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Istituto Superiore di Sanità
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Cesarei in aumento: occorre riaddestrare gli operatori



Gianfranco Gori, Unità Operativa Ostetricia Ginecologia, Azienda USL, Forlì

 

Negli ultimi dieci anni la frequenza del parto cesareo è cresciuta costantemente in Italia: il fenomeno ha riguardato tutta l’Italia, ma in alcune regioni ha toccato punte molto elevate. La Campania, ad esempio, dal 1996 è al primo posto tra le regioni italiane per frequenza del tagli cesarei, passando dal 36,3% del 1996 al 51,4% del 2000.

 

Quali i determinanti e come si può pensare di contrastare questo preoccupante fenomeno?

Nella storia della medicina antica le indicazioni al taglio cesareo appartenevano solo al mito: nascono così Esculapio, figlio di Apollo, e Giulio Cesare.

In epoca medievale e rinascimentale vengono sicuramente eseguiti interventi di taglio cesareo, l’indicazione più frequente è "sectio caesarea post mortem", anche se probabilmente venivano eseguiti anche su donne vive, forse in seguito a indicazioni quali la ristrettezza del bacino nei cosiddetti "travagli ostruiti".

 

Bisogna poi attendere fino al 1700 quando si manifesta la scissione tra l’ostetricia del sapere intuitivo e l’ostetricia scientifica perché questa, assumendo il controllo dell’istruzione delle ostetriche, fissi le indicazioni all’esecuzione del taglio cesareo che rimangono tali fino agli anni sessanta (1). Queste indicazioni sono state definite come:

  • disproportion between the fetal head and the pelvis inlet

  • Extreme narrowing of the pelvis outlet

  • A severe contraction of the midplane of the pelvis

  • A previous cesarean section

Già in quegli anni molti Ostetrici avevano intuito i pericoli di un allargamento delle indicazioni. Fra gli altri il professor Maurizio (2) spiegò che:

" Il pericolo di oggigiorno consiste nell’incapacità di valutare esattamente la situazione caso per caso e nel ricorrere al taglio cesareo anche quando non sarebbe necessario. L’orientamento moderno dovrà quindi essere indirizzato non verso una indiscriminata attuazione del taglio cesareo ogni qual volta si profili un’alterazione dell’andamento fisiologico del parto, ma verso una equilibrata applicazione di quest’intervento …."

Tuttavia da quegli anni in poi si è assistito a un’esplosione delle indicazioni: oggi i manuali ne riportano decine, alcune anche fantasiose o bizzarre tipo "figlio prezioso" (quasi che non tutti i bimbi fossero preziosi !), fino al punto che una donna potrebbe essere sottoposta a taglio cesareo, secondo qualche autore, semplicemente su richiesta.

 

Ciò ha portato i tassi di cesarei a quadruplicare, e ora sembra che non ci sia alcuna possibilità di governo della tendenza all’aumento dei tassi.

Uno dei nodi fondamentali dell’aumento sta nel fatto che fra le attuali indicazioni c’è il pregresso taglio cesareo (cioè una donna che ha subito un taglio cesareo, deve essere sottoposta al medesimo intervento al parto successivo), che rappresenta un fattore di moltiplicazione quasi esponenziale del numero dei cesarei.

 

A questo punto, ci si chiede se questa situazione abbia portato miglioramenti sostanziali negli esiti perinatali per le donne ed i bambini. Analizzando però i dati delle SDO (schede di dismissione ospedaliera), si può vedere che regioni con un tasso medio di cesarei più basso della media nazionale hanno bassa mortalità perinatale e morbilità neonatale ed invece regioni con alto tasso di cesarei hanno un’alta mortalità perinatale e morbosità neonatale e che quindi non sembrano esserci vantaggi in termini di esiti neonatali (Vedi pubblicazione 2-2002 numero speciale di ODV, gli ospedali della vita).

 

A questo si aggiunge la consapevolezza che i tagli cesarei moltiplicano per 4 (se non addirittura per 8) il rischio di morte per una donna, e che l’intervento chirurgico ha un costo economico per il servizio pubblico non indifferente.

Allora come si può riportare appropriatezza sulle indicazioni?

 

Analizzando gli studi a disposizione, il 70% dei casi riconoscono 4 indicazioni principali: sofferenza fetale, distocia dinamica, presentazione podalica e pregresso cesareo.

 

Nell’ottobre 2001 un importante documento del Royal College of Obstetricians and Gynaecologists inglese, riassume le evidenze scientifiche della letteratura sull’argomento per riportare appropriatezza nelle indicazioni.

