IV workshop 2013 - Coordinamento nazionale Passi (19-20 dicembre 2013)
Seconda giornata: “Incidenti stradali: ruolo della sanità pubblica, dalla sorveglianza alla prevenzione”
9 gennaio 2014 - La seconda giornata dell’ultimo incontro trimestrale Passi, dedicata alla sicurezza stradale, è stata pensata come momento di condivisione con l’obiettivo di estendere l’uso dei dati Passi sul tema della sicurezza stradale per farne una delle componenti dei sistemi di sorveglianza che sostengono l’attuazione delle politiche, dei programmi e degli interventi di prevenzione degli incidenti.
La sessione è stata aperta da Francesco Mitis (pdf 2,7 Mb) (Ufficio regionale per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità) che ha introdotto i problemi e le politiche della sicurezza stradale in Europa e ha illustrato il “Decennio della sicurezza stradale”, strategia con cui l’Oms e gli Stati che la hanno sottoscritta – tra cui c’è l’Italia – intendono ottenere il risultato di risparmiare 5 milioni di vite entro il 2020. Cinque sono i pilastri della strategia “Decade of Action for Road Safety 2011-2020”:
- gestione della sicurezza stradale: un approccio manageriale per attuare interventi intersettoriali
- strade più sicure e politiche per la mobilità e i trasporti
- veicoli più sicuri grazie al coinvolgimento dell’industria
- comportamenti più sicuri per quanto riguarda la velocità, la guida sotto l’effetto dell’alcol, l’uso di dispositivi di sicurezza, il non uso del cellulare quando si guida
- risposta post incidente efficace, con il numero unico dell’emergenza, la rapidità del soccorso (golden hour), la capacità (strutture e competenze) per le emergenze.
Figura 1: Gli obiettivi della Decade of Action for Road Safety 2011-2020. Fonte: “Global status report on road safety 2013: supporting a decade of action”.
L’Oms attua un monitoraggio accurato, non solo dell’outcome, ma anche delle politiche che ciascun Paese mette in atto. Al fine di ottimizzare la qualità dell’informazione e favorire la collaborazione intersettoriale, i rappresentanti dei principali soggetti istituzionali coinvolti nella sicurezza stradale (nel caso dell’Italia: ministero della Salute, ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, l’Aci, l’Istat, l’Iss e l’Ospedale pediatrico Bambin Gesù, Forze dell’Ordine) vengono chiamati a confrontarsi per rispondere alle domande di un questionario sulle politiche in atto, i sistemi di controllo e la loro efficacia (enforcement), l’outcome in termini di incidenti, morti e così via.
Ma quali sono i dati ottenuti, pubblicati nel Global Status Report on Road Safety 2013 (pdf 14,9 Mb)? (Leggi anche l’approfondimento sul rapporto dell’Oms pubblicato su EpiCentro a marzo 2013).
Nella regione europea dell’Oms è stato registrato un crollo dei decessi per incidente stradale, ma ancora resta molto da fare: solo la metà degli Stati della Regione ha una legislazione efficace su tutti i fattori comportamentali (velocità, drink-driving, dispositivi di sicurezza), per cui, specialmente i Paesi a basso e medio reddito, dovrebbero aggiornare la loro legislazione in materia. Ancora carente, in molti Paesi, è il coordinamento degli interventi per rendere più sicure le infrastrutture stradali e c’è da migliorare l’attuazione dei controlli per far applicare sul serio le misure legislative, oltre a un’attività di comunicazione volta a guadagnare il consenso della popolazione. C’è bisogno infine di maggiore attenzione per gli utenti vulnerabili (pedoni, ciclisti e motociclisti), più investimenti in sistemi di trasporto sostenibile e sicuro, migliore intervento post-incidente. Per quanto riguarda i dati, sono insufficienti quelli sui traumi e le disabilità residue delle vittime sopravvissute a un incidente stradale.
Il report 2013 per l’Italia (pdf 30 kb) mostra che, anche se sul piano della regolamentazione siamo in linea con il resto dei Paesi dell’Europa a 15, siamo ancora indietro per quello che riguarda la mortalità. Dovremmo dunque migliorare le azioni volte a controllare in modo efficace il rispetto della legislazione.
Quale è il contributo che possono dare i dati della sorveglianza?
