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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Antibiotico-resistenza: impatto clinico ed economico e interventi

 

Nel 2018, in 29 Paesi UE/SEE, 4264 tonnellate di antibiotici sono stati usati nell’uomo e 6358 negli animali da produzione alimentare. Nonostante questi numeri importanti, il consumo globale di antibiotici nell’uomo è diminuito dal 2011 al 2020.

 

Generalmente il consumo di antibiotici si misura in “Defined Daily Dose” (DDD) ovvero la dose di mantenimento media giornaliera presunta per un farmaco utilizzato per la sua indicazione principale negli adulti. La maggior parte del consumo di antibiotici nell’uomo avviene in comunità (90% delle DDD), mentre il resto nel settore ospedaliero.

 

Nell’uomo il consumo di antibiotici nella popolazione è diminuito del 23%, in particolare durante la pandemia di COVID-19 in cui solo tra il 2019 e il 2020, si è rilevata una diminuzione di quasi il 18%. Negli animali da produzione alimentare il consumo di antibiotici dal 2011 al 2020 è diminuito del 43%.

 

Nonostante questo l'uso di antibiotici ad ampio spettro è aumentato, risultando 3,5 volte superiore al consumo di antibiotici a spettro ridotto che in genere dovrebbero essere usati come terapia di prima linea.

 

Politiche di One Health per affrontare la resistenza antimicrobica

Considerato che le prove che la resistenza antimicrobica può diffondersi tra animali, esseri umani e ambiente stanno aumentando, è crescente anche la necessità di un approccio multidisciplinare (One Health) al problema.

 

Infatti i livelli di resistenza agli antibiotici di importanza critica nei batteri comunemente responsabili di infezioni associate all’assistenza sanitaria rimangono alti o molto alti (K. Pneumoniae resistente alle cefalosporine di terza generazione e cefalosporine di terza generazione e Pseudomonas aeruginosa e Acinetobacter resistenti ai carbapenemi) e la resistenza agli antibiotici di ultima linea compromette l’efficacia degli interventi medici salvavita come la terapia intensiva, il trattamento del cancro e il trapianto di organi.

 

I Paesi dell’UE/SEE hanno fatto importanti passi avanti negli ultimi anni nello sviluppo e nell’attuazione di Piani d’azione nazionali sulla resistenza antimicrobica coinvolgendo gruppi multidisciplinari. Inoltre un’analisi OCSE dei Piani d’azione di nove Paesi UE/SEE ha rivelato che, coerentemente con il Piano d’azione globale dell’OMS (WHO-GAP), i Piani nazionali enfatizzano le politiche per ottimizzare l’uso degli antibiotici nelle politiche One Health per affrontare la resistenza antimicrobica.

 

L’impatto della pandemia di COVID-19 sull’AMR e sul consumo di antibiotici

L’impatto della pandemia di COVID-19 sull’AMR e sul consumo di antibiotici non è ancora chiaro, ma è noto che gli interventi di salute pubblica messi in atto per contrastare la diffusione del virus, hanno probabilmente influenzato non solo la circolazione di altre malattie che (anche impropriamente) richiedevano l’utilizzo di antibiotici, ma anche la segnalazione e i risultati sugli isolati batterici invasivi (soprattutto infezioni del flusso sanguigno). Ad esempio per S. pneumoniae, il numero di isolati invasivi segnalati è diminuito del 44% probabilmente in conseguenza alla diminuzione delle attività di assistenza sanitaria in aree non direttamente collegate alla risposta al COVID-19. 

 

Impatto clinico ed economico dell’AMR e interventi

Alcune analisi dell’OCSE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) hanno rilevato che investire solo 1,5 euro pro capite all’anno per affrontare la resistenza antimicrobica (AMR, Antimicrobial resistance) consente di evitare 27.000 morti e risparmiare fino a 1,4 miliardi di euro ogni anno nei Paesi UE/SEE (Unione europea/Spazio economico europeo).

 

Gli sforzi devono essere mirati ad azioni come: miglioramento dell’igiene nelle strutture sanitarie, adozione di programmi di stewardship antimicrobica, maggiore ricorso ai test diagnostici rapidi, rinvio delle prescrizioni di antibiotici e sensibilizzazione del pubblico, oltre che a sostenere gli sforzi in corso per rafforzare la sorveglianza della resistenza antimicrobica nei batteri dell’uomo, degli animali e dell’ambiente.

 

Resistenza antimicrobica nelle strutture di cura a lungo termine

Le strutture di assistenza a lungo termine (LTCF, Long Term Care Facility) forniscono assistenza a persone anziane le cui condizioni spesso richiedono trattamenti antibiotici per prevenire le infezioni. In queste strutture l’uso degli antibiotici è in media del 5% (2016), di cui il 75% delle prescrizioni risultano inappropriate per quanto riguarda la necessità della terapia, la durata e la scelta dell’antibiotico. Inoltre, tra il 54% e il 96% di queste prescrizioni sono fatte senza conferma diagnostica.

 

Così come negli altri contesti assistenziali, l’uso inappropriato degli antibiotici è associato a un alto tasso di organismi multi-resistenti, eppure pochissimi Paesi hanno riferito di avere Piani d’azione nazionali sulla resistenza antimicrobica che menzionano specificamente le LTCF.

 

Ridurre l'uso degli antibiotici negli animali da produzione alimentare

Il regolamento UE 2019/6 sui medicinali veterinari, prevede una serie di misure per limitare l’uso degli antimicrobici negli animali d’allevamento e in acquacoltura del 50% entro il 2030 in una prospettiva One Health. Alcune di queste misure sono:

  • raccolta di dati obbligatoria sulle vendite di antimicrobici veterinari e sull’uso di antimicrobici per specie animali un divieto sull'uso preventivo di antibiotici in gruppi di animali
  • divieto sull’uso negli animali di antimicrobici designati per il trattamento di certe condizioni negli esseri umani
  • utilizzare alternative agli antimicrobici che hanno dimostrato di migliorare la salute degli animali e quindi di ridurre l’insorgenza di infezioni e malattie e quindi la necessità di usare antimicrobici: i vaccini, i probiotici, i prebiotici, i batteriofagi e gli acidi organici
  • investire in interventi efficaci per il risparmio dei costi, come i programmi di stewardship antimicrobica, le iniziative IPC che coinvolgono l'istruzione, la formazione e il feedback agli operatori sanitari, una maggiore biosicurezza.
Risorse utili

 

Testo scritto da: Giulia Fadda, Fortunato "Paolo" D'Ancona- Dipartimento di malattie infettive, ISS

Data di creazione della pagina: 24 marzo 2022