Giornata mondiale dell’attività fisica 2022
L’attività fisica fra gli adulti e fra gli over65: i dati PASSI e PASSI d’Argento al 2021
Come ogni anno, in occasione della Giornata mondiale dell’attività fisica (6 aprile), le sorveglianze PASSI e PASSI d’Argento dedicano un approfondimento sugli ultimi dati disponibili sui livelli di attività fisica raggiunti rispettivamente dalla popolazione adulta 18-69enne e da quella anziana ultra 65enne.
Oggi, la disponibilità di dati comprensivi del biennio 2020-2021 offe l’occasione di fare delle prime valutazioni dell’impatto della pandemia sulla pratica dell’attività fisica, in riferimento non solo alle conseguenze immediate dei periodi di lockdown e delle relative restrizioni adottate principalmente nel corso del 2020, ma anche al periodo successivo, in cui si è verificato un progressivo allentamento delle misure di contenimento della diffusione del contagio nel 2021.
Emerge con chiarezza che la pandemia ha indotto un’accelerazione del trend in discesa della quota di persone “fisicamente attive” che si osservava già negli anni precedenti, sia fra gli adulti che fra gli over 65enni, ma mette anche in luce, da una parte, che nel 2021 questa tendenza sembra arrestarsi e, dall’altra, che questa riduzione ha maggiormente coinvolto le persone socialmente più vulnerabili fra le quali la “ripresa” nel 2021 è meno evidente.
I dati PASSI mostrano che la quota di adulti fisicamente attivi (secondo i livelli raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, 2010), seguendo un trend già in discesa negli ultimi 10 anni, è ulteriormente diminuita durante la pandemia, toccando il minimo storico proprio nel 2020 ed è passata dal 39% del 2019 al 35% del 2021 tra le persone con molte difficoltà economiche e dal 42% al 39% fra le persone con basso livello di istruzione (che al più hanno la licenza media). La riduzione ha coinvolto anche le persone con maggiore vantaggio sociale, ossia senza difficoltà economiche o più istruite, in questo gruppo però si registra un’inversione di tendenza e un accenno di ripresa nel 2021, che invece non si nota fra le persone socialmente più deboli: fra i laureati ad esempio la quota di attivi dal 47% del 2020 risale al 50% nel 2021.
Grafici: Adulti 18-69enni “fisicamente attivi” (secondo raccomandazioni OMS, 2010) per determinanti sociali, fra i residenti in Italia. Dati PASSI 2008-2021. Prevalenze annue e relativi IC95%
Questi cambiamenti, che emergono dal confronto tra “valori pre-pandemia” vs “valori durante la pandemia”, non sono statisticamente significativi e di fatto la tendenza in ripresa della quota di persone fisicamente attive del 2021 andrà comunque verificata con i dati consolidati e con quelli degli anni successivi. Tuttavia, appare ad ora verosimile ed è confermata correggendo per variabili sociodemografiche e facendo riferimento anche solo all’attività fisica nel tempo libero, escludendo cioè quella svolta attraverso il lavoro.
In PASSI d’Argento l’attività fisica praticata dagli ultra 65enni, viene valutata attraverso il “Physical Activity Scale for Elderly” (PASE), uno strumento validato a livello internazionale e specifico per la popolazione anziana, che considera tutti i tipi di attività comunemente svolte da persone di questa età, dalle attività di svago e sportive (strutturate e non) alle attività casalinghe (dai lavori domestici, giardinaggio, cura dell’orto, fino al prendersi cura di altre persone), fino a eventuali attività lavorative non sedentarie. A partire dai dati rilevati con il PASE, è possibile ricostruire i livelli di attività fisica per gli over65enni secondo le indicazioni dell’OMS.
Anche fra gli over 65enni, la quota di persone fisicamente attive si riduce in modo rilevante durante la pandemia e passa dal 33%, osservato nel biennio 2018-2019 al 25% degli anni 2020-2021. Questa riduzione riguarda in particolar modo le donne (fra le quali scende dal 31% al 22%), coloro che hanno molte difficoltà economiche (dal 26% al 17%), chi risiede nelle regioni del Centro (dal 30% al 24%) e Sud d’Italia (dal 30% al 25%) e coloro che vivono da soli (dal 28% al 22%).
È evidente quindi come la scarsa adesione alle raccomandazioni dell’OMS sulla attività fisica risulti correlata ai fattori che determinano le disuguaglianze socioeconomiche. Il calo della quota di persone fisicamente attive è significativo anche tra gli anziani più vulnerabili, con condizioni correlate allo stato di salute, come fra coloro che hanno almeno una patologia cronica (dal 30% al 22%), o un problema sensoriale tra quelli di vista, udito e masticazione (dal 26% al 20%) e fra coloro che vivono in una condizione di isolamento sociale (dal 25% al 22%).
Uno sguardo alle diverse quote di attività fisica che, nella quotidianità, concorrono a definire i livelli raggiunti dagli over65enni mette in evidenza un calo rilevante per l’attività fisica strutturata, le attività di svago e anche per quelle di supporto alla cura di un familiare o persona cara non convivente che, comportando un certo sforzo fisico, pure contribuiscono con le altre al computo dell’attività fisica totale negli over 65enni. Evidentemente, le misure di distanziamento stabilite dalle autorità e l’adozione delle misure comportamentali raccomandate, nonché l’adesione alle indicazioni di protezione hanno limitato la partecipazione a questo tipo di attività. Di contro, nel periodo pandemico si registra un aumento delle attività svolte in ambiente domestico, destinate alla cura della casa, come lavori domestici sia leggeri (che dal 75% nel biennio 2018-2019 sale all’80% nel 2020-2021) sia più pesanti (quota che sale dal 47% al 50% negli stessi periodi di tempo).
Come anche constatato sopra, i dati forniti dai sistemi di sorveglianza PASSI e PASSI d’Argento rispondono a quesiti rilevanti circa i trend relativi ai principali fattori di rischio per la salute, tra i quali quelli legati a uno stile di vita sedentario o attivo, tanto più in seguito al verificarsi della pandemia di COVID-19 e quanto ha comportato in termini di impatto per la popolazione adulta residente in Italia. Nello specifico per l’attività fisica si intravvedono degli effetti, che è possibile stimare dal punto di vista quantitativo ma soprattutto descrivere in funzione di fenomeni importanti da monitorare, quale ad esempio la distribuzione delle disuguaglianze di salute tra i diversi gruppi di popolazione.