Nicoletta Bertozzi (pdf 2,1 Mb) (Ausl di Cesena) e Giorgio Garofalo (pdf 5,3 Mb) (Asl di Firenze) hanno portato, rispettivamente, l’esperienza delle cinque Aziende della costa romagnola (che negli ultimi 13 anni si sono via via messe insieme per portare avanti programmi per la sicurezza stradale) e dell’area fiorentina. In entrambi i casi è stato adottato un approccio integrato per fornire un quadro il più possibile completo dei problemi della sicurezza stradale. Diverse, infatti, sono le fonti che è possibile usare: incidenti (Aci Istat), mortalità (Rencam, Istat), ricoveri e ricoveri per traumi gravi (Sdo Regione), comportamenti osservati (Ulisse) e riferiti (Passi), infortuni sul lavoro in itinere, che sono più della metà dei decessi per incidenti sul lavoro (Inail).
Oltre che con il monitoraggio, il settore sanitario può contribuire in molti modi, ad esempio mettendo a disposizione dei diretti interessati i dati della letteratura scientifica che indicano quali sono gli interventi dotati di maggiore efficacia.
Marco Giustini (pdf 988 kb) (Dipartimento Ambiente e connessa prevenzione primaria, Istituto superiore di sanità), ha portato l’esperienza della sorveglianza basata su dati osservazionali, nata grazie alla visione di Franco Taggi, epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità, che capì prima di tutti l’enorme potenziale di salute insito nella promozione della sicurezza stradale. Grazie ai progetti “Casco 2000” e “Ulisse” è stato possibile promuovere la legislazione sui dispositivi di sicurezza e valutarne l’impatto. Non è un caso che questi sistemi di sorveglianza siano stati condotti dall’Iss con l’indispensabile collaborazione del sistema sanitario, in particolare dei dipartimenti di prevenzione delle Asl. Il sistema Ulisse fornisce i dati delle prevalenze di uso dei dispositivi di sicurezza stradale: l’uso delle cinture di sicurezza anteriori in area urbana riguarda mediamente il 64% degli utenti, mentre l’uso del casco si attesta attorno al 90%. Le differenze Nord-Sud sono tuttora notevoli. Nell’ambito di Ulisse è stata fatta anche una rilevazione sull'uso dei cellulari alla guida. È interessante notare che la frequenza osservata in Italia dei conducenti che telefonano mentre guidano è del 9%, dato che non si discosta molto da quanto rilevato negli Usa (anche se con metodologia diversa) da uno studio osservazionale condotto dal Virginia Tech Transportation Institute, i cui risultati sono stati pubblicati a gennaio 2014 sul New England Journal of Medicine (Nejm) nell’articolo “Distracted Driving and Risk of Road Crashes among Novice and Experienced Drivers”. Leggi in proposito l’approfondimento a cura del Gruppo tecnico Passi.
Gianluigi Ferrante (pdf 2,1 Mb) dello staff Passi ha presentato i dati sull’uso del seggiolino di sicurezza. In Italia mancano dati generalizzati relativi all’uso del seggiolino, e in passato i dati riferiti si sono rivelati inaffidabili. Proprio per questo, in Passi, il modo di rilevare l’uso del seggiolino è stato modificato: invece di chiedere se il bimbo viene assicurato al seggiolino, l’attuale domanda verte sulle difficoltà ad assicurare il bambino al seggiolino e si è potuto constatare che la validità di questa domanda è decisamente migliore della precedente. Problemi di utilizzo esistono in media per quasi 1 bambino su 4, anche se tali difficoltà aumentano con l’età del bimbo, e sono più frequenti per i rispondenti delle Regioni meridionali, quelli che hanno difficoltà economiche e quelli che non usano la cintura. Diverse proposte pratiche derivano da questi dati.
Come legare la sorveglianza che la Asl porta avanti, con la promozione della sicurezza stradale a livello della comunità locale?
Per rispondere a questa domanda, Luigi Salizzato (pdf 5,1 Mb) (direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica di Cesena) è partito dal raccontare la sua esperienza – 13 anni lungo i quali l’Azienda Sanitaria ha investito sulla sicurezza stradale – volta a individuare un percorso praticabile. Le azioni perseguite dall’Azienda sanitaria consistono nel: (1) tenere aggiornati i dati epidemiologici locali sugli esiti degli incidenti stradali; (2) monitorare i comportamenti per strada in particolare per l’utilizzo delle cinture e del casco (nell’ambito di progetti di sorveglianza nazionali coordinati da Iss e Ccm); (3) contribuire alla georeferenziazione e alla valutazione delle cause dell’incidentalità nelle Province della costa; (4) contribuire a orientare la pianificazione della gestione del territorio e delle infrastrutture sempre più nell’ottica della sicurezza stradale; (5) promuovere la sicurezza sul lavoro per strada; (6) sviluppare interventi di educazione alla sicurezza stradale nelle scuole.
