente in Italia, che al 31 dicembre 2018 ha visto un aumento del 2,2% rispetto al 2017, arrivando così a 5,26 milioni di residenti, pari all’8,7% degli abitanti. Una tendenza alla stabilità che non è in linea con l’incremento a livello mondiale delle migrazioni, dovute alle disuguaglianze economiche, alle guerre e conflitti in atto e ai disastri ambientali provocati dai cambiamenti climatici globali. Inoltre, all’aumento di 111.000 presenze rispetto all’anno precedente hanno contribuito anche i 65.400 bambini nati nel corso del 2018 da coppie straniere già presenti in Italia.

 

In aggiunta, il numero complessivo dei nuovi nati in Italia continua a calare raggiungendo, nel 2018, il livello più basso registrato da decenni (439.700 dei quali poco più di un settimo riferite a genitori stranieri 14,9%). Un dato preoccupante che conferma l’inesorabile declino demografico dell’Italia, prossima ad avere oltre un terzo della popolazione complessiva con più di 65 anni e solo 1 under18 ogni 8 abitanti.

 

Provenienza e religione

Dei 5,3 milioni di cittadini stranieri residenti in Italia, oltre 2,6 milioni (il 50,2%) sono europei (di cui 1,6 milioni proviene da Paesi appartenenti all’UE), 1,1 milioni provengono dagli Stati africani (21,7%, soprattutto dai Paesi dell’Africa settentrionale e occidentale) e 1,1 milioni (20,8%) dall’Asia. Il continente americano conta circa 380mila residenti in Italia (7,2%), provenienti in prevalenza dal Centro-Sud America (6,9%). I più numerosi (più dell’intera provenienza dall’Africa) sono i romeni, che con 1.207.000 residenti continuano a rappresentare la prima collettività estera in Italia, precedendo di gran lunga i 441.000 albanesi, i 423.000 marocchini e, a maggiore distanza, i 300.000 cinesi e i 239.000 ucraini.

 

Dai dati presentati nel dossier emerge inoltre che, a differenza di quanto la popolazione italiana crede, la religione musulmana è praticata solo da un terzo degli stranieri residenti in Italia (33%), mentre la maggioranza è costituita da cristiani (il 52,2% del totale).

 

Dati anagrafici

Il rapporto tra i generi è sostanzialmente equilibrato, con un leggero sbilanciamento a favore delle donne (51,7%), anche se la percentuale varia molto in funzione della cittadinanza di origine: ad esempio le donne rappresentano il 77,6% della popolazione ucraina in Italia, mentre costituiscono il 26,5% dei residenti senegalesi.

 

Riguardo all’età, i dati indicano che la popolazione straniera residente in Italia è giovane: l’età media è di 35 anni (contro i 46 anni della popolazione italiana) e anche in questo caso le medie variano in funzione della cittadinanza. Ad esempio, l’età è inferiore alla media per i cittadini dell’Africa centrosettentrionale e dell’Asia centro-meridionale, mentre per i cittadini ucraini l’età è più elevata.

 

Sbarchi

Secondo i dati raccolti dall’agenzia europea Frontex il numero degli attraversamenti irregolari delle frontiere nel 2018 ha raggiunto il livello più basso degli ultimi 5 anni, anche in seguito agli accordi tra il nostro Paese e la Libia. I migranti della rotta del Mediterraneo centrale sbarcati in Italia sono scesi a 23.370 in tutto il 2018 (l’80,4% in meno rispetto al 2017, in cui erano 119.310). Non diminuisce invece il numero di decessi in mare. Infatti, malgrado siano diminuiti i morti in mare, nel 2018 è aumentata la pericolosità della traversata: ogni 35 arrivi si registra un decesso, mentre nel 2017 il rapporto era 1 decesso ogni 50 arrivi riusciti.

 

Lavoro

Per i lavoratori stranieri nel nostro Paese si verificano problemi in termini di condizioni di lavoro, opportunità di carriera, livelli retributivi e mobilità sociale.

 

L’Istat ha calcolato che a fine 2018 i lavoratori stranieri rappresentavano circa il 10,6% di tutti i lavoratori nel Paese. Due lavoratori stranieri su 3 lavorano nel settore dei servizi, quali assistenza domestica e familiare (soprattutto le donne straniere), alberghiero-ristorativo, servizi di pulizie, dei trasporti, di facchinaggio ecc; oltre un quarto, soprattutto uomini, lavorano nell’industria e il 6,4% del totale in agricoltura.

