Ivg: la relazione annuale del ministro della Salute
In Italia il ricorso all’aborto non è una prima scelta, ma rimane un’estrema ratio: lo confermano ancora una volta i dati presentati dal ministro della salute nella relazione annuale sull’attuazione della Legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg). I dati preliminari per il 2005 e quelli definitivi per il 2004 mostrano infatti un calo del 6% del ricorso a Ivg (circa 130 mila casi) rispetto al 2004 (circa 138 mila casi), ma soprattutto di circa il 45% rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il picco più alto (quasi 235 mila casi). In un quarto di secolo, dunque, la tendenza è stata continuamente in calo.
In effetti, osservando l’andamento nel tempo del ricorso all’Ivg appare chiaro come la riduzione sia più rapida laddove ci sia maggiore capacità e consapevolezza di adottare metodi per la procreazione responsabile. Lo dimostra il fatto che il ricorso all’aborto è diminuito maggiormente tra le donne più istruite, occupate e coniugate.
Sul totale delle Ivg si registra un contributo sempre maggiore da parte delle donne con cittadinanza estera, che nel 2004 hanno rappresentato il 27% del totale degli interventi, contro il 10% del 1998. Questo aumento è dovuto semplicemente al fatto che sono aumentate le donne straniere presenti sul territorio nazionale.
Per quanto l’aborto rimanga anche per loro un’ultima ratio, le donne straniere hanno meno competenze nella procreazione responsabile, viste le culture di origine. Da qui l’impegno a porre particolare attenzione alla promozione di consapevolezza e competenza fra queste donne, sfruttando anche il fatto che si rivolgono di più ai consultori familiari, che hanno avuto un ruolo determinante anche tra le italiane.
Resta quindi strategico favorire la circolazione delle informazioni sulle modalità di procreazione e promuovere attività specifiche di counselling e supporto. Fondamentale a questo scopo l’attività di informazione e di ascolto svolta dai consultori familiari che, come previsto dal Progetto obiettivo materno infantile (Pomi), saranno potenziati. Queste strutture rappresentano, infatti, gli unici servizi in grado di svolgere attività di promozione della salute mediante offerta attiva, grazie a competenze multidisciplinari, mediche e psicosociali.
Sulla base dei dati, la legalizzazione appare anche l’approccio associato a una maggiore riduzione del ricorso all’Ivg, non solo in Italia. Parallelamente, l’aborto clandestino si è radicalmente ridotto di oltre l’80% (secondo stime effettuate con modelli matematici) e tuttora rimane localizzato in quelle realtà territoriali dove ci sono meno servizi che permettono il ricorso all’Ivg. L’applicazione integrale del Pomi, in cui il percorso nascita ha una valenza strategica, può portare a un’ulteriore riduzione del ricorso all’aborto.
Un altro aspetto importante toccato nella relazione è l’approccio farmacologico all’Ivg (o aborto medico), impiegato nel 2005 da alcuni istituti come alternativa all’aborto chirurgico. Le recenti linee guida pubblicate dall’Oms sull’Ivg riportano anche le raccomandazioni relative all’aborto medico, alla luce della revisione sistematica della letteratura scientifica. A differenza di quanto paventato, nei Paesi in cui da decenni si utilizza l’approccio farmacologico accanto a quello chirurgico non si è registrato un aumento del ricorso all’Ivg.