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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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La riduzione dell’interruzione volontaria di gravidanza in Italia: risultati positivi per la sanità pubblica

A partire dagli anni Ottanta, dopo un iniziale aumento del fenomeno delle interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg), dovuto all’emergere dell’aborto clandestino presente in Italia prima della legalizzazione dell’Ivg, si è osservata una riduzione da 234.801 nel 1982 a 118.579 nel 2009 (-50,9%) e una sostanziale scomparsa dell’aborto clandestino con conseguente eliminazione della mortalità e morbosità materna a esso associate (vedi figura 1). Dal 1981 è infatti operativo un Sistema di sorveglianza sulle interruzioni volontarie di gravidanza che vede impegnati l’Istituto superiore di sanità (Iss), il ministero della Salute, l’Istituto nazionale di statistica (Istat), le Regioni e le Province autonome.

 

Il flusso dei dati e i metodi di monitoraggio sono contenuti nella relazione annuale al Parlamento del Ministro della Salute (leggi la relazione 2011, pdf 600 kb).

 

La diminuzione del numero di Ivg si è osservata in tutte le Regioni. Le caratteristiche dell’evoluzione del fenomeno evidenziano che il ricorso all’aborto non rappresenta una scelta d’elezione ma una conseguenza estrema in seguito al fallimento e/o all’uso scorretto di metodi per il controllo della fecondità (leggi su EpiCentro l’approfondimento “Evoluzione dell’Ivg in Puglia: diffusione dei servizi e ritorno dell’informazione”).

 

Figura 1: Ivg per Paese di nascita 1980-2009

 

Inoltre, la riduzione più rapida registrata tra le donne con titolo di studio elevato, le occupate e le coniugate, dimostra che la legalizzazione dell’Ivg ha favorito una maggiore circolazione di informazioni sulla procreazione responsabile e un aumento relativo delle conoscenze, della consapevolezza e delle competenze delle donne e delle coppie. I professionisti sanitari, primi fra tutti quelli dei consultori familiari, hanno dato un contributo rilevante a questo cambiamento.

 

Negli ultimi anni, in seguito all’aumento dell’immigrazione nel nostro Paese, specialmente da aree in cui l’aborto è molto frequente, si è osservato un incremento del contributo all’Ivg da parte da donne straniere. Nel 2009, una Ivg su tre ha riguardato donne straniere; anche in questo caso si è rilevato che l’alto ricorso all’aborto dipende principalmente da cattive conoscenze in ambito riproduttivo e dal fallimento o uso scorretto di metodi per il controllo della fecondità.

 

Oggi il tasso di abortività italiano è tra i più bassi dei Paesi industrializzati e l’evoluzione del fenomeno è uno dei migliori esempi della validità del modello dell’empowerment (promozione della riflessione sui vissuti e sviluppo di consapevolezze e competenze per scelte autonome) delle donne.

 

Risorse utili

 

Data di creazione della pagina: 7 marzo 2012

Revisione a cura del: reparto Salute della donna e dell'età evolutiva, Cnesps-Iss