Salizzato ha fatto alcune osservazioni che derivano dall’esperienza:
- la prima è che la Asl intercetta la sicurezza stradale in più punti: l’emergenza, la rianimazione, la neuro traumatologia ed altri reparti di assistenza, la patologia clinica, le dipendenze, la pediatria e il dipartimento di prevenzione. La Asl quindi non è un soggetto estraneo alla sicurezza stradale, è invece un attore principale e, forse, il più interessato alla riduzione del numero di vittime. Il primo passo è stato quindi quello di costruire un comitato di Ausl sulla sicurezza stradale, coordinato dal dipartimento di sanità pubblica
- il secondo punto è stato quello di individuare obiettivi di salute nel campo della sicurezza stradale, che servono da orizzonte ed obiettivi intermedi scritti nella programmazione della Asl in base ai quali valutare l’apporto dei diversi servizi. È vero, infatti, che il numero di incidenti non dipende dalla Ausl, ma – ad esempio – il numero di strumenti urbanistici che ricevono una completa revisione sotto il profilo della sicurezza stradale, dipende dalla Ausl e in particolare dal dipartimento di prevenzione che può essere valutato correttamente su un obiettivo del genere
- la revisione degli strumenti urbanistici è l’attività in cui il Dipartimento, per conto della Ausl, costruisce alleanze con enti locali e altre istituzioni fino a costruire una partnership estesa che è – in se stessa – una pratica di promozione della salute. Si tratta di un lavoro per cui è necessario acquisire credibilità nel tempo e superare resistenze. Ad esempio, è stato predisposto un documento sui criteri per l’approvazione degli strumenti urbanistici “ambiente costruito e salute” che rappresenta proprio uno strumento per costruire la partnership attorno a pratiche condivise (è significativo che nonostante i molti sforzi il documento non sia stato ancora pienamente recepito dai potenziali partner)
- un metodo appropriato per praticare queste alleanze è fare un progetto. Ad esempio, le strutture aziendali che operano con i genitori di bambini piccoli, dalla nascita ai primi anni di scuola, possono cooperare a progetti per il trasporto sicuro dei bambini su strada (il progetto “Allacciali alla vita” messo a punto a Cesena è stato inserito tra quelli del Piano regionale di prevenzione 2010-2013). Le strutture che operano per aumentare l’attività fisica possono creare collaborazioni con associazioni di cittadini. Nel caso di Cesena, è stato importante cooperare con associazioni quali Camina e Centro Antartide)
- nello specifico dell’esperienza di Cesena, è stata sottolineata l’alleanza tra le Ausl della costa romagnola che ha consentito di ampliare il fronte dell’intervento, visto che le strade non si fermano al confine della Asl e neanche gli infortunati afferiscono all’ospedale di residenza
- da questa esperienza derivano alcuni insegnamenti: non valgono interventi spot, c’è bisogno di acquisire consapevolezza dell’importanza del settore sanitario, generalmente sottovalutata, è necessario acquisire credibilità, bisogna favorire l’alleanza con gli altri settori promuovendo programmi collaborativi. In ogni fase, la sorveglianza fornisce la base informativa necessaria per convincere (advocacy), individuare obiettivi e valutarli.
Si è sviluppata una discussione su questi punti, durante la quale è stata segnalata la nuova reportistica della Regione Lazio.
Stefania Salmaso (direttore Cnesps-Iss) ha concluso il workshop ricordando che il nuovo Piano della prevenzione rappresenta l’atto di programmazione che orienta tutto il settore della prevenzione. Nel nuovo Piano è compresa la sicurezza stradale per cui è importante condividere obiettivi e indicatori specifici.
Come si è visto, la sorveglianza non è solo uno strumento per valutare il Piano, ma grazie all’impiego dei dati nell’advocacy e nella costruzione di alleanze, si può affermare che la sorveglianza rappresenta una componente dell’intervento stesso. Oltre alla gran mole di informazioni messe insieme, dal workshop emerge il fatto che rimane da analizzare attentamente il ruolo che la sanità pubblica deve avere in un settore così fortemente dipendente da altre autorità pubbliche. Per quali attività, la sanità pubblica deve essere ritenuta essenziale e quindi valutata? Non bisogna sottovalutare, anzi c’è da valorizzare, il contributo che il settore sanitario fornisce alla sicurezza stradale in Italia. Per approfondire il tema della prevenzione degli incidenti stradali nel quadro del Piano nazionale della prevenzione leggi l’approfondimento e la presentazione (pdf 10 Mb) a cura di Maria Giuseppina Lecce (Ufficio II Direzione Generale Prevenzione, ministero della Salute).
Leggi anche il resoconto della prima giornata di workshop.