In particolare, per quanto riguarda la sofferenza fetale, questa non può essere determinata solo dal CTG perché ha un tasso considerevole di falsi positvi, ossia di bambini che hanno alterazioni del CTG senza essere effettivamente sofferenti, per cui questo aspetto deve essere valutato con una tecnica più sofisticata, rappresentata dalla valutazione del Ph fetale.

 

In secondo luogo, il documento inglese sostiene che nessun cesareo dovrebbe essere fatto per distocia, ossia per ritardo della progressione, senza aver prima è tentato di correggere questo con l’ossitocina.

Sulla presentazione podalica, invece allo stato attuale non sembra esserci motivo di discussione, perché i risultati di un importante TCT indicano un netto vantaggio nel parto per via chirurgica.

Infine riguardo la quarta indicazione sul pregresso cesareo, le migliori evidenze a disposizione indicano che per le donne che hanno fatto un taglio cesareo esiste un vantaggio per il parto vaginale se sono passati almeno 18 mesi e che quindi una prova di travaglio deve essere offerta alle donne con un taglio cesareo pregresso.

 

Sulla base di questa politica negli Usa, dove ci si era posti questo problema prima che da noi, sono stati ottenuti risultati importanti, con una riduzione dei cesarei, anche se in quest’ultimo anno le linee di tendenza hanno ripreso a salire.

 

Ma nel nostro paese qual può essere l’elemento principale alla base di questa situazione, e come si può cercare di trovare una soluzione?

Molti sono gli aspetti che si dovrebbero prendere in considerazione: un’elevata medicalizzazione, l’enorme numero di esami che vengono applicati soprattutto nell’ultima parte della gravidanza; ma soprattutto io mi soffermerei su un’impreparazione accumulata negli anni da parte di chi dovrebbe assistere al parto.

 

Il problema maggiore nel nostro paese è il sostegno agli operatori: oggi abbiamo nelle nostre sale parto una generazione di medici educati a risolvere ogni problema con un taglio cesareo ma che poco conosce delle manovre ostetriche, ma anche della fisiologia ostetrica e che ha poco rispetto degli aspetti emozionali della nascita; e riaddestrare questo personale sembra essere un’operazione molto complicata.

In quest’ottica, l’idea che mi sono fatto è che da noi molti cesarei siano preventivi, per evitare cioè il rischio di trovarsi nella vera emergenza ostetrica a cui non si sarebbe in grado di rispondere. E questo è dimostrato dall’osservazione che nelle unità operative più piccole dove sarebbe ragionevole attendersi una minore prevalenza di patologie, si eseguono più cesarei (vedi Arsieri et al. Giugno 2002, Ben, vol15, n.6), mentre nelle unità più grandi dove c’è concentrazione di patologia elevata il tasso di cesarei è più basso.

 

Su questo fronte dunque sarebbe importante mettere in atto un’operazione che preveda un’operazione nazionale di audit sul modello inglese e sulla base dei risultati agisca e sui modelli organizzativi (ad esempio con l’implementazione/creazione di network in cui i punti nascita lavorino in rete secondo un modello hub and spoke, in cui esistano criteri espliciti di selezione delle pazienti per indirizzarle verso il punto nascita più appropriato per complessità di cure erogate e in cui esista un vincolo, per il centro, di diffusione delle competenze cliniche verso i centri più periferici) e sui modelli della formazione professionale (esigendo ad esempio dalle scuole di specializzazione delle facoltà di medicina la consegna al servizio pubblico di ginecologi che sappiano fare anche gli ostetrici e l’onere dell’aggiornamento del personale già in forza al servizio pubblico).

In tale opera educativa non andranno trascurati gli aspetti emozionali e biosociali della nascita altrimenti l’attuale tendenza a considerare il cesareo solo una modalità di nascita come un’altra renderà vano ogni sforzo.

 

BIBLIOGRAFIA

(1) Greenhill J. P. Obstetrics W.B. Saunders 1965 Philadelphia & London

(2) Maurizio E. Manuale di Clinica ostetrica e Ginecologica SEU Roma 1962

 

Per saperne di più:

 

THE NATIONAL SENTINEL CAESAREAN SECTION AUDIT REPORT (versione .pdf)

 

ISTAT – IL PERCORSO DELLA MATERNITA’: GRAVIDANZA, PARTO, ALLATTAMENTO AL SENO (versione .pdf)

 

PREVALENZA DI CESAREI E TIPO DI STRUTTURA DI PARTO IN CAMPANIA – BEN, GENNAIO 2002, VOL15, N.6

 

PARTI CESAREI IN CAMPANIA – BEN, MAGGIO 2001, VOL14, N.5