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“Hot topics on acute viral hepatitis”: i vent’anni del Seieva

Cristina Morciano – reparto di Epidemiologia clinica, Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps) - Iss

 

Il Sistema epidemiologico integrato sull’epatite acuta (Seieva) è il sistema di sorveglianza per le epatiti infettive acute coordinato dal Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps) dell’Istituto superiore di sanità (Iss). Creato con lo scopo di realizzare il monitoraggio e il controllo delle epatiti infettive acute sia a livello locale che nazionale, attraverso una rete di ormai 140 Asl su tutto il territorio italiano, compie nel 2006 vent’anni di attività.

 

In coincidenza con il ventennale del Seieva, si è tenuto a Roma il 22 e il 23 giugno 2006 il congresso “Hot Topics on Acute Viral Hepatitis”, organizzato dal reparto di epidemiologia clinica del Cnesps, con la direzione scientifica di Alfonso Mele, direttore del reparto di epidemiologia clinica.

 

Occasione celebrativa a parte, il congresso è nato dall’esigenza di definire lo stato dell’arte relativo alle conoscenze sulle epatiti infettive acute, in particolare su quegli aspetti che hanno mostrato proprio negli ultimi anni una particolare tendenza al cambiamento, quali per esempio l’identificazione di gruppi a rischio emergenti, le strategie di prevenzione e il ruolo svolto dai diversi virus e dal sistema immunitario nella patogenesi e nell’esito della malattia.

 

Il programma si è articolato in quattro sessioni: Epidemiologia, Prevenzione, Patobiologia e Terapia delle epatiti virali acute. Tra i numerosi relatori, oltre a Stefania Salmaso e Alfonso Mele che hanno introdotto il convegno, i ricercatori Andrea Mariano e Enea Spada dell’Istituto superiore di sanità, Tommaso Stroffolini dell’ospedale San Giacomo di Roma, Miriam J. Alter del Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta, Robert H. Purcell del National Institutes of Allergy and Infectious Diseases dei NIH di Bethesda.

 

Cosa è cambiato delle epatiti infettive acute negli ultimi vent’anni?

Nel campo della prevenzione, dalla nascita (1985) del Seieva a oggi, vi sono stati importanti contributi: dalla vaccinazione anti-HBV, resa ormai obbligatoria in diversi Paesi, allo screening obbligatorio per le donazioni di sangue per anti-HCV, all’utilizzo di siringhe, aghi e strumentario non riutilizzabili. Nel campo dell’epidemiologia, le tecniche biologico-molecolari si sono rivelate potenti strumenti per l’analisi di epidemie di HCV in ambiente ospedaliero e non, affiancandosi all’indagine epidemiologica classica, come illustrato da Enea Spada.

 

Durante la prima sessione del convegno alcuni interventi sono stati dedicati all’approfondimento della situazione epidemiologica italiana. Il dato confortante è che per tutti i tipi di epatite virale si è registrata una sostanziale diminuzione del numero dei nuovi casi. Tuttavia riguardo all’epatite A questa diminuzione non è stata uniforme in tutto il territorio: nell’Italia meridionale e insulare, dove si sono verificate recentemente anche epidemie associate prevalentemente al consumo di frutti di mare contaminati, l’incidenza rimane più alta.

 

Riguardo alle infezioni da epatite B, come mostrato da Tommaso Stroffolini, l’Italia da Paese, considerato trent’anni fa a intermedio livello di endemia, si è trasformato in un Paese a bassa endemia, grazie a una progressiva riduzione della trasmissione del virus seguita all’introduzione obbligatoria del vaccino anti-HBV e al miglioramento delle condizioni economiche e igienico-sanitarie della popolazione. La trasmissione intra-familiare ha perso il un ruolo primario nella diffusione dell’infezione, che avviene oggi prevalentemente per via sessuale.

