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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Rapporto sull’evento nascita in Italia (CeDAP) - anno 2018

In Italia, nel corso del 2018, prosegue il calo delle nascite che si attestano a 442.676. Il fenomeno è in larga misura ascrivibile alla modifica della struttura per età della popolazione femminile e in parte alla diminuzione della propensione ad avere figli. Le cittadine straniere hanno finora compensato questo squilibrio strutturale ma negli ultimi anni si è rilevata una diminuzione della loro fecondità. Il tasso di natalità varia da 5,7 nati per mille donne in età fertile in Sardegna a 10 nella Provincia Autonoma di Trento rispetto ad una media nazionale del 7,3. Sono alcuni dei dati riportati dall’annuale rapporto sull’evento nascita in Italia, pubblicato dall’Ufficio di Statistica del Ministero della Salute a marzo 2021. Il documento riporta quanto rilevato dal flusso informativo del Certificato di Assistenza al Parto (CeDAP). La rilevazione, istituita nel 2001 dal Ministero della Salute, rappresenta la fonte più attendibile rispetto all’assistenza in gravidanza e al parto nel nostro Paese e di conseguenza è un fondamentale strumento per la programmazione sanitaria in ambito ostetrico e perinatale.

 

Nel 2018, su un totale di 397 punti nascita sono stati registrati un numero di parti in ospedale pari al 100% di quelli rilevati con la Scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO). L’89,4% delle nascite è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, il 10,4% nelle case di cura convenzionate, lo 0,1 nel privato puro e lo 0,08% in altra sede.

 

Il 61,8% dei parti avviene in strutture con almeno 1000 parti annui (il 35% dei punti nascita totali) mentre il 6% delle nascite avviene in strutture con meno di 500 parti annui. Nel 2018 in 6 Regioni, tutte collocate al Centro-Nord del Paese, oltre il 70% dei parti è avvenuto in punti nascita con almeno 1000 parti annui mentre al Sud oltre il 40% dei parti viene assistito in presidi che assistono meno di 1000 parti annui.

 

Dai dati emerge che nel 2018 il 21% dei parti riguarda madri di cittadinanza non italiana (Africa 27,6%, Unione europea 23,7%, Asia 18,7%, Sud America 7,4%). L’età media delle partorienti è pari a 32,9 anni per le italiane e a 30,5 anni per le cittadine straniere. L’età media al primo figlio è in genere superiore a 31 anni per le donne italiane e pari a 28,7 anni per le straniere. Queste ultime, a differenza delle italiane, hanno spesso una scolarità medio bassa (44,1%) e sono nel 52,1% casalinghe mentre il 62,1% delle italiane ha una occupazione professionale.

 

Nell’88,1% delle gravidanze il numero di visite ostetriche effettuate in gravidanza è maggiore di 4. Le donne con cittadinanza straniera non si sottopongono ad alcun controllo nell’1,9% dei casi rispetto allo 0,9% delle italiane e si sottopongono alla prima visita di controllo dopo l’undicesima settimana di gestazione nell’11,1% dei casi, rispetto al 2,3% delle donne italiane. Anche le donne con scolarità medio-bassa effettuano la prima visita più tardivamente, nell’11,1% quando non hanno alcun titolo di studio o quello elementare contro il 2,3% delle donne con scolarità alta. La giovane età della donna, in particolare nelle madri al di sotto dei 20 anni, risulta associata a un maggior rischio di controlli assenti (3,2%) o tardivi (13,6% dei casi).

 

A fronte di 2 ecografie raccomandate dalla linea guida sulla gravidanza fisiologica e dai Livelli essenziali di assistenza (LEA), il 66,3% delle donne ne fa più di 3. A livello nazionale si registrano in media 4,9 ecografie per ogni donna che partorisce, con una variabilità compresa tra 4 in Piemonte e 7,2 in Sardegna.

 

Sono state eseguite in media 4,8 amniocentesi ogni 100 parti, la percentuale sale al 15,57% tra le madri con più di 40 anni.

 

Il ricorso a una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA) riguarda 2,53 gravidanze ogni 100. Nelle gravidanze con PMA il ricorso al taglio cesareo è stato pari al 52,6%. La percentuale di parti plurimi nei concepimenti medicalmente assistiti (15,5%) è sensibilmente superiore a quella registrata sul totale delle gravidanze (1,6%).

 

A livello nazionale la percentuale dei parti pretermine è pari al 6,9% di cui il 75% sono nati tra 34 e 36 settimane. Nel 92,7% dei parti vaginali la donna ha accanto a sé al momento del parto il padre del bambino, nel 5,8% un familiare e nell’1,5% un’altra persona di fiducia.

 

Il tasso nazionale di cesarei è pari al 32,3% con una marcata variabilità per luogo del parto (77,9% nel privato puro, 47,6% nel privato accreditato e 30,5% nel pubblico) e per Regione (52,9% in Campania e 18,5% nella PA di Trento). Si ricorre al taglio cesareo nel 27,0% dei nati da madri straniere e nel 33,7% da madri italiane. Anche per il 2018, seguendo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è stata eseguita l’analisi del ricorso al taglio cesareo mediante la classificazione di Robson per monitorare l’appropriatezza delle indicazioni all’intervento. Come negli anni precedenti, l’analisi evidenzia un’ampia variabilità regionale nelle classi a minor rischio che continuano a includere una percentuale molto elevata delle nascite (le classi 1 e 3 corrispondono complessivamente a circa il 51,9% dei parti) confermando un potenziale ampio spazio di miglioramento, specialmente nelle Regioni del Sud del Paese. I parti vaginali dopo pregresso taglio cesareo riguardano solo il 10,9% dei nati, prevalentemente negli ospedali pubblici e nel Nord del Paese.

 

In linea con la prevalenza del parto pretermine, l’1% dei 441.457 nati ha un peso inferiore a 1500 grammi e il 6,3% compreso tra 1500 e 2499 grammi. Il tasso di natimortalità è pari a 2,59 nati morti ogni 1.000 nati vivi e, alla nascita o nei primi 10 giorni di vita, sono stati registrati 5.641 casi di malformazioni.

 

Risorse utili

 

Data di creazione della pagina: 25 marzo 2021

Testo scritto da: Serena Donati - reparto Salute della donna e dell’età evolutiva, Centro Nazionale per la Prevenzione delle malattie e la Promozione della Salute, CNAPPS - ISS