 

La tipologia di occupazione che vede coinvolti i lavoratori stranieri dimostra che c’è una tendenza, a fare lavori poco qualificati, mentre solo 7 ogni 100 svolgono professioni qualificate.

I dati dimostrano infatti che i lavoratori stranieri percepiscono una retribuzione media mensile (poco più di 1000 euro) più bassa del 24% rispetto a quella degli italiani (quasi 1400 euro). Retribuzione che si abbassa ancora di più per le sole donne straniere (-25% rispetto alla media dei lavoratori stranieri nel loro complesso), che dunque sono doppiamente stigmatizzate.

 

Incidenti sul lavoro e malattie professionali

Dei 645.049 infortuni sul lavoro denunciati all’INAIL nel corso del 2018, il 16,3% (105.344) hanno interessato lavoratori stranieri, con un aumento del 5,7% rispetto al 2017 (se si considerano i soli lavoratori non comunitari l’aumento è del 7,8%). I primi tre comparti di lavoro con maggiore incidenza infortunistica risultano il manifatturiero (31,2%), i trasporti (13,2%) e le costruzioni (11,7%), a dimostrazione di come il lavoratore straniero venga impiegato spesso in settori particolarmente rischiosi e con maggiore attività manuale.

 

Il numero complessivo di denunce per malattie professionali protocollate dall’INAIL nel corso del 2018 è stato pari a 59.506. Le denunce presentate da lavoratori stranieri hanno registrato un incremento del 4% rispetto al 2017, passando da 3769 a 3919. L’incremento è stato dell’1,9% per i non comunitari, passati dai 2626 casi del 2017 ai 276 del 2018. Le malattie professionali denunciate dagli stranieri riguardano prevalentemente gli uomini (circa il 65%), soprattutto i lavoratori appartenenti alle stesse nazionalità individuate per gli infortuni e che sono addetti ai settori industriali e artigianali di produzione di beni. Le malattie prevalenti tra gli stranieri sono le affezioni osteo-articolari, le malattie del sistema nervoso e quelle dell’orecchio che, da sole, rappresentano circa il 90% del totale.

 

Molte donne straniere lavorano nel settore dei servizi domestici e di assistenza presso le famiglie, spesso in nero o con dichiarate solo una parte delle ore effettivamente lavorate. Una situazione che ha come effetto quello di privare le lavoratrici straniere di una serie di tutele (previdenziali, infortunistiche ecc.) e di garanzie (legate alla retribuzione, ai tempi di riposo, alle mansioni ecc.); ma, per le condizioni in cui viene svolto, comporta spesso notevoli sacrifici esistenziali (lontananza da coniugi e figli rimasti all’estero, con conseguenti conflitti e separazioni familiari) e disturbi psicologici (la cosiddetta “sindrome Italia”). Tutta questa situazione influisce negativamente sul loro stato di salute e aumenta l’esclusione e la vulnerabilità.

 

Stima dell’impatto economico e fiscale dell’immigrazione

Sebbene inseriti nel mercato occupazionale nelle condizioni di svantaggio descritte, ai lavoratori immigrati è ancora ascrivibile il 9% del PIL nazionale (pari a un valore aggiunto di 139 miliardi di euro annui) e l’entità delle loro rimesse non solo è aumentata sensibilmente, passando dai circa 5 miliardi di euro del 2017 a 6,2 miliardi del 2018, ma ha ancor di più sopravanzato quanto l’Italia destina agli aiuti internazionali allo sviluppo. A ciò si aggiunga che, secondo i calcoli effettuati dalla Fondazione Leone Moressa, anche nel 2018 il saldo nazionale tra entrate e uscite complessive (ossia tra quanto gli immigrati assicurano all’erario in pagamento di tasse, contributi previdenziali, pratiche di rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno e di acquisizione della cittadinanza ecc. e quanto lo Stato spende specificatamente per loro in servizi, sussidi e altri costi) è risultato positivo, per lo Stato, di 200.000 euro nell’ipotesi minima e di 3 miliardi di euro nell’ipotesi massima.

 

Risorse utili

 

Data di pubblicazione: 21 novembre 2019

Autrici: Giulia Marchetti e Silvia Declich - Iss