La ripresa del morbillo in Italia (settembre 2007 - maggio 2008)
Massimo De Crescenzo - Igiene e medicina preventiva, Università Tor Vergata, Roma
sintesi da: Eurosurveillance, volume 13, numero 29 - 17 luglio 2008
Sebbene l’incidenza del morbillo in Italia nel 2006 sia stata di 1 su 100 mila (fonte Euvac.net), la copertura vaccinale MPR è ancora al di sotto dei livelli previsti dal Piano nazionale per l’eliminazione del morbillo lanciato nel 2003 e nuove epidemie continuano a verificarsi.
In particolare dal settembre 2007 ci si è trovati di fronte a un importante riemergere della malattia con epidemie riportate da varie Regioni. Dal 1 settembre 2007 al 30 maggio 2008 sono stati riportati 2079 casi di morbillo da 15 Regioni su 21, determinando un’incidenza in questi 9 mesi di 3,4 casi per 100 mila abitanti. Sono stati esclusi da questa analisi i casi con risultato di laboratorio negativo.
Un’ampia epidemia è cominciata a settembre 2007 in Piemonte (pdf 44 kb) tra un gruppo di adolescenti non vaccinati che erano stati nel Regno Unito per un viaggio di studio. Il caso indice è stato una ragazza di 17 anni che aveva sviluppato i sintomi due giorni dopo il rientro da Cambridge. Successivamente sono stati segnalati diversi focolai e, in particolare, sei Regioni hanno riportato il 93% dei casi nel periodo preso in considerazione: Piemonte (966 casi, 47% del totale), Lombardia (452 casi, 22% del totale), Lazio (183 casi, 9% del totale), Toscana (128 casi, 6%), Emilia Romagna (113 casi, 5%) e Veneto (87 casi, 4%). Gli altri casi sono stati riportati in Sardegna, nella Provincia autonoma di Trento, in Liguria, in Veneto, in Valle d’Aosta, nelle Marche, in Abruzzo, in Friuli Venezia Giulia e in Puglia.
Il maggior numero di notifiche è stato raggiunto durante il mese di febbraio 2008, con 434 casi riportati. Sono stati segnalati focolai in scuole, ospedali, comunità Rom e Sinti e tra obiettori alla pratica vaccinale. In alcune Regioni sono stati riportati casi anche tra gli operatori sanitari.
Le caratteristiche dell’epidemia
L’età mediana dei casi è di 17 anni (range 0-77 anni). Quasi il 60% (1247 casi) aveva un’età compresa tra 15 e 44 anni; in particolare il 23% aveva tra 15 e 19 anni, il 15% tra 20 e 24 anni e il 21% tra 25 e 44 anni. L’incidenza più alta è tra gli adolescenti di età compresa tra i 15 e i 19 anni (15,8 su 100 mila), poi tra i bambini al di sotto di un anno di età (11,3 su 100 mila).
Dei 1932 casi per i quali erano disponibili informazioni sullo stato vaccinale, 1772 (91,7%) non erano vaccinati contro il morbillo al momento dell’infezione, 130 (6,7%) avevano ricevuto solo una dose, 12 (0,6%) avevano ricevuto due dosi e per 18 (1%), pur essendo vaccinati, il numero di dosi era sconosciuto. La proporzione dei vaccinati è del 15% in tutti i gruppi di età.
Nel complessom, 631 casi (30% del totale) sono stati confermati in laboratorio attraverso la ricerca delle IgM specifiche o l’esecuzione della Pcr. La tipizzazione molecolare del virus in campioni positivi ha dimostrato il genotipo D4 in tutti i campioni, con l’eccezione di un campione proveniente dall’Emilia Romagna (genotipo D8).
Sono stati ospedalizzati 371 casi (30% del totale). Le complicanze riportate comprendono 1 caso di encefalite, 3 di trombocitopenia, 22 di polmonite e 27 di otite media. Un paziente è deceduto a causa di una complicanza pneumonica in Piemonte a novembre 2007: si trattava di una bambina (pdf 36 kb) di 10 anni non vaccinata, affetta da una sindrome da immunodeficienza genetica.
La copertura per una dose di vaccino MPR tra i bambini al di sotto dei 24 mesi di età era 88% nel 2006, con tassi di copertura variabili nelle Regioni tra il 68% e il 94% (fonte: ministero della Salute). Queste coperture, però, sono insufficienti per interrompere la trasmissione endemica dell’infezione come dimostrato dall’epidemia attuale. Maggiori sforzi andrebbero compiuti per la vaccinazione degli adolescenti, dei giovani adulti e della popolazione Rom. Inoltre andrebbe rafforzato il sistema di sorveglianza e il ruolo del laboratorio. Come indicato dagli studi di caratterizzazione molecolare, il primo caso in Piemonte è stato importato dal Regno Unito. È dunque importante coordinare gli sforzi a livello internazionale, per far fronte al riemergere della malattia in Europa.
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