 

Non si è parlato solo di Italia durante il convegno: la diffusione delle epatite virali acute interessa tutto il mondo, ma l’epidemiologia risulta profondamente variabile a seconda delle aree geografiche interessate. A questo proposito, molte sono le discrepanze emerse tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo. Proprio riguardo a infezioni da HBV e HCV epidemiologicamente correlate a procedure assistenziali prestate ai pazienti in ambiente intra o extra ospedaliero, i Paesi in via di sviluppo continuano a registrare numerosi casi di HBV e HCV imputabili a questo tipo di procedure (il 30% del totale dei casi di HBV e il 40% di HCV), contro una percentuale notevolmente inferiore osservata nei cosiddetti Paesi a economia stabile (il 10-15% del totale casi).

 

Una ulteriore occasione di confronto tra situazioni epidemiche di aree geografiche diverse è stato l’intervento di M. J. Alter del CDC di Atlanta, che ha fornito dati sull’epidemiologia delle epatiti a trasmissione parenterale negli Stati Uniti.

 

Uno degli argomenti “caldi” del convegno, ossia l’urgente necessità di sviluppare un vaccino anti HCV, è stato affrontato nella sezione dedicata alla prevenzione. Sergio Abrignani (Istituto nazionale di genetica molecolare, Ingm, Milano) e Alfredo Nicosia (Istituto di ricerca di biologia molecolare, Irbm P. Angeletti, Roma) hanno presentato i risultati della sperimentazione pre-clinica di due possibili vaccini anti-HCV molto diversi tra loro, sia riguardo alla struttura dell’immunogeno che al tipo di reazione immunitaria evocata.

Sergio Abrignani ha illustrato le caratteristiche e approfondito le basi immunologiche all’origine dello sviluppo di un potenziale vaccino che, basato sulla forma ricombinante di glicoproteine (E1 e E2) dello “envelope” virale, ha mostrato di proteggere gli scimpanzé dallo sviluppo dell’infezione cronica con virus eterologo.

Anche la sperimentazione pre-clinica dell’altro vaccino, presentata da Alfredo Nicosia, è stata condotta negli scimpanzé. Il vaccino è costituito da vettori adenovirali e DNA plasmidico codificanti per la regione non strutturale (NS) del virus HCV. Questi vettori si sono dimostrati capaci di evocare nei topi e in scimmie Rhesus una potente risposta immunitaria cellulo-mediata (CD4+ e CD8+ le cellule T-helper coinvolte), che è risultata correlata con la risoluzione dell’infezione acuta da HCV. La sperimentazione negli scimpanzé, ha dato risultati molto incoraggianti: il vaccino è stato capace di proteggere gli animali dall’infezione cronica dopo challange con inoculo virale eterologo.

 

Nelle sessione dedicata alla patobiologia, la sfida proposta dai diversi ricercatori intervenuti è stata chiarire i meccanismi molecolari e cellulari della patogenesi delle infezioni da virus delle epatiti acute, fondamentale per scopi terapeutici e di prevenzione. Solo per citarne alcuni: Patrizia Farci (Università degli Studi di Cagliari) ha evidenziato come l’ elevata eterogeneità dei virus dell’epatite C rappresenti una strategia importante nell’eludere le difese immunitarie dell’ospite. Antonio Bertoletti (Institute of Molecular Medicine, Singapore) ha discusso il ruolo immuno-patogenetico del virus HBV e Suzanne U. Emerson (National Institutes of Allergy and Infectious Diseases dei NIH, Bethesda) ha presentato una relazione sulle strategie di replicazione del HEV.

 

Nella sessione dedicata alla terapia, accanto ai risultati di una metanalisi condotta allo scopo di investigare l’efficacia di farmaci antivirali nel prevenire la cronicizzazione dell’epatite C (Teresa Santantonio, Università degli Studi di Bari), sono stati discussi il ruolo delle odierne terapie adottate per l’epatite fulminante, tra cui il trapianto di fegato e i supporti bioartificiali (Ernesto Di Florio, Azienda Ospedaliera, D. Cotugno, Napoli).

L’intervento di Massimo Colombo (Università di Milano) ha concluso il congresso, giudicandolo un importante segnale di attenzione nei confronti di patologie infettive che necessitano di uno sviluppo continuo di strategie di controllo mirato.